Il piano di rientro è traguardato al 2023, quando l'indebitamento dovrebbe essere sceso a 10-12 milioni al massimo.
La diocesi di Rimini fa chiarezza sul suo bilancio, anche per rispondere al vaticanista dell’Espresso che ha acceso i riflettori su questo argomento dal suo autorevole blog. Il Ponte pubblica un lungo servizio di Paolo Guiducci. “La Diocesi di Rimini ha scelto la trasparenza e la chiarezza”. Così è introdotta l’intervista all’economo diocesano, don Danilo Manduchi. Il quale spiega che “la situazione debitoria della diocesi è più che sotto controllo. Lo stesso vescovo Francesco l’ha immediatamente presa in mano con decisione, la segue costantemente, e la sta portando a soluzione”. I tempi sono necessariamente “un po’ lunghi”, ma proprio per questo la soluzione è “realistica e incisiva”.
Dove nascono i problemi? Dagli investimenti fatti negli anni precedenti la crisi economica (fino al 2010), dettaglia Manduchi, affrontati “per valorizzare alcuni beni che possedeva (i due seminari, alcune grandi realtà parrocchiali in crescita come Bordonchio e Villa Verucchio, il settore della comunicazione, quello della cultura teologica e non, il raddoppio della sede Caritas, il Punto Giovani di Riccione, ecc.)”. Oggi la diocesi ha “più di cento milioni di patrimonio” e anche se gli investimenti “avevano una copertura economica che proveniva soprattutto da alienazioni di immobili non più necessari alla vita della chiesa riminese”, le cessioni sono avvenute a rilento ed hanno portato risorse inferiori rispetto alle aspettative. Causa della crisi economica e della conseguente caduta del mercato immobiliare.
Come tutte le realtà alle prese con questo genere di problemi, anche la diocesi ha dovuto così ricorrere (nel 2013) al credito bancario per fare fronte agli impegni presi con gli investimenti. Dopo aver toccato quota “34 milioni di euro, il massimo della esposizione debitoria”. E’ stato quindi messo a punto un piano di rientro “che ha ricevuto l’approvazione anche della Congregazione per il clero della Santa Sede e quello dell’economato della Cei” e “ancora oggi è in fase di realizzazione.
Diversi i piani di intervento. Contrazione dei costi (che porta ad un “avanzo di almeno 1 milione di euro ogni anno”), chiusura o cessione delle attività in perdita (la libreria Pagina, Ariminum e altro), riduzione dei contributi, come nel caso dell’Istituto superiore di Scienze religiose). Poi alienazioni e ristrutturazione dei mutui e fidi bancari.
Il piano di rientro funziona, assicura don Manduchi, e l’indebitamento bancario è sceso “da 34 a 23 milioni di euro circa, con una diminuzione di oltre il 30%”.
Il piano di rientro è traguardato al 2023 e “a quel punto dovremo essere scesi a un indebitamento di 10-12 milioni al massimo, base di partenza per un nuovo piano di rientro per andare all’obiettivo ‘zero'”.
Nonostante questi conti non facili, la diocesi “non ha mai smesso di ‘investire’ in nessun settore, compreso il sostegno alle emergenze (aiutando le popolazioni terremotate del centro Italia, attività quotidiana della Caritas, ristrutturazioni del proprio patrimonio)”.
Mons. Lambiasi “dal 2007 è a servizio di questa chiesa, con lo stesso entusiasmo e fiducia nell’opera dello Spirito Santo che ne hanno contraddistinto il suo arrivo”. Manduchi cita anche un passaggio della intervista che il vescovo ha concesso a Rimini 2.0: “Se la diocesi non si è ancora stancata di me, io di sicuro non mi sono stancato della diocesi. Sono contento del servizio che il Signore attraverso la chiesa mi ha chiamato a svolgere qui, a Rimini”. Per concludere che “il vescovo teoricamente potrebbe essere trasferito ma non certo per la situazione economica della diocesi – che è totalmente sotto controllo – bensì per esplicitare la sua vocazione, come qualsiasi altro vescovo o prete, pastore e maestro che ha a cuore la vita della sua chiesa e dei suoi fedeli…”
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