Ecco perché Rimini in questa crisi si gioca quasi tutto: l’analisi di Attilio Gardini

Ecco perché Rimini in questa crisi si gioca quasi tutto: l’analisi di Attilio Gardini

"Il settore turistico è sicuramente uno dei più danneggiati, ma se su scala nazionale vale il 12% del Pil, nella provincia di Rimini rappresenta il 30,1% del prodotto interno lordo". Una conseguenza della crisi? Le aziende potrebbero essere razziate finendo in zone oscure. Sbagliato privilegiare i trasferimenti sociali anziché favorire gli investimenti rafforzando il sistema produttivo turistico. E anche sulla sanità ne usciamo malconci.

“La pandemia avrà conseguenze economiche rilevanti in tutto il pianeta, ma nel territorio riminese avrà effetti devastanti”. Attilio Gardini, a lungo docente di Econometria al dipartimento di Scienze statistiche dell’Università degli Studi di Bologna, va diritto al cuore del problema.
“Il settore turistico è sicuramente uno dei più danneggiati dalla “chiusura”. Si tratta ovviamente di un problema nazionale perché il turismo vale il 12% del Pil italiano, ma nella provincia di Rimini avrà effetti molto più gravi perché rappresenta il 30,1% del prodotto interno lordo, cioè dei redditi percepiti dai riminesi”, spiega Gardini a Rimini 2.0. “Nelle ipotesi più ottimistiche la perdita di reddito dovrebbe essere pari a circa il 40% (oltre 1 miliardo) con conseguente dimezzamento del reddito medio delle famiglie riminesi. Le imprese del settore turistico subiranno effetti ancora più devastanti perché con la riduzione del fatturato, la maggior parte delle aziende turistiche non coprirà i costi fissi e quindi il reddito, nella migliore delle ipotesi, si azzererà, ma molte subiranno perdite con conseguenti fallimenti, innescando una spirale perversa di chiusure e svendite del patrimonio”.

Ci sono misure in grado di scongiurare questo rischio per nulla remoto? “A livello nazionale per evitare la svendita delle aziende italiane si pensa a rafforzare la golden power (il potere dello Stato di vietare acquisizioni non gradite) ma nel tessuto di piccole aziende riminesi questo strumento è inutilizzabile e le nostre aziende turistiche potrebbero essere razziate finendo in zone oscure“, risponde il professore.

Attilio Gardini

Ma l’analisi di Gardini si spinge anche oltre, delineando la modalità con la quale Rimini potrebbe tentare di trasformare un vulnus in opportunità. “Nelle strategie di intervento finora adottate si intravede il rischio che si privilegino trasferimenti sociali anziché favorire gli investimenti per il rafforzamento del sistema produttivo turistico. La disponibilità di credito garantita dalla BCE e le altre azioni dell’Unione Europea consentirebbero in questa fase il lancio di un grande progetto d’investimento mirato al rafforzamento della struttura produttiva di servizi turistici (alberghi, ristoranti, stabilimenti balneari, negozi, ecc.) con linee di credito garantite da consorzi pubblici o a fondo perduto, come stanno già facendo alcuni paesi europei, che potrebbero generare molto più reddito di quello che lo Stato può distribuire con gli interventi sociali, oltre a rafforzare il posizionamento internazionale dell’offerta riminese”. Non solo. “Il progetto dovrebbe essere affiancato da una strategia di comunicazione che riposizioni l’offerta con i nuovi livelli di qualità garantiti dall’investimento e attenui o annulli l’effetto negativo d’immagine che l’infelice decisione di proclamare “zona rossa” questo specifico territorio ha causato alle aziende turistiche riminesi. Ma quello che si vede è esattamente il contrario, con la conseguenza che probabilmente questo territorio non sarà forse neppure in grado di utilizzare le risorse che arriveranno dall’UE (nelle varie forme in discussione): sinceramente non so se per effetto di una classe politica incompetente oppure per una perversa volontà di danneggiare questa parte del territorio regionale per la debolezza della sua classe dirigente”.

Un’ultima considerazione: “Anche sul piano sanitario la provincia di Rimini è stata colpita prima e in misura maggiore che altrove in conseguenza di un evento fortuito (la presenza di operai lodigiani a pranzo nel ristorante di San Clemente), ma anche di carenze nel sistema ospedaliero. La dotazione di posti letto della provincia si è progressivamente ridotta più che nel resto della regione, alimentata dal refrain dell’elevato costo, senza avere la capacità di valutare i costi che tali scelte avrebbero provocato in situazioni di stress (risk management)”. Non si tratta di una valutazione astratta, perché le conseguenze sono anzi molto concrete: “La riduzione dei posti letto non ha consentito di curare tempestivamente gli infetti, il contagio si è diffuso e la mortalità è cresciuta fino a dichiarare il territorio riminese “zona rossa” con effetti d’immagine molto negativi per il sistema turistico che dovrà sopportane i costi senza averne nessuna responsabilità. Un effetto differenziale negativo che colpirà le imprese di quest’area…”. Che si sta muovendo anche in ritardo rispetto ad altre località balneari: “Veneto e Liguria hanno già cominciato ad occuparsi del problema e delle spiagge, mentre in Emilia Romagna si è confermata l’immagine negativa del riminese come zona infetta e la spiaggia è tuttora off limits“.

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