Fusione Ieg e BolognaFiere: «partita molto difficile»

Fusione Ieg e BolognaFiere: «partita molto difficile»

Per la prima volta escono un po' di informazioni dal Comune sul processo di aggregazione fra le due fiere. Il ruolo "di garanzia" della Regione, il peso di Rimini rispetto a Bologna. C'è anche il capitolo debiti, calati di molto ma sempre "pesanti". «In questo momento è come se stessimo attraversando il deserto», e per affrontare la carenza di risorse finanziare Rimini Congressi ha un piano.

Tanti i dubbi che aleggiano sulla fusione fra Ieg e BolognaFiere, progetto partito lancia in resta nel giugno dello scorso anno e che poi ha galleggiato fra alti e bassi, e che oggi è condizionato da numerosi fattori interni ed esterni, non da ultimo lo tsunami della pandemia che si è abbattuto sul settore fieristico. «La pandemia non ha facilitano la soluzione dei problemi aperti e le ipotesi di sviluppo nel campo più grande di investimenti della nuova società», ha detto nei giorni scorsi il presidente Lorenzo Cagnoni, aggiungendo che «le risposte del governo rendono più faticoso il cammino» e che «dal punto di vista industriale ci sono ragioni valide per il progetto, che dunque potrebbe trovare anche motivazioni più forti». Questa mattina ha usato molti condizionali anche l’assessore al Bilancio del Comune di Rimini, Gianluca Brasini, intervenuto nella 5 commissione consiliare riunita a seguito di una mozione presentata da Gennaro Mauro e finalizzata a comprendere le «ricadute sul territorio riminese» del matrimonio annunciato fra Rimini e Bologna ma ancora senza nessun dettaglio sulla celebrazione né, soprattutto, sulle reali intenzioni dei promessi sposi. Va detto anche che il tema non è ancora entrato nella campagna elettorale riminese, pur rivestendo una importanza centrale.

