Esclusivo: gli indirizzi della Regione sulla riorganizzazione ospedaliera a Rimini e in Romagna

Esclusivo: gli indirizzi della Regione sulla riorganizzazione ospedaliera a Rimini e in Romagna

Il documento che Rimini 2.0 ha potuto leggere in anteprima, documento riservato che circola fra gli addetti ai lavori come base sulla quale ridisegnare la mappa della nuova rete ospedaliera in regione, è una doccia gelata per Rimini.

Il documento che Rimini 2.0 ha potuto leggere in anteprima, documento riservato che circola fra gli addetti ai lavori come base sulla quale ridisegnare la mappa della nuova rete ospedaliera in regione, è una doccia gelata per Rimini in particolare, e per l’Area vasta romagnola nei confronti di quelle emiliane. Chi temeva la solita penalizzazione per Rimini, insomma, aveva visto giusto.
Il documento, una cinquantina di pagine in tutto, redatto dal Servizio presidi ospedalieri della Regione Emilia Romagna, s’intitola “Linee di indirizzo per la riorganizzazione della rete ospedaliera“. Non è definitivo, ovviamente, ma fa ben capire in che modo ragioni l’ente di via Aldo Moro e cosa rischi concretamente Rimini.
Una premessa importante. Sulla scacchiera della nuova riorganizzazione le pedine vengono già mosse come se fossero operative le tre Ausl di area vasta regionali, frutto cioè delle diverse unificazioni territoriali: area vasta Emilia Nord (Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena), area vasta Emilia Centrale (Bologna, Imola, Ferrara) e area vasta Romagna (Forlì, Cesena, Ravenna e Rimini). Ad oggi, però, la Regione ha istituito (con legge regionale n. 22 del 21.11.2013) solo l’Ausl della Romagna, operativa dal primo gennaio scorso. Le altre due sono disegnate solo sulla carta e, concretamente, restano di la da venire.
Stando a queste linee di indirizzo, Rimini verrebbe a perdere la chirurgia toracica, ginecologica, l’epatica, l’otorinolaringoiatria, la tiroide, mentre incerto appare il destino della cardiologia interventistica.

Nel merito. La Regione intende tagliare 2700 posti letto rispetto a quelli attuali, passando dagli attuali 61 stabilimenti ospedalieri (57 non monospecialistici e 4 monospecialistici, fra questi ultimi anche l’Irst) a 36: 13 ospedali di base, 11 di primo livello, 8 di secondo livello (oppure 7 se si considerano il “Maggiore” e il “Bellaria” di Bologna come stabilimenti dello stesso presidio) e 4 monospecialistici. Il riordino prevede di trasformare 25 stabilimenti ospedalieri in ospedali di comunità.
I presidi ospedalieri di base, con bacino di utenza compreso tra 80 mila e 150 mila abitanti, sono strutture dotate di sede di Pronto Soccorso con la presenza di un numero limitato di specialità ad ampia diffusione territoriale: medicina interna, chirurgia generale, ortopedia, anestesia e servizi di supporto in rete di guardia attiva o in regime di pronta disponibilità H24 di radiologia, laboratorio, emoteca. Devono essere dotati, inoltre, di letti di “osservazione breve intensiva”.
Quelli di I livello, con bacino di utenza compreso tra 150 mila e 300 mila abitanti, sono strutture sede di DEA di I livello, dotate delle seguenti specialità: medicina interna, chirurgia generale, anestesia e rianimazione, ortopedia e traumatologia, ostetricia e ginecologia, pediatria, cardiologia con U.T.I.C., neurologia, psichiatria, oculistica, otorinolaringoiatria, urologia, con servizio medico di guardia attiva o di reperibilità oppure in rete per le patologie che la prevedono. Devono essere presenti o disponibili in rete H24 i servizi di radiologia con T.A.C. ed ecografia, laboratorio, servizio immunotrasfusionale. Per le patologie complesse (quali i traumi, quelle cardiovascolari, lo stroke) devono essere previste forme di consultazione, di trasferimento delle immagini e protocolli concordati di trasferimento dei pazienti presso i centri di II livello. Devono essere dotati, inoltre, di letti di “osservazione breve intensiva” e di letti per la terapia subintensiva (anche a carattere multidisciplinare).
Infine quelli di II livello. I presidi ospedalieri di II livello, con bacino di utenza compreso fra 600 mila e 1 milione e 200 mila abitanti, sono strutture dotate di DEA di II livello. Tali presidi sono istituzionalmente riferibili alle Aziende Ospedaliere, alle Aziende ospedaliere universitarie, a taluni IRCCS e a presidi di grandi dimensioni della Asl. Tali presidi sono dotati di tutte le strutture previste per l’ospedale di I livello, nonché delle strutture che attengono alle discipline più complesse non previste nell’ospedale di I livello, tra le quali, nel rispetto dei bacini d’utenza: cardiologia con emodinamica interventistica H24, neurochirurgia, cardiochirurgia e rianimazione cardiochirurgica, chirurgia vascolare, chirurgia toracica, chirurgia maxillo-facciale, chirurgia plastica, endoscopia digestiva ad elevata complessità, broncoscopia interventistica, radiologia interventistica, rianimazione pediatrica e neonatale; devono essere presenti H24 i servizi di radiologia con T.A.C. ed ecografia (con presenza medica), medicina nucleare, servizio immunotrasfusionale, altre eventuali discipline di alta specialità.
Questa regolamentazione che classifica gli ospedali su tre livelli, ha valenza nazionale, ed è già stata approvata dalla Conferenza Stato-Regioni il 5 agosto scorso. Viene sostanzialmente condivisa dalla Regione Emilia Romagna.
Secondo questa suddivisione l’area vasta Romagna (a differenza dell’Emilia) non dispone di un ospedale di II livello.

