Ecco perché i bagnini partono svantaggiati nel contenzioso con l’Agenzia delle Entrate

Ecco perché i bagnini partono svantaggiati nel contenzioso con l’Agenzia delle Entrate

Imu sugli ombrelloni: un potenziale salasso

Ai titolari degli stabilimenti non rimane che contestare l’accertamento con lo svantaggio di dovere essere loro a dimostrare che l’Agenzia ha errato nella valutazione e nella stima. Perché proprio i bagnini hanno dichiarato gli immobili nella categoria D/8 e, quindi, soggetti alle prescrizioni normative della circolare 6/2012 per la stima del valore del bene.

L’ombra dell’Agenzia delle Entrate avanza sui bagnini della nostra riviera con un conto che appare come un vero salasso per i vari concessionari; oltre cinque milioni di possibile IMU da pagare se venissero confermati i numeri.

I diretti interessati sono pronti a contestare gli accertamenti dell’Agenzia “fino alla fine” ed il Corriere Romagna di martedì informa come i bagnini pronti a fare ricorso sarebbero 500 visto che ritengono incredibile “la valutazione delle ombre”.

Il caso nasce dalla necessità di dichiarare al Catasto Fabbricati le cabine dello stabilimento balneare sulla base di alcune circolari catastali che ne hanno definito i principi normativi. Come conseguenza della iscrizione catastale si ha così l’imposizione all’IMU e/o alla TASI, a favore del Comune, per tutte le annualità non ancora prescritte.

Nei commenti del “dopo accertamento” si arriva, per assurdo, a sostenere che “se i bagnini trasformassero le cabine in strutture precarie e quindi smontabili a settembre” tutta questa situazione non si sarebbe presentata, venendo meno la necessità di denunciare le strutture al Catasto e di conseguenza l’imponibilità IMU/TASI.

L’istituzione catastale ha quale compito quello di inventariare i beni immobiliari per tre scopi specifici: il fine “fiscale”, il fine “civile” ed il fine “giuridico”. Il “fine fiscale” consiste nella determinazione del reddito ascrivibile a ciascun immobile per l’applicazione delle imposte dirette e indirette attraverso un procedimento accertativo del classamento che mira a fornire chiarezza sul valore economico del bene.

La qualificazione ed il classamento sono procedimenti che portano ad attribuire, all’unità immobiliare, l’esatta categoria catastale sulla base di una analisi delle caratteristiche oggettive dell’immobile e della destinazione d’uso. I principi della qualificazione e della classificazione degli immobili sono definiti dell’art. 5 del R.D.L. n. 652 del 1939, secondo cui “si considera unità immobiliare urbana, ogni parte di immobile che, nello stato in cui si trova, è di per se stessa utile ed atta a produrre un reddito proprio”. Tale espressione è stata affinata, in sede regolamentare dall’art. 40 del D.P.R. n. 1142/1949, con la locuzione “che rappresenta, secondo l’uso locale, un cespite indipendente”. Tale concetto è stato ulteriormente affinato dal Regolamento di costituzione del Catasto Fabbricati, emanato con il Decreto 2 gennaio 1998 n. 28, dove all’articolo 2, è così definita l’unità immobiliare: “L’unità immobiliare è costituita da una porzione di fabbricato, o da un fabbricato, o da un insieme di fabbricati ovvero da un’area, che, nello stato in cui si trova e secondo l’uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale.

L’Agenzia delle Entrate (che ha incorporato l’Agenzia del Territorio ex Ufficio Tecnico Erariale) sul tema “dell’accatastamento degli stabilimenti balneari su area demaniale” ha fornito con la nota 216473 del 7 dicembre 2016 specifiche istruzioni operative, al fine di dare risposta alle richieste di chiarimento pervenute sul tema. La nota in questione ha dettato istruzioni sulla corretta rappresentazione in mappa degli stabilimenti, sulla rappresentazione planimetrica delle unità immobiliari, sull’attribuzione della categoria catastale e sulla determinazione della rendita.