Cominciamo dalle rassicurazioni. Brasini ha posto alcuni paletti. Una governance in mano pubblica per la nuova aggregazione e il controllo paritario fra Rimini e Bologna («Rimini non si sarebbe mai approcciata a questo processo senza che in qualche modo venisse prioritariamente messo sul tavolo il principio che deve vederci contare il 50% esattamente come Bologna, si chiama fusione alla pari»), che secondo l’assessore sarebbero assicurati dalla Regione: «oltre che apportare dei capitali, l’ingresso della Regione garantisce la stabilità nel corso del tempo; ogniqualvolta il patto parasociale giunge a scadenza e dunque può essere rinegoziato, aprendo la strada a possibili situazioni di stallo ma anche di scalata, almeno due dei tre soci pubblici (Rimini, Bologna e Regione, ndr) in qualunque contesto garantiranno la governance e quindi l’espressione della lista di maggioranza della società, in sostanza viene in questo modo blindato il principio del controllo pubblico della società».
Ancora: «Il prospettato duplice aumento di capitale della Regione non porterà mai la Regione stessa a superare in percentuale il capitale sociale detenuto dai tre soci pubblici bolognesi e dai tre riminesi; per ipotesi, se Rimini avrà una quota del 25% e Bologna del 20% come soci pubblici, l’accordo è che la Regione non supererà nessuna delle due compagini pubbliche ma potrà esercitare quel ruolo di stabilizzatore nel lungo periodo dal punto di vista del patto parasociale tra soci pubblici che dovrà legare Rimini (insieme a Vicenza), Bologna e la Regione».
Secondo paletto. «Rimini Congressi è il socio che singolarmente avrà più azioni. Le compagini sociali – nel caso in cui l’operazione dovesse andare in porto – sono diverse: nel caso di Rimini i tre soci pubblici (Rimini Holding, la Camera di commercio e la Provincia,) sono rappresentati all’interno del capitale sociale di Ieg attraverso una subholding che è Rimini Congressi. Nel caso di Bologna, invece, i tre equivalenti soci pubblici (Città metropolitana, Comune e Camera di commercio) partecipano direttamente alla compagine societaria di Bolognafiere e insieme cubano una percentuale di controllo della società BolognaFiere inferiore a Rimini Congressi», sono state le parole di Brasini. «Sono diversi gli equilibri perché Bologna ha maggiormente una componente proveniente dal mondo privato mentre Rimini ha una forte componente di pubblico e soprattutto essendo quotata in borsa ha azioni detenute da fondi di investimento, banche, eccetera, quindi un diverso assetto rispetto a Bolognafiere».
Ma il fondamento che dovrà vedere sulla bilancia due pesi uguali sarebbe assicurato dalla Regione con «un forte aumento di capitale». Questo è il perimetro di gioco «dentro il quale si gioca una partita molto difficile». E qui Brasini ha spezzato una lancia a favore di Rimini: «Negli ultimi mesi è stato più volte richiamato il tema delle difficoltà che hanno le società fieristiche in questa fase, non è un mistero però che Ieg nel 2020 è stata la società che in Italia ha avuto le migliori performance, addirittura con un fatturato in valore assoluto superiore a quella di Milano. Ed ha chiuso il bilancio 2019 con oltre 12 milioni di euro di utile dopo le imposte, una performance incredibile».
Detto questo, seppure si cominci a respirare un certo ottimismo perché dal 15 giugno ripartiranno gli eventi congressuali in presenza, dal 1 luglio anche gli eventi fieristici, e dal 25 maggio la fiera ospiterà il Volleyball Nations League (con 32 nazionali di volley provenienti da tutto il mondo che si incontreranno seguendo «il modello che è stato utilizzato a Orlando in Florida per le finali NBA, con le squadre isolate in modalità “bolla”, alberghi riservati eslcusivamente alle nazionali, trasporti senza alcun rischio di promiscuità con i turisti così come gli alberghi, partite all’interno dei padiglioni della fiera in totale isolamento» ha detto Brasini) e poi da settembre ricominceranno anche tutti i principali eventi (Ttg, Ecomomndo, arrivando al Sigep di gennaio), il percorso verso la fusione non è una passeggiata. Un’altra nota di ottimismo, sottolineata da Brasini e Gabellini, riguarda anche il titolo di Ieg che comincia a risalire. Collocato il 3 giugno 2019 a 3,70, «nel periodo più buio della pandemia» si è dimezzato crollando a 1,85 e adesso è ritornato a superare i 3,40 «perché c’è una aspettativa di ripresa, io credo a prescindere dalla unificazione con Bologna, ma di certo l’eventuale unificazione darebbe uno sprint, un valore aggiunto di notevole importanza» secondo Marino Gabellini, amministratore unico di Rimini Congressi.

L’andamento del titolo Ieg risalito a 3,40 dopo essersi dimezzato, nel periodo più difficile, rispetto alla collocazione iniziale di 3,70.

La fusione «creerebbe il primo gruppo fieristico italiano, Bologna e Rimini (con Vicenza) insieme darebbero vita una società con fatturato, Ebitda e numero di eventi superiore alla fiera di Milano, oggi primo player italiano, e farebbe balzare questa società tra i primi tre gruppi a livello europeo, quindi in piena concorrenza con i grandi competitor tedeschi». «E’ chiaro che si tratta di una operazione sfidante, ambiziosa, importante, non so se imprescindibile ma sicuramente strategica». E a Gennaro Mauro che ha reclamato maggiore coinvolgimento della minoranza sulle decisioni relative alla fusione, Brasini ha risposto che la «delicatezza e la strategicità di questa società per il territorio riminese impongono a tutti la massima attenzione ai numeri, alle prospettive, alla governance, alla stabilità pubblica, e a noi come amministratori anche il principio della massima trasparenza; nel momento in cui questa operazione dovesse avere le caratteristiche per essere portata all’esame delle commissioni e del consiglio comunale saremo assolutamente disponibili a tutti gli approfondimenti del caso».