Vediamo adesso le principali trasformazioni ipotizzate, partendo dalla attività oncologica.
L’Irst di Meldola governerà l’oncologia nell’area vasta romagnola. “L’IRCCS di Meldola – si legge nelle linee di indirizzo – per le condizioni istituzionali e la diffusione dei servizi nel territorio di riferimento, si avvia a diventare il gestore dell’assistenza oncologica nell’area vasta Romagna, assumendo la responsabilità delle attività più strettamente connesse alla casistica oncologica e orientando professionalmente quelle non gestite direttamente”. Le diverse Ausl territoriali manterranno “le risorse di ricovero ordinario e di day hospital”, mentre “il trapianto allogenico per la Romagna viene garantito presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna”,
Acquista peso notevole l’Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori, dunque, che sulla carta è governato da soci pubblici (Regione Emilia Romagna e le Ausl di Ravenna, Forlì, Cesena, Rimini) e privati: l’Istituto oncologico romagnolo e le Fondazioni Cassa di Risparmio di Forlì, Cesena, Ravenna, più Fondazione e Banca del Monte di Lugo e Faenza. Manca solo Rimini. E la centralità dell’Irst favorisce Forlì.
Di recente Marcello Tonini è stato nominato direttore generale dell’Irst, e nonostante le reazioni ottimistiche del sindaco e del presidente della Provincia di Rimini, è poco come garanzia di una governance dell’Istituto che non penalizzi Rimini.

Passiamo alla chirurgia oncologica.
Mammella. “La Romagna presenta due centri ad alto volume, quelli di Rimini e Forlì, mentre quelli dell’area ravennate dovrebbero essere unificati dal punto di vista gestionale, pur essendo auspicabile l’erogazione nelle tre sedi, ma garantendo così uniformità di trattamento. Ugualmente i centri di Forlì e Cesena dovrebbero essere gestionalmente unificati, valutando l’opportunità di mantenere l’erogazione delle procedure chirurgiche in due sedi”.

