Chi si aspettava dall'incontro con i rappresentanti delle istituzioni locali in occasione della festa di San Gaudenzo, qualche riferimento del vescovo al terremoto giudiziario di Tecnopolo e Acquarena, oppure alle mani della camorra sulla città, o un piccolo bilancio sull'attuazione del piano strategico (sul quale la chiesa riminese ha creduto molto) è rimasto deluso. Tutto il suo lungo intervento è stato incentrato sui giovani, Greta e la questione ambientale.
Un discorso tutto incentrato su “due questioni strettamente legate e intrecciate” quello pronunciato oggi dal vescovo di Rimini davanti alle autorità: “i giovani e la questione ecologica”. Greta e dintorni.
Nessun affondo sui temi di scottante attualità locale: dalla inchiesta sugli appalti alle mani della camorra sulla città, dal lavoro nero alla navigazione a vista del turismo, dall’università ad un bilancio del sogno di trasformazione della città tratteggiato dal piano strategico (sul quale la chiesa riminese ha molto creduto: si veda il box in fondo dove riportiamo quanto Lambiasi affermò qualche anno fa al riguardo) sia in termini di partecipazione che di progetti, ma che alla prova dei fatti ha dato risultati molto al di sotto delle aspettative, scivolando anche in una gestione parecchio accentrata. Alcuni di questi temi Lambiasi li ha passati in rassegna da quando, a partire dal 2007, in occasione della festa di San Gaudenzo, dialoga con i rappresentanti delle istituzioni. Ma stavolta ha sorvolato.
Chi si aspettava un discorso simile a quello di dieci anni fa, che fra l’altro toccava un tasto quanto mai contemporaneo visto il terremoto giudiziario Tecnopolo e Acquarena, è rimasto deluso. Lambiasi infilò in quell’occasione una “doppietta” indubbiamente potente: “…la partecipazione politica implica il dovere del discernimento, per il cui espletamento vanno garantiti strumenti di conoscenza, di analisi e di controllo per aiutare a valutare in modo oggettivo la realtà che i vari poteri sono spesso tentati di rappresentare in modo interessato o distorto. Inoltre vi è un dovere del cittadino di denuncia di tutto ciò che è contrario alla giustizia sia distributiva che contributiva, e dell’affermazione della prassi della legalità; un dovere di vigilanza sull’adempimento delle pubbliche funzioni; un dovere di esigere senza stanchezze che i propri diritti siano rispettati, perché ogni violazione di un proprio diritto individuale facilita e incoraggia la violazione dei diritti altrui”. E poi: “Se è vero che si deve educare alla partecipazione e alla vocazione politica, è anche vero che l’azione di quanti operano nella cosa pubblica ha una innegabile valenza educativa o diseducativa, a seconda che si metta l’etica al di sopra o al di sotto della politica“.
Così come la lectio del 2015 mise un po’ di sale sulle ferite del turismo con “l’invito a non cedere alla tentazione di puntare sull’effimero o su ciò che può dare un’immagine discutibile della Città”. E, nel 2016, con “la sfida di trasformare nell’immaginario collettivo la rappresentazione della nostra Città: da consumistica “vetrina di eventi” a Città internazionale della cultura…” ma anche con un altro tasto dolente: “cosa stiamo facendo perché, per Rom e Sinti, si volti pagina e si dia inizio a una storia nuova e diversa?”. La vicenda del campo nomadi di via Islanda risponde: nulla.
Quest’anno le “piaghe” della città sono state riassunte nelle ultime battute del lungo intervento del vescovo: “Va anche tenuto presente che la qualità della vita nella Città è legata alla mancanza di alloggi, ai trasporti e al traffico (consumo di monossido di carbonio), allo stato di disagio delle periferie urbane ed esistenziali, alla qualità della nostra riviera, allo smaltimento dei rifiuti ecc., senza mai dimenticare che l’ecologia umana è inseparabile dal principio basilare del bene comune, che riveste un ruolo centrale e unificante nell’etica sociale”. Per il resto: “i giovani di oggi non solo non credono più nelle religioni, nei partiti, nel futuro, nella società, ma hanno proprio smesso di declinare il verbo ‘credere’”, i “ragazzi vorrebbero essere come Greta Thunberg”, “con i giovani non possiamo barare”, “il ruolo passivo assegnato ai giovani all’interno della comunità cristiana”, “dobbiamo imparare a declinare il lessico della sinodalità”, “evitare ogni paternalismo”, “favorire l’inclusione dei giovani più poveri”, “educare ad abitare l’ambiente digitale”, “la cura dell’ambiente dev’essere flessibile e dinamica”. E così via.
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