I dipendenti del Comune di Rimini macinano risultati ma l’adeguamento degli stipendi non arriva

I dipendenti del Comune di Rimini macinano risultati ma l’adeguamento degli stipendi non arriva

L'assessore Brasini ha illustrato i dati positivi delle performance della macchina amministrativa. Per i dipendenti il carico di lavoro aumenta. Ma s

L’assessore Brasini ha illustrato i dati positivi delle performance della macchina amministrativa. Per i dipendenti il carico di lavoro aumenta. Ma sono in attesa che Palazzo Garampi applichi le novità economiche contenute nella legge di “Stabilità” (n. 190 del 23 dicembre 2014).

L’assessore al bilancio Gianluca Brasini si vanta del miglioramento delle performance del Comune di Rimini. E’ aumentato l’indice di produttività dell’ente (+04% sul 2013, + 4,8% rispetto al 2009 e + 14% sul 2002), quello cioè che misura il rapporto tra risultati conseguiti e risorse utilizzate. Brasini spiega che il Comune di Rimini nel 2014 è riuscito ad “ampliare e migliorare i servizi al cittadino e agli utenti”. Tutto questo a fronte di una “costante riduzione del personale”, sceso negli ultimi 5 anni da 1.210 q 1.165 unità, i dirigenti da 31 a 23. Di chi sarà il merito? Della cosiddetta “macchina comunale”, che però attende da Palazzo Garampi il riconoscimento dei “diritti” introdotti dall’ultima legge di stabilità.

La manovra di contenimento della spesa pubblica di luglio 2010, ha bloccato la contrattazione fino al 2013 (poi ulteriormente bloccata dalla manovra di luglio 2011 fino al 2014), stabilendo che, nello stesso periodo, le retribuzioni individuali complessive dei pubblici dipendenti non possono superare quelle percepite nel 2010 e i fondi contrattuali devono essere ridotti in misura corrispondente alla riduzione del personale.
Tali misure hanno impedito l’adeguamento delle retribuzioni all’inflazione e i tagli di personale hanno generato l’incremento dei carichi di lavoro derivanti dalla riorganizzazione dei servizi pubblici.
In questi anni, dal 2010 al 2014, i dipendenti pubblici, in particolare quelli delle autonomie locali, hanno sopportato un maggior carico di lavoro distribuito su un minor numero di lavoratori, col seguente risultato: meno unità, più lavoro, meno guadagno!
L’applicazione poi, del Dlgs 150/2009 (Riforma Brunetta) ha comportato la riduzione delle materie contrattuali, con il sindacato relegato ad un ruolo di sola “informazione”, e ha reso i dipendenti pubblici più deboli e indifesi.

I sacrifici economici imposti dall’art. 9 del D.l. 78/2010 del congelamento contrattuale nel triennio 2011 – 2014, ha ingiustamente ridotto gli adeguamenti stipendiali di quei lavoratori pubblici, in particolare degli enti locali, che percepiscono salari poco più che assistenziali.
L’unico elemento di potenziale equità del D.l. 78/2010, art. 9, che era stato introdotto, ovvero il cossiddetto “contributo di solidarietà” per i redditi superiori a 90.000,00 €, è stato cassato dalla sentenza n. 223/2010 della Corte Costituzionale.