Stomaco, colon e retto. “Nell’area vasta Romagna i 4 principali ospedali assicurano volumi di attività adeguati per quasi tutti gli interventi qui considerati, tranne per gli interventi chirurgici a carico del retto, che sarebbero suscettibili di una maggiore concentrazione rispetto ai citati 4 ospedali. Inoltre nella provincia di Ravenna questo tipo di interventi è presente a Faenza, mentre praticamente assente a Ravenna, il che rappresenta un rilievo “counterintuitive” per il quale è opportuno che la Direzione della relativa azienda verifichi l’opportunità (in termini di servizi accessori eventualmente necessari e disponibili) del mantenimento della relativa produzione a Faenza, ovvero dello spostamento della stessa a Ravenna. Gli ospedali di Lugo, Faenza e Riccione garantiscono, anche qui, una non trascurabile produzione integrativa. Da superare invece la produzione di interventi sullo stomaco a Riccione“.

Pancreas e fegato. “Nell’area vasta Romagna è evidente una certa frammentazione degli interventi al pancreas. Solo gli ospedali di Ravenna, Forlì e Rimini superano la soglia definita mentre Cesena si posiziona ai limiti inferiori. E’ pertanto auspicabile rivedere l’attuale organizzazione identificando al massimo 3 centri (Ravenna, Forlì e Rimini) nel rispetto anche del percorso assistenziale di questi pazienti.
Alternativamente a tale ipotesi di minima, la massima concentrazione prevede per questa tipologia di interventi un solo centro nella Romagna, che così raggiungerebbe numerosità paragonabili a quella degli ospedali bolognesi e di poco inferiori a quella di massima concentrazione dell’Emilia Nord. L’ipotesi di massima concentrazione vede in Forlì la sede più appropriata, in stretta collaborazione con le competenze oncologiche e l’attività di ricerca assicurata dall’Irst di Meldola.
Analogo profilo per la distribuzione degli interventi al fegato che tuttavia non permette a nessun centro di raggiungere la soglia minima di procedure. E’ necessario quindi identificare un centro dove ragionevolmente concentrare questi interventi”.

Polmone ed esofago. “Nell’area vasta Romagna sono presenti 3 centri, di cui 2 pubblici – Forlì e Riccione – ed uno privato (Maria Cecilia Hospital). Fatta eccezione per le prestazioni erogate dal privato, la concentrazione dell’attività chirurgica, nel rispetto delle vocazioni oncologiche delle strutture dell’area vasta, identificherebbe in Forlì il centro dove riunire la casistica eleggibile all’intervento. Per la patologia esofagea il piccolo volume degli interventi deporrebbe per l’invio di questi pazienti nel centro di riferimento regionale già citato”.

Utero e ovaio. “La dispersione dell’attività chirurgica sull’utero in area vasta Romagna potrebbe trovare soluzione nel far convergere la casistica sui 3 centri provinciali di Ravenna, Forlì e Rimini. Analoga frammentazione è presente per la patologia dell’ovaio che, data l’esigua numerosità potrebbe far riferimento sul centro regionale più vicino, quello dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Bologna”.

Rene, vescica e prostata: “La dispersione dell’attività in Romagna è rilevante essendo presente negli ospedali di Ravenna, Lugo e Faenza, Forlì, Cesena e Rimini. Di questi solo Forlì e Rimini soddisfano i cut-off individuati, mentre Ravenna si posiziona al di sotto solo per gli interventi alla prostata. Pertanto appare opportuno riorganizzare l’attuale offerta concentrando in tre centri (Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini) l’erogazione delle prestazioni urologiche.”

Radioterapia. “Nell’area vasta Romagna sono presenti 9 apparecchi così dislocati: 3 a Forlì (2 a Meldola e 1 cobalto a Forlì), 4 a Ravenna (2 a Ravenna e 2 a VMC Cotignola) e 2 a Rimini. A parte la cobaltoterapia, che andrà dismessa, il parco macchine dell’area vasta Romagna appare più che sufficiente, e dunque la realizzazione della lista unica dovrebbe incontrare le minori difficoltà organizzative rispetto agli altri territori della regione”.

