Federalberghi fa luce sul sommerso nel turismo e punta il dito sul portale Airbnb

Federalberghi fa luce sul sommerso nel turismo e punta il dito sul portale Airbnb

Censite le strutture parallele che vendono camere in rete sui principali portali. Attività economiche a tutti gli effetti. In crescita esponenziale an

Censite le strutture parallele che vendono camere in rete sui principali portali. Attività economiche a tutti gli effetti. In crescita esponenziale anche sulla riviera romagnola. Ma si tratta anche di un grosso problema di evasione fiscale e di concorrenza sleale.

Questa mattina in Fiera Federalberghi presenta i risultati di un monitoraggio che la federazione ha realizzato con l’ausilio della società Incipit Consulting. “Il sommerso nel turismo prosegue indisturbato la propria corsa ed è giunto a livelli talmente di guardia da generare una minor sicurezza sociale ed il dilagare indiscriminato dell’evasione fiscale e del lavoro in nero”, dichiara il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, commentando la ricerca.
“Abbiamo censito le strutture parallele che vendono camere in rete sui principali portali e mettiamo questo elenco a disposizione delle amministrazioni nazionali e territoriali, nonché delle autorità investigative competenti, che desiderano fare luce sul fenomeno”. E’ una presa di posizione netta e d’attacco che punta ad illuminare il sommerso alla luce del sole, nel senso che il principale bersaglio nel mirino di Fedarlberghi è un famoso e cliccatissimo portale sul quale si possono affittare camere e appartamenti, Airbnb. Tanti anche quelli presenti a Rimini, che sfuggono alle rilevazioni delle presenze ufficiali.
Federalberghi lo definisce “l’esempio eclatante”: “In una giornata di agosto 2016, poneva in vendita in Italia 222.786 strutture (erano 234 nel 2009), con una crescita esponenziale alla quale non fa seguito una significativa variazione del numero di attività ufficialmente autorizzate (le strutture extralberghiere censite dall’ISTAT erano 104.918 nel 2009, oggi sono a quota 121.984 per una differenza di oltre 100.000 unità)”.
Tra le città italiane maggiormente interessate dal fenomeno ci sono Roma con 23.889 alloggi, Milano con 13.200, Firenze con 6.715, Venezia con 5.166 e Napoli con 3.040, ma anche in Romagna sono una marea gli alloggi che rientrano in questo circuito.

Secondo lo studio a Rimini gli alloggi presenti su Airbnb sono passati da 1 nel 2009 a 632 dell’agosto scorso. Di questi 632 il 64,9% sono intere abitazioni, il 34,7% stanze private e lo 0,5% stanze condivise. Altro dato importante, questi alloggi sono a disposizione per quasi tutto l’anno: il 71,9% per più di 6 mesi l’anno.
Federalberghi smentisce che si tratti di forme integrative del reddito: “Sono attività economiche a tutti gli effetti. Oltre la metà (57,7%) degli annunci sono pubblicati da persone che amministrano più alloggi, con i casi limite di insegne di comodo quali Bettina che gestisce 366 alloggi, Daniel (293) e Simona (260)”. A Rimini ad un solo host, “Giovanni”, fanno capo 55 recensioni (66 in tutta Italia), a “Luca” 11, a “Denis” 10, e così via.
Falso anche che si tratti di attività occasionali: “La maggior parte (il 79,3%) degli annunci si riferisce ad alloggi disponibili per oltre sei mesi l’anno”. Però chi sceglie questo tipo di soggiorno lo fa per condividere col titolare una esperienza che in hotel non vivrebbe: Macché, replica Federalberghi: “La maggior parte degli annunci (70,2%) si riferisce all’affitto di interi appartamenti in cui non abita nessuno e gli alloggi sono concentrati soprattutto nelle grandi città e nelle principali località turistiche dove è maggiore la presenza di esercizi ufficiali”.

Affonda il coltello con decisione Federalberghi, forse consapevole che su questo versante nessuno stia facendo la propria parte e questa montagna di sommerso occorra cominciare a limitarla. “Il consumatore è ingannato due volte – dice Bocca- in quanto viene tradita la promessa di vivere un’esperienza autentica e vengono eluse le norme poste a tutela del cliente, dei lavoratori, della collettività e del mercato”.
E’ anche un problema di evasione fiscale e di concorrenza sleale, che danneggia tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza. Non coinvolge solo l’Italia, ovviamente, ma da noi la “reazione” ancora non c’è stata mentre altri Paesi non solo europei (c’è anche New York). A Barcellona chi vuole affittare il proprio appartamento per periodi brevi deve chiedere una licenza. Nella grande mela i contratti di locazione di durata inferiore a 30 giorni possono essere gestiti unicamente da imprese ricettive. A Parigi anche gli affitti brevi sono soggetti alla tassa di soggiorno. A Berlino la violazione delle regole in materia di locazioni brevi comporta una sanzione di 100.000 euro. La norma mira a tutelare i cittadini, che stentano a trovare casa in affitto a prezzi ragionevoli.
“Il Piano strategico del turismo – conclude Bocca – afferma a chiare lettere la necessità di definire un quadro normativo e regolamentare che contrasti efficacemente il fenomeno dell’abusivismo. Confidiamo che si passi presto dalle parole ai fatti e che un primo segnale venga già nei prossimi giorni in Parlamento con l’esame delle proposte di legge sulla sharing economy e sugli home restaurant”.

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