Economia provinciale in sofferenza (già prima del covid), per il turismo è l’ora delle scelte

Economia provinciale in sofferenza (già prima del covid), per il turismo è l’ora delle scelte

Lo studio commissionato dalla Cgil di Rimini costringe ad aprire gli occhi: il valore aggiunto previsto in calo di oltre l'11% nel 2020. Non è tutta colpa della pandemia. I nodi al pettine sono precedenti. "Il lavoro è diventato, fragile, povero e precario". Il settore trainante è in sofferenza. Un quadro "molto difficile che rischia di far chiudere parecchie aziende".

Tre indicatori molto importanti: l’andamento economico, quello demografico e del consumo del suolo. Tutti e tre preoccupanti. Dall’ultimo rapporto che fotografa la situazione della nostra provincia, realizzato da Ires per la Cgil di Rimini, e anticipato per alcune parti nella tavola rotonda («Scenari in movimento») promossa dalla Camera del lavoro, emerge un quadro impietoso.
“Il valore aggiunto in provincia di Rimini già nel 2019 era cresciuto appena dello 0,2% (0,4% in regione) dopo un triennio di crescita sostenuta. Per effetto della crisi pandemica nel 2020 si stima nella provincia di Rimini un calo di ben l’11,1%, il più alto di tutte le province della regione”. Così Giuliano Guietti, presidente dell’Istituto ricerche economiche sociali dell’Emilia Romagna. “Trova conferma il fatto che il turismo, centrale nella economia del territorio, è uno dei settori più colpiti dalla crisi“. Guietti ha parlato di “crollo della economia riminese” e solo così si può definire quel meno 11,1%, “la caduta più forte di tutte le economie regionali”. La ragione è presto spiegata: quasi il 79% del valore aggiunto provinciale è prodotto dai servizi (contro il 65,7% regionale) dove il settore del turismo gioca la parte del leone.
Pesa la pandemia, ma gli indicatori segnavano “rosso” anche in precedenza. “Il calo del tasso di disoccupazione (dall’8,2% all’8%) nel 2019 potrebbe far pensare ad un andamento positivo del mercato del lavoro, invece il contemporaneo calo dei tassi di occupazione (dal 68,2 al 67,1) e di attività (dal 74,6 del 2018 al 73,1) testimoniano difficoltà crescenti e già presenti prima dello scoppio della crisi”.

Passiamo al tema demografico. “La popolazione in provincia di Rimini nell’ultimo anno ha avuto una crescita molto limitata, dello 0,03% (+ 91 persone). Negli ultimi 10 anni la popolazione è aumentata di 15mila abitanti (4,7%). Questa crescita che in assoluto non è disprezzabile, è stata tutta concentrata nei primi 5 anni degli ultimi 10, mentre nei secondi si è registrata una stabilità”, sono state sempre le parole di Guietti.
“La crescita è concentrata nelle fasce d’eta dai 55 anni in su, al di sotto c’è un calo consistente: tra i 15 e 34 anni nell’ultimo decennio si è avuta una diminuzione del 6,5% dei residenti. Calo anche nella fascia da 0 a 4 anni (-20,6%), -5% solo nel 2019. Siamo di fronte a un dato che negli anni seguenti si trasferirà nelle classi di età più avanzate. Gli over 70 sono ormai circa pari agli under 20. La popolazione aumenta nell’area costiera o retro-costiera, mentre cala nelle zone a maggiore altitudine”, e il territorio che ne ha risentito di più è stato quello dell’Alta Valmarecchia.
Anche dal punto di vista del consumo del territorio le cose non vanno meglio: “Rimini è la provincia emiliano-romagnola con la percentuale più alta di consumo del suolo (12,8%) contro una media regionale che rimane sotto al 9%”. Guardando ai comuni, il poco lusinghiero primato va a Cattolica che addirittura in regione è il comune con la più alta percentuale di suolo consumato (61,6%), seguito da Riccione (51,1%), seguono Bellaria (29,2%), Morciano (27,5%), Rimini (27%) e Misano (24%).

“Le criticità erano preesistenti al covid”, ha commentato la segretaria provinciale della Cgil di Rimini Isabella Pavolucci. Criticità “in termini di diseguaglianze, sociali, economiche e della precarietà che caratterizza il mercato del lavoro nella nostra provincia. E’ aumentata la popolazione inattiva già nel 2019”. C’è un divario nelle retribuzioni tra uomini e donne, queste ultime col 74,2% delle retribuzioni rispetto a quelle percepite dagli uomini. Il lavoro part-time copre una quota di oltre il 50%. “Il lavoro è diventato, fragile, povero e precario“. Decine di migliaia gli accordi di cassa integrazione in provincia. “I redditi si sono impoveriti”.

In attesa che la Cgil renda pubblico il rapporto, e dato atto alla Camera del lavoro di Rimini di sfornare, non da oggi, forse gli unici studi approfonditi, utili per comprendere la situazione che stiamo vivendo, il discorso dovrebbe subito spostarsi sul piano del confronto e, soprattutto, delle scelte per invertire la tendenza negativa. E’ su questo versante che da anni ormai non si assiste a nulla di nuovo. Da un lato ci sono le narrazioni che continuano a spargere un ottimismo a buon mercato, della serie «siamo i numeri uno». Dall’altro, un tessuto sociale, economico e culturale incapace di reagire e di intavolare anche analisi scomode ma utili a risalire la china.

Alla tavola rotonda della Cgil, la presidente degli albergatori Patrizia Rinaldis ha evocato gli ultimi stati generali del turismo: risalgono a 25 anni fa. Nel frattempo è cambiato il mondo, e dalla pandemia in qua il mondo si è capovolto. Perché tutto tace? «I tempi di condivisione sono lunghissimi e questo ha ostacolato il percorso», ha detto Rinaldis. Sempre sua è stata la realistica considerazione su un settore turistico contrassegnato da «tante presenze ma poca redditività», che «negli ultimi 12 anni è calata notevolmente e lo vediamo anche dall’indebitamento con le banche». La pandemia «ci ha messo davanti una realtà molto difficile che rischia di far chiudere molte aziende, con i soggetti più deboli che si sono indebitati negli ultimi anni… occorre una allerta massima perché c’è il rischio che lascino le proprie aziende in mano a soggetti che non fanno turismo o che facciano ricorso a soldi facili».
Rinaldis ha anche lanciato segnali in direzione dei decisori politici: «Il turismo ha bisogno di risposte concrete che non siano quelle dei piani generici, ha bisogno di una sburocratizzazione, ha bisogno di strumenti urbanistici, concretezza e non parole».

Cogliere l’inverno del coprifuoco, o quasi, per aprire davvero il cantiere di una riflessione libera, seria e approfondita sul turismo e sull’economia della Riviera di Rimini. E’ questa la priorità.

Fotografia di Roberto Brancolini, Fotoreporter Regione Emilia Romagna

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