Procedure rare e ad alta complessità. Ad essere “premiata” è ancora la sanità emiliana.
Radioterapia pediatrica: “Poiché i casi annui attesi per la patologia oncologica in età pediatrica residenti in Emilia Romagna sono circa 110 e, sulla base dei protocolli di trattamento attualmente in uso, il numero di casi attesi eleggibili a radioterapia si attesta sui 35/anno, è razionale prevedere un unico centro presso l’Azienda ospedaliero universitaria di Bologna”.

Brachiterapia: “L’attuale domanda potrebbe essere concentrata in un centro per area vasta, rispettivamente identificato per l’area vasta Emilia Centro nell’azienda ospedaliero universitaria di Bologna, individuando una sola equipe erogante per l’area vasta Romagna nell’ospedale di Ravenna, mentre per l’area vasta Emilia nord sarebbe indicato far convergere in un solo centro, scelto fra il Policlinico di Modena e l’azienda ospedaliera di Reggio Emilia, i bassi volumi erogati”.

Terapia radio metabolica: “Potrebbe essere opportuno procedere alla concentrazione, sulla base dei volumi erogati, anche della quota di prestazioni assicurate dalle medicine nucleari facendole convergere in un centro per area vasta, rispettivamente per l’area vasta Romagna l’ospedale di Cesena, per l’area vasta Emilia Nord l’AO di Reggio Emilia, per l’area vasta Emilia Centro l’Azienda ospedaliero universitaria di Bologna”.

Radioterapia intraoperatoria: “Questa tecnologia è stata oggetto di programmazione regionale ed oggi è dislocata presso 4 sedi, Irccs di Reggio Emilia, Ausl di Bologna (ospedale Bellaria), azienda ospedaliero universitaria di Ferrara, Ausl di Rimini. Al momento vengono utilizzate unicamente per l’irradiazione intraoperatoria del tumore della mammella ma è auspicabile in futuro la loro collocazione in sale operatorie pluraspecialistiche
allo scopo di sfruttarne le caratteristiche anche per il trattamento di altri tumori per i quali in letteratura esistono esperienze (pancreas, pelvi, sarcomiretroperitoneali ecc)”.

Radiochirurgia e radioterapia stereotassica per bersagli intracranici: “Attualmente i centri che impiegano questa tecnologia in Emilia Romagna sono 6 ma la quasi totalità dei casi è distribuita a Maria Cecilia Hospital, unica sede dotata di gamma-knife. Si ritiene opportuno indicare un’unica sede regionale di erogazione individuata nel centro indicato”.

Pneumologia. “Nell’area vasta Romagna, come già detto nel capitolo della patologia oncologica del polmone, si prevede la concentrazione presso Forlì delle procedure chirurgiche, sostenute a livello diagnostico e terapeutico dalla locale pneumologia, mentre le altre competenze disponibili in area vasta assicurano un’ampia diffusione delle altre procedure”.

Ortopedia. “Nell’area vasta Romagna tutti i centri ortopedici pubblici sono ad alto volume, con percentuali DRG medici rispetto al totale del DRG dei ricoveri ordinari al di sotto della media regionale ed alte percentuali di attività chirurgica in DS (in particolare a Cesena)”.

Otorinolaringoiatria. “Nell’area vasta Romagna la casistica a bassa complessità si distribuisce in un centro per azienda Usl, salvo per il ravennate ove opera anche il centro di Faenza, ma con modalità altamente difforme considerando che il 36% dell’attività viene erogata da Forlì. Il trattamento chirurgico della patologia oncologica, oggi suddiviso in 4 centri e 7 unità operative, potrebbe essere concentrato nell’ospedale di Cesena che rappresenta il centro a maggior volume di attività. Anche la patologia tiroidea potrebbe essere concentrata in uno (ospedale di Forlì) o al massimo due centri (ospedali di Forlì e Ravenna). Per quanto riguarda il settore privato, la casa di cura S. Pier Damiano (RA) esegue più della metà degli interventi a bassa complessità, seguita dalla Malatesta Novello (Rn)”.

