«No al secondo esilio della statua di Cesare»: appello  ai riminesi, a Sgarbi e Paolucci

«No al secondo esilio della statua di Cesare»: appello ai riminesi, a Sgarbi e Paolucci

Collocarla nel giardino archeologico del Lapidario, accessibile a pagamento, significherebbe nasconderla alla libera vista dei più. La piazza la attende da 70 anni. Chiunque abbia a cuore la Storia della città faccia sentire la propria voce. L'intervento dell'avvocato Gaetano Domenico Rossi, coordinatore di Aries, che si rivolge anche al critico d'arte e parlamentare e al riminese illustre, ex direttore dei Musei Vaticani.

Al Presidente Commissione Cultura del Comune di Rimini

Ai cittadini riminesi, alle Associazioni culturali, agli studiosi di Storia

e per opportuna conoscenza ai fini di un auspicabile supporto,

Ill.mo On. Vittorio Sgarbi – Ill.mo Prof. Antonio Paolucci

Nel discorso rivolto ai presenti alla ristretta cerimonia che il 14 del c.m. ha fissato nella storia cittadina il momento dello “storico” passaggio delle consegne fra Amministrazione militare ed il Comune formalizzando così la restituzione alla città del simulacro bronzeo rappresentante Giulio Cesare dopo 70 anni dal suo deposito nella omonima Caserma, l’assessore Giampiero Piscaglia ha parlato del progetto di riposizionamento della statua nel Giardino archeologico del Lapidario, secondario cortile interno del Museo civico, accessibile a pagamento, e che sarebbe quindi così nuovamente destinata a restare solo virtualmente fruibile e comunque pressoché nascosta alla libera vista dei più.
Diversa, riduttiva e penalizzante versione (a pagamento) rispetto a quella affidata alle dichiarazioni di “Palazzo Garampi”, riportate dal Resto del Carlino del 14 aprile 2019 – “E’ nostra intenzione di riappropriarci una volta per tutte della statua di Giulio Cesare per ricollocarla in piazza”, dicevano – e che non corrisponde agli auspici e speranze di tanti cittadini, di uomini di cultura e della nostra stessa Associazione, che si è sempre adoperata per il rientro di Cesare nell’antico Foro ove dovrebbe esser ricollocata certo a miglior diritto e ragioni della copia della copia che si vuole invece valorizzare in suo luogo.
Si è appreso quindi che la statua può essere spostata dalla Caserma al Lapidario; a maggior ragione potrebbe allora esser più coerentemente deciso di fermarla esattamente a metà strada, in quella stessa piazza – oggi Tre Martiri – che la attende dal 1953, anno del primo esilio, per esser collocata sul basamento che vi verrà riposizionato secondo un progetto che sarebbe già “in via di approvazione” ben potendosi a quel punto collocare al Lapidario la copia della copia, realizzata nel 1996, o più proficuamente, destinare quest’ultima in quel di San Vito, per alcuni studiosi il vero luogo dello storico passaggio, dove Pro loco ed altri auspicavano fosse trasferita al momento del rientro del legittimo titolare nella piazza centrale.
Relegare invece la copia originale del Giulio Cesare in quel poco frequentato cortile interno per vedere la quale occorrerebbe perfino pagare un biglietto di ingresso, significherebbe privare intenzionalmente per una seconda volta tutti noi riminesi della piena libertà di godere di un pezzo significativo della nostra storia e del nostro patrimonio.
Né l’Amministrazione potrebbe giustificarsi dietro l’asserita attesa di ipotetiche disposizioni della Soprintendenza, visto che in tema di mero “spostamento di un bene tutelato a motivo del mutamento di sede del detentore” (dismissione della Caserma), il Codice dei Beni Culturali, nel testo attualmente vigente (art. 21 Dlgs 22.1.2004 n.42) non prevede che occorra autorizzazione alcuna, né preventiva né postuma, e tanto meno prevede che la Soprintendenza possa esprimere “valutazioni” sulle scelte, collocazione e sull’opportunità o meno dello spostamento, potendo solo disporre – entro un termine di 30 giorni dalla comunicazione del necessario trasferimento – eventuali cautele e precauzioni da tenersi nello spostamento stesso.
E quand’anche la Soprintendenza ne avesse il potere, non è credibile né plausibile che possa suggerire o imporre al Comune di collocare in quel defilato Lapidario la copia del 1933 – che è pur sempre un pregevole originale – e di esporre in piazza alla vista di tutto il mondo… la copia della copia datata 1996.
Rivolgiamo pertanto un appello ai cittadini riminesi, agli uomini di cultura liberi da condizionamenti ideologici, alle Associazioni culturali della città, ai rappresentanti degli interessi dei cittadini all’interno del Consiglio Comunale, al Presidente della Commissione cultura – cui questo appello è in particolare diretto – a chiunque abbia a cuore la Storia della città, nell’auspicio che ciascuno – se ne condivide il fine – voglia far sentire in qualsiasi modo la propria voce facendo pressioni sull’Amministrazione allo scopo ultimo di ottenere che possa esser abbandonata l’idea ingiustamente penalizzante del collocamento della copia originale della statua in quel nuovo defilato esilio; copia “storica” che sarebbe invece doveroso riportare nell’antico Foro, in quella piazza che l’attende da settanta anni.

Ass. A.R.I.E.S.
Avv. Gaetano Domenico Rossi, Segretario Coordinatore

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