La circolare stessa, del Ministero delle economie e delle finanze n.12 del 15 aprile 2011 chiarisce: “… non vanno considerate nel tetto del 2010 …le somme per specifici incarichi conferiti nel triennio 2011-2013 come le retribuzioni per posizioni organizzative, le indennità di coordinamento e di responsabile di ufficio e… analogamente, la preposizione ad un diverso ufficio dirigenziale può comportare il riconoscimento di un trattamento economico superiore a quello spettante nel 2010, fermi restando comunque i limiti dell’ultimo periodo del c. 2 dell’art. 9 e cioè, una riduzione del 5% laddove l’incarico conferito ecceda i 90.000,00 euro o, del 10% laddove l’incarico ecceda i 150.000,00 euro. Per cui l’aggravio economico per alcuni è davvero attenuato!
Và da sé che il carico vero, del rigore della spesa pubblica, è stato sostenuto da quei salari minimi che potevano contare solo sugli incrementi di promozione professionale: le cosidette “progressioni economiche all’interno della categoria”.
Il blocco delle progressioni economiche all’interno della categoria di inquadramento, ha impattato in maniera devastante sulla dinamica salariale, sulla capacità contributiva in relazione al mantenimento del contributo cosiddetto “opera di previdenza” per il TFS, e sulle stesse motivazione del personale.

Com’è noto la legge di stabilità 2015 n. 190 del 23 dicembre 2014 ha liberalizzato in materia di contratti decentrati e di trattamento economico dei dipendenti degli enti locali.
Per cui tornano ad essere liberi da vincoli e congelamenti per i dipendenti pubblici:
1) il tetto del trattamento ordinariamente spettante al dipendente;
2) l’ammontare dei fondi per il trattamento accessorio;
4) le progressioni di carriera comunque denominate.
I dipendenti pubblici dal 1 gennaio 2015 hanno diritto – per effetto della legge di Stabilità (Legge 23 dicembre 2014, n. 190 art.1 c. 256) ad avere corrisposto in busta paga l’importo economico della progressione giuridicamente perfezionata negli anni 2011-2014 senza diritto di arretrati.
Già, perchè in questi anni 2011-2014 il datore di lavoro pubblico, “la Dirigenza”, ha dovuto comunque adempiere agli obblighi di gestione della risorsa di personale assegnatole, ai fini del raggiungimento degli obiettivi programmati su base triennale e definiti prima dell’inizio del rispettivo esercizio di bilancio, dagli organi di indirizzo politico-amministrativo.
Per cui il datore di lavoro pubblico ha proceduto ad attribuire in modo selettivo, ad una quota limitata di dipendenti, in relazione allo sviluppo delle competenze professionali ed ai risultati individuali e collettivi rilevati dal sistema di valutazione, le progressioni giuridiche, come per legge.
I dipendenti pubblici, quelli delle categorie, purtroppo, dal 1 gennaio 2015 avranno retribuito in busta paga solo l’ultima progressione giuridicamente perfezionata all’interno della categoria frutto delle selezioni 2010-2014, senza diritto di arretrati. Poiché il contratto del 2008, ai fini di tali progressioni, ha fissato un periodo minimo di permanenza in ciascuna posizione economica di due anni, come pure il DLGS n.150 del 2009 “… la permanenza , per tre anni consecutivi, ovvero per cinque annualità anche non consecutive, costituisce titolo prioritario ai fini dell’attribuzione delle progressioni economiche..”
Quindi la collocazione del personale è all’interno della categoria, nella posizione che risulta dalla fotografia della dotazione organica al 1 gennaio 2015. E’ questa la posizione giuridicamente perfezionata che deve essere liquidata da gennaio 2015 senza possibilità di recupero degli arretrati!
Occorre ricordare che la “progressione economica orizzontale” è un istituto contrattuale introdotto con il CCNL del 31 marzo 1999 determinato il nuovo ordinamento professionale dei dipendenti delle Autonomie locali, sostituendo alle “vecchie” qualifiche funzionali (dalla prima all’ottava) le quattro categorie A, B, C, D. Il passaggio all’interno della categoria di appartenenza si realizza mediante un sistema premiante meritocratico che consente di accedere alle posizioni economiche successive a quella di inquadramento.

Così un lavoratore assunto nella categoria
A1 può progredire fino A5
B1 può progredire fino B7
C1 può progredire fino C5
D1 può progredire fino D6

Le progressioni comportano un incremento dello stipendio tabellare e a fini pensionistici.
L’incremento è stabilito dal CCNL del 31.07.2009 che stabilisce i differenziali di stipendio tabellare dal gennaio 2009, valori in euro per 12 mensilità cui si aggiunge la tredicesima mensilità.