E’ toccato a Gabellini tratteggiare il sistema di governance fieristico-congressuale e toccare lo spinoso capitolo dei debiti.
«Rimini Congressi alla fine del 2020 ha portato a termine l’operazione di fusione per incorporazione con Società del Palazzo dei Congressi e oggi il sistema fieristico congressuale di Rimini non ha più due subholding come in passato (Rimini Congressi deteneva la partecipazione di controllo di Ieg e Società del Palazzo dei Congressi che aveva la proprietà dell’immobile adibito a palacongressi). Oggi tutto è in capo a Rimini Congressi, che pur controllando una quota di poco inferiore al 50%, in assemblea rappresenta oltre il 55% grazie all’istituto del voto maggiorato che è entrato in vigore col nuovo statuto a partire dalla quotazione in borsa di Ieg.
«Questo ha permesso di realizzare una serie di economie, fondamentalmente di abbattere i costi fissi, ed ha portato sotto un unico contenitore non solo i due asset ma anche i due finanziamenti: il mutuo contratto nel 2010 con Unicredit di 46,5 milioni di euro originari, e il mutuo di originari 28 milioni contratto con Monte dei Paschi di Siena da parte di Società Palazzo dei Congressi». I debiti erano tanti, complessivamente quasi 90 milioni di euro, e ne restano «circa 37 milioni e mezzo» così distribuiti: «circa 15 milioni nei confronti di Unicredit e 22 milioni 600 mila nei confronti di MPS».
E adesso cosa succede, considerati i debiti e i bilanci messi a dura prova dal Covid? Pur senza dividendi, Rimini Congressi può continuare a contare su una entrata di 1 milione 600mila euro l’anno fra affitto del Palas (che nel 2020 è stato comunque abbassato a Ieg), canoni dei negozi di via della Fiera, locazione del lastrico solare per le antenne di telefonia mobile e royalties pagate dal sistema alberghiero riminese per i pernottamenti garantiti dagli eventi ospitati al Palas (quest’ultima voce nel 2020 si è fortemente ridimensionata). Ma Gabellini è stato chiaro: «Per poter adempiere regolarmente alle obbligazioni derivanti dall’ammortamento dei due mutui serve un importo maggiore, perché oggi “vuoto per pieno” occorrono circa 2 milioni 600mila euro, circa 1 milione in più rispetto alle dotazioni ordinarie di Rimini Congressi. Quindi è assolutamente indispensabile che riprendano quanto prima i dividendi da parte di Ieg. E’ chiaro che noi in questo momento è come se stessimo attraversando il deserto, siamo in carenza di acqua, di risorse finanziarie, ma siamo già intervenuti perché abbiamo le disponibilità liquide per poter affrontare la scadenza del mutuo al 30 giugno 2021, e a questa data verranno onorati regolarmente gli impegni sia nei confronti di Unicredit e sia nei confronti di MPS, facendo scendere il debito residuo di ulteriori 900 mila euro».
Per attraversare il deserto Rimini Congressi sta trattando con le due banche (incontrando la loro «disponibilità») una sorta di moratoria per i due mutui fino alla fine di giugno 2022, e poi rinegoziando gli stessi mutui con una «ricalibrazione delle modalità di estinzione del debito, vale a dire non più una rata unica fissa tutti gli anni suddivisa in quote capitali e quote interessi ma una rata che per i primi anni sarà molto bassa».
E’ chiaro, ha proseguito Gabellini, «che il processo di aggregazione di cui si sta parlando e che auspico personalmente possa essere portato a termine pur con tutte le cautele e precauzioni di cui ha parlato anche l’assessore, potrà rappresentare una sorta di acceleratore per quanto riguarda il piano industriale di Ieg e quindi la possibilità che Italian Exhibition Group possa ritornare a distribuire utili. In sede di approvazione del bilancio 2019 (12,6 milioni di utile al netto delle imposte) Rimini Congressi avrebbe potuto percepire un dividendo veramente importante ma è stata fatta la scelta di non distribuire il dividendo e quindi di accantonare a riserva a causa di quello che è successo con lo scoppio della pandemia. E’ stata una scelta azzeccata per quanto riguarda la società, ma ha creato delle difficoltà fino ad oggi superabili per Rimini Congressi. E’ chiaro che dal secondo semestre 2021 Rimini Congressi avrà delle maggiori difficoltà, ma nel frattempo ci sarà stata la ripresa delle attività fieristiche e congressuali, il calendario di Ieg è già abbastanza nutrito e c’è la ragionevole aspettativa che il bilancio 2021 possa recuperare, se non in toto quanto meno in gran parte, le perdite del 2020. E’ lecito aspettarsi nel 2021 un risultato, se non di pareggio, di leggera perdita e poi è ipotizzabile a partire dal 2023 un ritorno agli utili, che vuol dire la possibilità per Rimini Congressi di introitare dei dividendi non prima del 2024». La traversata del deserto è quindi ben più lunga di un anno.
«Questo è l’obiettivo che ci si prefigge e che rieteniamo possa mettere in tranquillità i conti di Rimini Congressi. Tutto questo si è reso possibile grazie all’abbattimento del debito residuo a seguito della quotazione in borsa di Ieg, che ha permesso a Rimini Congressi di introitare somme importanti».