Chirurgia pediatrica. “Nell’area vasta Romagna è presente una sola UO di chirurgia pediatrica, presso l’ospedale di Rimini; anche se la casistica chirurgica prevalente è di bassa complessità (83% del totale), il numero assoluto dei casi a più alta complessità, in prevalenza di tipo gastroenterico e nefro-urinario, è considerevole (124 casi) e costituisce il riferimento per l’area vasta”.

Cardiologia e cardiochirurgia. “L’area vasta Romagna è caratterizzata dalle seguenti strutture cardiologiche:
strutture di I livello: ospedali di Lugo, Faenza, Riccione
strutture di II livello: ospedali di Ravenna, Forlì, Cesena, Rimini
strutture di III livello: Maria Cecilia Hospital
Sono presenti tre UO di cardiologia “spoke” che possono essere valorizzate dalla vocazione polispecialistica e/o ricomprese in unità operative di terapia intensiva generale.
Per quanto attiene l’attività di emodinamica, i quattro centri di II livello soddisfano i requisiti richiesti con l’eccezione dell’ospedale di Cesena che deve integrare l’attività di emodinamica in un’unica piattaforma operativa, in termini anche di risorse, con la sede di Forlì, dove verrà effettuata l’attività in urgenza.
Per quanto riguarda l’attività di elettrofisiologia sono presenti strutture di I livello (ospedali di Lugo e Faenza) e strutture di II livello (ospedali di Ravenna, Forlì, Cesena e Rimini, Maria Cecilia Hospital). Per poter soddisfare i requisiti di accreditamento relativi alle procedure di impianto di dispositivi per defibrillazione (Lugo e Faenza) e resincronizzazione cardiaca (CRT), si rende opportuno concentrare queste attività in centri di II livello. L’integrazione già richiamata tra i centri di Forlì e Cesena comporta la concentrazione dell’attività aritmologica complessa presso il centro di Cesena.
Le funzioni di riabilitazione cardiovascolare dei cardio-operati è attualmente svolta da Maria Cecilia Hospital e dall’UO di cardiologia dell’ospedale di Rimini. E’ auspicabile, vista la ricchezza di dotazione di risorse cardiologiche, che la funzione di riabilitazione dei cardio-operati venga reinternalizzata dal pubblico. In quest’area è presente una struttura privata di III livello (Maria Cecilia Hospital) che soddisfa i requisiti di attività previsti dalla normativa di accreditamento”.

Servizi per la nascita. “Nell’area vasta Romagna si registra circa il 25% delle nascite che avvengono in Regione. Sono presenti 3 centri hub (Ravenna, Cesena, Rimini) e 3 centri spoke: 1 con volume di attività superiore ai 1000 parti/anno (Forlì), 2 con volume ≥ 700 parti/anno (Lugo, Faenza).
Funzioni: l’Hub di Rimini (3231 nati nel 2012) presenta, per entrambe le UO, una buona condizione per quanto riguarda l’organizzazione e l’appropriatezza dei percorsi diagnostico assistenziali nonché l’integrazione perinatale. Il centro può costituire il centro hub di eccellenza per l’area vasta Romagna. I centri spoke che si rivolgono al punto nascita di Rimini sono extraregionali.
L’Hub di Cesena (2221 nati nel 2012) presenta, per entrambe le UO, una discreta condizione per l’organizzazione e l’appropriatezza dei percorsi diagnostico assistenziali (presenza di maggiori criticità in area ostetrica) mentre problemi sono presenti per quanto riguarda l’integrazione perinatale. L’unico centro spoke è quello di Forlì (1409 nati nel 2012) caratterizzato da una discreta appropriatezza dei percorsi diagnostico assistenziali, per entrambe le UO, mentre alcune criticità caratterizzano l’integrazione perinatale.
L’Hub di Ravenna (585 nati nel 2012) è l’unico centro Hub che non assiste nati di peso < 1000 grammi. Si segnalano discrete criticità per quanto riguarda l'appropriatezza dei percorsi diagnostico-assistenziali in ambito ostetrico, per gli aspetti di integrazione perinatale e per il funzionamento del modello Hub e spoke (sempre in ambito ostetrico). I due centri spoke sono Lugo (939 nati nel 2012) e Faenza (836 nati nel 2012). In entrambi i centri si osserva una discreta appropriatezza dei percorsi diagnostico assistenziali sia in area ostetrica (maggiori criticità a Faenza) che neonatale e una discreta integrazione perinatale. In entrambi i casi si segnala una carenza di risorse in ambito neonatale". Reumatologia. “L’area vasta Romagna è caratterizzata da servizi afferenti a reparti di medicina generale situati in quasi tutti gli ospedali provinciali, Ravenna (con ambulatori anche a Faenza), Forlì, Cesena e Rimini, quest’ultimo si distingue per un’attività funzionale di coordinamento di tutta l’area. In tale contesto va rafforzata la rete delle strutture ambulatoriali regolata da un unico coordinamento”.