La nota conferma gli indirizzi operativi (per l’attribuzione della categoria catastale) della precedente circolare n. 38067 del 21 maggio 2008 e quindi conferma l’uso della categoria D/8 (per le attività a gestione reddituale), della categoria C/5 ed anche della categoria E/3.

Il valore del capitale fondiario (necessario per valorizzare la rendita catastale degli stabilimenti balneari classificabili nella categoria D/8) si determina in base ai prezzi correnti per la vendita di unità immobiliari analoghe, mediante l’utilizzazione di tutti gli elementi che compongono le caratteristiche oggettive estrinseche ed intrinseche dell’immobile. Solo in mancanza di tali elementi si ha riguardo al “costo di ricostruzione” effettuato sommando al valore delle aree di sedime il costo di costruzione all’epoca presa in considerazione (nella specie il biennio 1988/ 1989) diminuito in relazione alla obsolescenza dei fabbricati (cfr. circolare 6/2012).

Sulle aree pertinenziali e, quindi, nel caso di specie, sull’arenile sul quale insistono gli ombrelloni (e da qui l’affermazione che venga tassata l’ombra), la stessa nota 216473/2016 afferma: “La porzione di arenile dato in concessione, per la cui valutazione occorre comunque tener presente anche la stagionalità di sfruttamento, soprattutto della porzione non occupata da costruzioni, trova quindi adeguata considerazione nel giudizio di stima dell’unità immobiliare costituita dallo stabilimento edificato, attesa la sua capacità di conferire qualità al contesto territoriale in cui l’unità stessa ricade e di contribuire, unitamente alle altre caratteristiche architettoniche e posizionali, alla determinazione del reddito ordinariamente ritraibile dalla stessa”. In questo passaggio si trova probabilmente la motivazione dell’accertamento fatto dall’Agenzia di Rimini.

Una breve indagine negli archivi catastali ha permesso di accertare come gli stabilimenti balneari della Romagna sono uniformemente accatastati nella categoria D/8. Questi i risultati delle visure effettuate:

L’accatastamento degli stabilimenti balneari nella categoria catastale D/8, con l’attribuzione della rendita proposta, ha consentito all’Agenzia delle Entrate di Rimini di entrare nel merito della stima diretta del capitale fondiario (stabilimento balneare) e quindi, rilevata l’assenza della valorizzazione dell’arenile in concessione, ha provveduto ad accertare un maggiore valore per l’immobile ricomprendendo il valore dell’area stimata in circa 300,00/350,00 Euro a stagione e ad ombrellone (così come riporta il Corriere Romagna di ieri).

Ora ai titolari degli stabilimenti, per rinviare o ridurre il pagamento dei tributi locali, non rimane che contestare l’accertamento con lo svantaggio di dovere essere loro a dover dimostrare che l’Agenzia ha errato nella valutazione e nella stima.

Questa condizione pone il titolare dello stabilimento in una situazione di svantaggio avendo dichiarato lui l’immobile nella categoria D/8 e, quindi, soggetto alle prescrizioni normative della circolare 6/2012 per la stima del valore del bene, mentre, con il senno del poi, se fosse stato dichiarato (il chiosco o le cabine) nella categoria C/5 o C/2, l’onere della prova e l’onere della motivazione del ri-classamento sarebbe stato a carico dell’Ufficio.

Su quali aspetti possono ora contare i bagnini nel contestare l’accertamento? Le ragioni di una presunta non chiarezza della norma, o meglio, di una tesi interpretativa che tende ad escludere dalla stima del bene il valore dell’arenile, e quindi delle aree sulle quali insistono gli ombrelloni, è ovviamente possibile ma di complessa dimostrazione. Altro punto di interesse è quello dei valori unitari utilizzati per la stima del capitale fondiario all’epoca censuaria 1988/89, motivo che potrebbe risultare di maggiore interesse nel risultato del contenzioso. In ogni caso è una situazione ombrosa.

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