I libri non valgono niente. Portiamoli in piazza al posto dello “street food”

I libri non valgono niente. Portiamoli in piazza al posto dello “street food”

Con l’introduzione del digitale anche nei luoghi più tradizionali e materiali del mondo, le biblioteche, i libri finiscono per non valere più niente. A Cervia, li infilano in cassetti ritagliati in un grande albero. A Riccione si sono adeguati ai nuovi trend turistici. Le biblioteche di Cesenatico, Coriano, Morciano, invece...

La prima volta che li ho scoperti, questi libri girovaghi, ho provato uno shock salutare. Ero in ospedale, in attesa di un esame che mi terrorizzava. Vicino alle sedie di plastica bianche, faceva mostra di sé una piccola mensola trasparente. E sopra, c’era l’ultimo oggetto che ti aspetteresti di trovare nella corsia di un ospedale: un libro. Un amico, dovrei dire: si trattava infatti di Fahrenheit 451 di Bradbury, un classico della mia giovinezza. L’avevo letto più volte e ovviamente era presente nella mia libreria. Un’etichettona rossa ne sfigurava la copertina ma era lui. Sopra c’era scritto: Prendimi leggimi e fammi girare.
Troppo bello per essere vero, era praticamente mio. L’ho preso, l’ho sfogliato, ho cercato una frase che ricordavo a memoria, l’ho infilato nella borsa prima di entrare a fare l’esame clinico. E quando mi sono risvegliata, l’ho subito ripreso in mano. Per un momento, mi ha aiutato a vivere. A modo mio, l’ho anche fatto girare. Me lo sono tenuto in casa, oramai inevitabilmente affezionata – come capita con i libri – al formato, alla consistenza delle pagine, a quella particolare orecchia, persino all’orrenda etichetta -, però poi l’ho passato anche ai figli, alle nuore.
Poi ho scoperto che la moda stava prendendo piede in tutta la Romagna (in realtà, mi è capitato di passare due giorni nel Cilento e di scoprire che qualche bar aveva eretto, vicino ai tavolini, uno scaffale di libri con l’etichetta rossa, in tutta evidenza offerti dalle biblioteche del posto. Ma i gestori, a domanda, rispondevano che erano in vendita). Sono capitata in una Coop e ho trovato all’ingresso una improvvisata libreria in disordine, con volumi che andavano dai romanzi della Delly (a giudicare dall’usura, i più gettonati), ai soliti Gialli Mondadori a qualche raro Dostoevskij, Il villaggio Stepancikovo e i suoi abitanti, l’unico romanzo comico dello scrittore russo. Anche questa volta, con una certa emozione, ho seguito le indicazioni: “Prendimi leggimi, ecc.”, e l’ho portato a casa.
A tema, non è il fatto risaputo che sono politicamente scorretta e ho una irrimediabile tendenza al possesso delle cose che amo. Ma piuttosto un’evidenza, cresciuta poco a poco: con l’introduzione del digitale anche nei luoghi più tradizionali e materiali del mondo, le biblioteche, i libri finiscono per non valere più niente. A Cervia, li infilano in cassetti ritagliati in un grande albero posto davanti alla biblioteca, coperti con plastica trasparente che non impedisce che le pagine si impregnino di umidità e si gonfino. Li ho esaminati (senza toccarli, questa volta): sono quasi tutti libri per bambini in tedesco. Ma vengono ancora in vacanza da noi, i tedeschi?
A Riccione si sono adeguati ai nuovi trend turistici: fuori dalla porta della biblioteca, all’entrata, c’è una piccola libreria con qualche libro in russo e tanti, tantissimi vangeli. Da dove verranno? E soprattutto, chi mai li leggerà? I libri doppi della biblioteca – risponde uno dei bibliotecari quando telefono per informarmi -, quelli vecchi e rovinati ma anche quelli messi ancora bene, vengono invece distrutti perché le proprietà in disuso del demanio così devono essere trattate. Per legge. Alle mie proteste inorridite – rogo o discarica che sia, i libri per la mia generazione sono sacri -, si mette a ridere.
Sdegnosa, la biblioteca di Cesenatico tratta solo i classici libri in prestito, così come la Gambalunga di Rimini. Fanno eccezione Coriano e Morciano. La prima, che ha una biblioteca curatissima, ha allestito uno spazio appetitoso per gli amanti del genere, dove i libri si possono prendere, portare, scambiare, con assoluta libertà. E a Morciano, le bibliotecarie, che sono signore belle e cortesi, hanno predisposto qualche scaffale all’entrata con volumi free: un libro per attrarre visitatori all’interno. Bell’idea.
Morale: è vero, i libri non valgono più niente, nonostante i rapporti sullo stato dell’editoria suggeriscano che il mercato del libro nel 2016 è cresciuto di un timido 2.3%, dopo quattro lunghissimi anni di profonda crisi. Nel giro di qualche decennio, tutte le edizioni saranno digitali. Nel 2016, la produzione relativa ai due mercati, quello della carta e quello degli e-book, si è allineata: 65.000 nuovi titoli contro 63.000. Resta ancora alto il divario nelle vendite ma è solo questione di tempo. E’ una realtà triste, certo, ma proviamo a separare il valore monetario da quello culturale ed affettivo. Scopriremo che un libro, comunque, vale. A volte moltissimo. Per un volume caro si può condurre una battaglia: lo si può adottare, regalare, difendere, imparare a memoria, come facevano gli eroi di Fahrenheit. Idea: e se li portassimo in piazza al posto dello street food?

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