Tabella allegata al CCNL del 3.7.2009

tabella-stabilita

L’adempimento della progressione giuridica ed economica è contrattuale e normativo.
E’ stabilito dalla legge , del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, dlgs 150 del 2009 e dal CCNL 31.3.1999. L’applicazione dell’istituto comporta una serie di adempimenti.
Infatti, la valutazione delle attività e dei risultati è effettuata dal dirigente al termine del periodo annuale di valutazione, in correlazione con il sistema permanente di valutazione delle prestazioni e dei risultati, confluito nel sistema della performance del Dlgs n.150 del 2009 che all’art. 23. “Progressioni economiche” recita:
1.Le amministrazioni pubbliche riconoscono selettivamente le progressioni economiche di cui all’articolo 52, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, come introdotto dall’articolo 62 del presente decreto, sulla base di quanto previsto dai contratti collettivi nazionali e integrativi di lavoro e nei limiti delle risorse disponibili”.

Le risorse necessarie per il loro finanziamento, che hanno destinazione vincolata (sono allocate nella parte così detta “stabile” delle risorse del salario accessorio, senza alcuna possibilità di destinarle ad altre finalità) negli anni che vanno dal 2011 al 2013, per disposizioni della legge finanziaria, ono finite in economia al bilancio dell’Ente senza otere essere destinate al finanziamento di altre forme di salario accessorio.
Sono queste le indicazioni che il Ministro dell’Economia ha dettato nella circolare n. 12/2011, che la Ragioneria Generale dello Stato ha ribadito nella circolare n. 16/2012.

1) La legge di stabilità L.190 del 2014 toglie i vincoli dell’art. 9, del D.L. n. 78/2010 per cui:
– possono ripartire le progressioni economiche;
– gli Enti possono aggiungere nuove risorse sul fondo, oltre quelle del 2010;
– le Amministrazioni acquistano una forma di flessibilità maggiore nella determinazione di tali risorse;
– sono rese disponibili le risorse che erano state inserite nei fondi in questi anni, ma che dovevano essere recuperate in economia al bilancio dell’ente, con divieto quindi di essere utilizzati per corrispondere altre indennità;
-non sono più riproposti i tetti al fondo per la contrattazione collettiva decentrata integrativa dall’articolo 9, comma 2 bis, del DL n. 78/2010. Per cui le amministrazioni acquistano una forma di flessibilità maggiore nella determinazione di tali risorse;
sul versante del trattamento economico individuale vengono meno sia il divieto di superare quello in godimento nel 2010 sia il blocco della erogazione dei benefici economici connessi alle progressioni disposte negli anni dal 2011 al 2014;
– i vincoli alle progressioni economiche, sono solo quelli fissati dalla legge e dal CCNL, cioè la necessità di una scelta meritocratica sulla base della metodologia adottata dagli Enti.

Del resto il blocco del rinnovo dei contratti nazionali prosegue dal 2010 per gli aspetti economici e sono bloccati anche per il 2015.
Il prolungarsi del blocco ha determinato una riduzione del potere d’acquisto dei salari dei dipendenti pubblici che è stato stimato essere superiore al 10%, ad esso si accompagna il blocco della indennità di vacanza contrattuale, che rimane fissata nella misura introdotta nel corso del 2010.

Alla luce delle inequivocabili disposizioni della legge di Stabilità L. n. 190 del 23 dicembre 2014, che non può dare adito a deroghe, ciascuno per le proprie competenze Amministrazioni pubbliche, Organizzazioni Sindacali e Rappresentanze aziendali “RSU”, a quasi sei mesi dall’entrata in vigore delle legge 190/2014, debbono adoperarsi al fine di consentire il dovuto adeguamento stipendiale al personale avente diritto.

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