Fossati: imprese e occupazione, bollettino di guerra

Fossati: imprese e occupazione, bollettino di guerra

di Massimo Fossati* Il 2014 non sarà un anno di svolta e saremo ancora costretti a lavorare dentro un orizzonte alquanto complicato sia sul piano poli

di Massimo Fossati*

Il 2014 non sarà un anno di svolta e saremo ancora costretti a lavorare dentro un orizzonte alquanto complicato sia sul piano politico che sul versante economico e sociale.
Le questioni che attanagliano il Paese sono note.
Dalla bassa crescita economica, alla necessità di mantenere uno stato sociale largo e inclusivo, dal rifinanziamento della cassa integrazione in deroga, alla messa in campo di maggiori risorse per le politiche attive del lavoro, al rilancio dei consumi attraverso una forte riduzione delle tasse su lavoratori, pensionati e sulle imprese, a quelle riforme che da tempo aspettiamo e che possono in parte contribuire a ridare fiducia e speranza a questo Paese, per uscire assieme, con cuore e ragione, dalla più lunga crisi strutturale che stiamo vivendo dal dopoguerra.
Il tasso di disoccupazione è passato in Italia dal 2007 al 2013 dal 6,1% al 12,7%; quello giovanile nella fascia 15/29 anni dal 20,3 al 42%. Per recuperare occupazione e con essa reddito, tutte le statistiche ci indicano che servirebbero almeno 5 anni di crescita a un tasso superiore del 2,5% mentre oggi siamo fermi allo 0,1%. Siamo quindi in presenza di una bassa crescita che rischia di rendere strutturale l’attuale disoccupazione.
Le cose non vanno meglio nel Riminese.
La disoccupazione si è attestata nel nostro territorio all’11,50% leggermente sotto a quella nazionale ma ben al di sopra di quella regionale. Oltre 9 milioni le ore di cassa integrazione concesse nel 2013 che tradotto significa avere avuto stabilmente 4.300 lavoratori per un anno a casa ininterrottamente. Circa 3.500 sono i lavoratori iscritti alle liste di mobilità di cui oltre 2.100 con un’età maggiore di 50 anni. Per non parlare di quanti giovani soprattutto donne non hanno più neanche la voglia di cercare un posto di lavoro, i cosiddetti scoraggiati. A questo si aggiungono oltre 12 mila domande di disoccupazione Aspi e Mini Aspi. Inoltre nel 2013 abbiamo registrato 93 dichiarazioni di fallimento, 21 in più del 2012. Nel complesso le procedure concorsuali sono state oltre 130.
La crisi attraversa tutti i settori ma con diversa intensità; pesa di meno per il comparto alimentare, il commercio all’ingrosso e l’agricoltura mentre incide profondamente e in modo pesante per il settore dell’edilizia, della meccanica, del tessile e abbigliamento.
A Rimini, all’Italia, alle imprese, all’occupazione, servono provvedimenti strutturali per ripartire: con la “politica del tampone” a cui abbiamo assistito e a cui stiamo assistendo in questi mesi, il Paese non andrà da nessuna parte.
Ora siamo in presenza di un governo che pare voler imprimere con decisione una svolta a questa situazione.
Bisogna lavorare per svuotare i bacini di disoccupazione che in questo periodo sono enormemente cresciuti e per fare questo serve smuovere tutte le leve disponibili.
Servono riforme economiche, costituzionali e delle istituzioni.
In questo senso, anche il territorio deve fare la sua parte, lavorando alacremente per dare vita a quelle unioni tra Comuni che da anni andavamo auspicando e sollecitando e che permetteranno risparmi, migliore gestione delle risorse e, soprattutto, maggiore visione strategica e potere decisionale sul territorio, liberando energie e smuovendo nuove economie locali.
Bisogna ridurre le società partecipate che immobilizzano risorse e che non sempre sono funzionali al territorio. Utilizzare la leva dell’area vasta Romagna è un elemento fondamentale nel nuovo scenario che abbiamo di fronte.
Il punto di partenza quindi della nostra riflessione è che oggi è indispensabile per tutti noi fissare un preciso orizzonte, pensare e operare appunto in termini di area vasta di Romagna, indipendentemente dall’esito che avranno i percorsi istituzionali per le attuali province.
Un territorio che è già possibile leggere come un sistema di città di piccole e medie dimensioni, quasi un’area metropolitana da mettere ulteriormente in rete attraverso politiche mirate. Rete da rafforzare e implementare con l’obiettivo di una governance illuminata e intelligente, che superi i localismi sterili e le faziosità, lasciatecelo dire a volte puramente di bottega e che cavalcano strumentalmente facili luoghi comuni. In questo senso bisogna assumere l’area vasta quale nuova leva per la competitività del nostro sistema, senza ripetere gli errori del passato.
Per questo sarebbe importante che dal sindacato partisse l’iniziativa per attivare una vera e propria Agenda di priorità per la Romagna.
Un’Agenda che sappia mettere a frutto non solo le buone pratiche ma anche le nuove opportunità che nascono, come ad esempio la futura autostrada E45/E55, che può diventare un ulteriore punto di forza rafforzando e facilitando gli scambi e la mobilità, favorendo e migliorando la viabilità complessiva in funzione del turismo, ma anche del porto di Ravenna, che va sempre più inteso come sistema portuale della regione, pensare a un rilancio del tema dell’aeroporto, delle fiere e di quelle infrastrutture necessarie a rafforzare il nostro sistema locale romagnolo.
Tutto ciò rappresenta una opportunità per rilanciare l’economia locale in un contesto sinergico romagnolo, sapendo che nessun territorio in questa situazione si salverà da solo.

* Segretario generale Cisl Romagna

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