Richieste di chiarimenti e dubbi da parte della minoranza (scena muta da parte dei consiglieri di maggioranza).
Gennaro Mauro: «Cosa ne pensa il socio di Vicenza sul processo di aggregazione? Non sarebbe meglio coinvolgere tutto il sistema fieristico regionale compresi Parma e Cesena? Chi deciderà se un evento fieristico nuovo potrà essere realizzato in un territorio anziché in un altro? C’è davvero la necessità di questa aggregazione?». Tasto battuto anche da Gioenzo Renzi.
«Il socio vicentino non ha mai dimostrato ostilità ad una operazione industriale di questo genere, anzi. Ricordo che rispetto ai patti che ci legano con Vicenza, ha diritto ad un amministratore sia oggi che in caso di ampliamento della compagine sociale» ha precisato Brasini. Garanzie anche sulla permanenza degli eventi fieristici sul territorio: «Lo statuto di Ieg, che poi è l’incorporante, prevede una clausola grazie alla quale gli eventi che generano fatturato sopra i 3 milioni di euro rimangano nelle sedi proprie e questa è una garanzia per tutti. E d’altra parte l’indotto economico è il motivo per il quale i soci pubblici mantengono la governance di queste società».
Non solo. La convinzione dell’assessore al Bilancio è che «Rimini e Bologna sono due società fieristiche altamente complementari e che hanno sviluppato business diversi. Rimini ha costruito una storia recente di successi legati principalmente alla detenzione di marchi che sono diventati business unit all’interno di Ieg, quelli che una volta erano semplicemente eventi legati a terzi, oggi sono sostanzialmente aziende nell’azienda, di proprietà di Ieg». Ma anche al termine di questo ragionamento ha ribadito che la fusione «è una operazione molto complessa, molto delicata, soprattutto alla luce del fatto che consideriamo la Fiera il nostro principale gioiello». E non sia mai che venga fatto sparire dalla cassaforte.
Critiche da Brasini ai “ristori” del governo alle Fiere e alle “regole” Ue: «Sui contributi dello Stato siamo ancora al nulla in questo ambito, manca un fondo nazionale per questo specifico settore e non è stato ancora rivisto il regime de minimis che impone alle pubbliche amministrazioni, attraverso contributi diretti a queste società, dei limiti che oggi non permettono neanche, nel caso le amministrazioni pubbliche socie fossero nelle condizioni di farlo, di sostenere queste società».

Interrogativo di Gioenzo Renzi: che fine ha fatto il piano industriale di Ieg che prevedeva la realizzazione di un nuovo grande padiglione, parcheggi a mare della statale, il collegamento col nuovo assetto viario a Rimini nord ed altro? E’ ancora valido oppure è stato sospeso in attesa di tempi migliori?
Brasini: «E’ ancora in essere e solo spostato in avanti a causa della situazione che stiamo attraversando, passata la tempesta della pandemia si potrà ripartire anche con la politica degli investimenti».
Quali saranno i termini della partecipazione della Regione? «Non si può dire oggi, l’importo che si tradurrà in una percentuale di compartecipazione al capitale non lo possiamo conoscere se non in delle “forchette”, e quello che abbiamo stabilito ex ante con la Regione è che, se mai questa operazione andrà in porto, dovrà rimanere al di sotto dell’insieme delle partecipazioni dei soci pubblici di Rimini e di Bologna».
Gennaro Mauro: «Quale sarà la tempistica del processo di fusione per incorporazione?».
Brasini: «Chiaramente i tempi sono molto stretti ma questo non vuol dire che se l’operazione non si dovesse chiudere all’interno dei mandati Merola e Gnassi, non vada in porto. E’ ovvio che non sappiamo chi saranno i futuri sindaci ma crediamo che come sempre prevarranno le ragioni strategiche, industriali… se l’operazione trova gli equilibri giusti credo che si potrà fare anche successivamente. Non mi sento di fare previsioni ma prima o poi si farà».

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