Si tratta di due aree nel comune di Rimini, per le quali il Tar dell'Emilia Romagna scrive che "le disposte demolizioni costituivano una misura che avrebbe dovuto essere preceduta da un provvedimento ablatorio", invece inesistente, travalicando "il senso e la finalità dell’occupazione temporanea". In un caso Agenzia Mobilità dovrà anche risarcire il danno.
Tutto ha inizio con un decreto di occupazione temporanea che risale 28 ottobre 2013 e che è stato notificato agli interessati il 4 novembre dello stesso anno. L’Agenzia della Mobilità di Rimini ha così disposto l’occupazione temporanea (ai sensi dell’art.49 – DPR 327/01) per un periodo di tre mesi della porzione di un’area di proprietà privata sulla quale si trovava un fabbricato, coinvolta nei lavori per il tracciato del Trc. L’esproprio riguardava una parte di terreno, nel comune di Rimini, di 81 mq, che comprendeva un’area scoperta e la sola parte terminale del costruito. L’Agenzia per la mobilità ha però coinvolto una superficie di ulteriori 25 mq, sulla quale sorgevano ulteriori parti di edificato, del quale ha demolito anche la parte centrale.
L’esecuzione della ordinanza della Agenzia per la mobilità “ha dato luogo ad una – incontestata – irreversibile trasformazione dell’area per effetto della demolizione del manufatto ivi insistente”, scrive il Tar.
L’occupazione temporanea di aree non soggette ad esproprio, spiega il Tribunale amministrativo regionale, “è funzionale all’approvvigionamento di materiali, all’impianto di cantieri ovvero alla fruizione di altre utilità necessarie all’esecuzione di un’opera pubblica, che deve cadere necessariamente su aree ad essa estranee e postulare come normale la restituzione del bene una volta venuta meno la necessità per cui è stata disposta”.
“L’Agenzia per la mobilità della Provincia di Rimini ha disposto l’occupazione di cui trattasi con l’obiettivo di eseguire i «lavori sull’area espropriata, fra cui rientra anche la demolizione dei manufatti attualmente insistenti», con una previsione quantomeno distonica rispetto all’essenza dell’occupazione ex art. 49 citato la quale, come si è detto, deve tendenzialmente consentire la restituzione dell’area senza significativi stravolgimenti. La resistente Agenzia tende a ricondurre la demolizione di cui trattasi nel novero delle previsioni del vincolo preordinato all’esproprio ma tale strategia difensiva, ove pure fosse accertata la riconducibilità della disposta demolizione a quelle del progetto definitivo, si scontra, all’evidenza, con la scelta dell’istituto dell’occupazione ex art. 49. Quest’ultima contemplerebbe aree non espropriate e rispetto ad esse, a tacer d’altro, né la motivazione del provvedimento, né gli scritti difensivi di parte resistente nulla spiegano a giustificazione di siffatta antinomia rispetto al dato normativo di riferimento che disciplina, come detto, “l’occupazione temporanea di aree non soggette ad esproprio. Il Collegio dubita, in ogni caso, della bontà della tesi di parte resistente secondo cui pur in presenza di un vincolo espropriativo discendente dall’approvazione del progetto definitivo non sia comunque necessaria l’adozione di un decreto d’esproprio (che nel caso di specie non contempla il manufatto). Sul punto è sufficiente osservare che, sulla base della legislazione vigente, esso assume carattere di indefettibilità e non può essere surrogato né dal progetto (definitivo o esecutivo), né da una delibera CIPE“. E prosegue: “Dalle tavole diligentemente depositate dalla difesa della resistente Agenzia per la mobilità si evince nitidamente, sul piano topografico, come l’area oggetto di occupazione sia avvinta al tracciato dell’opera, considerato che l’immobile di cui trattasi insiste, per una porzione, su una superficie oggetto di vincolo e per il resto su superficie dallo stesso non contemplata ed asseritamente qualificata strumentale all’esecuzione dei lavori. Non pare che possa logicamente sostenersi che, per un verso, il manufatto sarebbe ricompreso tra le acquisizioni ablatorie già indennizzate e, per altro verso, sarebbe assoggettato ad un provvedimento di occupazione (e contestuale demolizione) previsto dal legislatore per le aree non espropriate, con riconoscimento dell’indennizzo previsto per queste ultime dall’art. 50 del medesimo Testo unico (cfr. pag. 4 del provvedimento impugnato)”.
Conclude il Tar regionale, accogliendo il ricorso dei privati, che “le disposte demolizioni costituivano una misura che avrebbe dovuto esser preceduta da un provvedimento ablatorio qui inesistente (tant’è che è stato utilizzato uno strumento per interventi estranei ad atti espropriativi) e che le stesse hanno oggettivamente travalicato il senso e la finalità dell’occupazione temporanea disciplinata dall’art. 49 d. P.R. n. 327 del 2001″.
C’è poi un altro caso analogo, sempre relativo ad un esproprio del 2013 nel comune di Rimini legato al Trc, stavolta la superficie interessata è di 40 mq. Anche in questo caso il Tar ha accolto il ricorso del privato, che a differenza del primo ha chiesto anche il “risarcimento del danno conseguente all’illegittimità della disposta demolizione”. L’Agenzia per la Mobilità dovrà corrispondere il valore venale delle porzioni di manufatto demolite.
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