Traumatologia. “In base ai dati relativi agli anni 2007-11 e provenienti dal database regionale dei traumi gravi (che valuta in prevalenza l’attività delle terapie intensive), la Romagna centralizza oltre il 72% dei traumi gravi su Cesena e il 91% dei traumi cranici maggiori.
IL SIAT Romagna riconosce come centro Hub l’ospedale Bufalini di Cesena ed è caratterizzato dalla presenza dei centri di Ravenna, Faenza, Forlì e Rimini che collaborano adeguatamente, così che meno di 1/3 della casistica afferisce ai centri spoke e di questi il 20% è soggetto a centralizzazione secondaria. La concentrazione delle competenze in questa sede, comprese quelle neurochirurgiche, ha permesso a questo SIAT di configurarsi come il più aderente al modello regionale e di richiedere più azioni di consolidamento che di vera e propria riorganizzazione”.

Rete ictus. “L’area vasta Romagna è caratterizzata dalla presenza di aree di degenza stroke unit nelle UO di neurologia presso l’ospedale di Ravenna, di Forlì e di Cesena e presso le UO di medicina d’urgenza e PS presso l’ospedale di Rimini. I volumi di attività in ciascuno dei suddetti centri si attestano intorno ai 200-260 dimessi ictus/anno.
L’organizzazione esistente nelle aziende sanitarie di Ravenna, Forlì e Rimini risponde agli standard delle stroke unit di 1° livello. L’organizzazione esistente presso l’ospedale Bufalini di Cesena risponde agli standard delle stroke unit di 2° livello.
La rete stroke care dell’area vasta Romagna dovrebbe pertanto individuare una sede Hub presso cui far convergere la casistica complessa. La presenza di trauma center e di servizi e competenze ad esso connesse, depone per l’individuazione dell’ospedale di Cesena (stroke unit di 2° livello) in rete con le stroke unit di 1° livello della azienda Usl di Ravenna, Forlì, Cesena e Rimini e con i presidi ospedalieri di base della Azienda unica della Romagna.
Visti i dati di mortalità a 30 giorni per ictus ischemico acuto (dati PNE 2011-2012), tutti i presidi ospedalieri di base (sedi di attività di PS e TAC cerebrale in H24) delle aziende sanitarie delle 3 aree vaste devono inviare i pazienti con ictus (candidati alla trombolisi e.v. e/o altre procedure interventistiche) presso le stroke unit di 1° e 2° livello di riferimento territoriale attraverso la centralizzazione diretta tramite il 118 o attraverso attività di telemedicina (telestroke) con le SU di riferimento in particolari realtà.
Gli ospedali sedi di SU di 1° e 2° livello attivano modalità di comunicazione tramite telemedicina, sia fra di loro che con i presidi ospedalieri di base; devono integrarsi per la gestione della fase post-ospedaliera con gli ospedali di comunità per il trattamento delle comorbidità e con le case della salute per il follow-up e per l’integrazione socio-sanitaria”.

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