Il Mao del Vaticano è made in Rimini

Il Mao del Vaticano è made in Rimini

Una lunga carriera nel servizio diplomatico della Santa Sede iniziata negli anni 70. A capo del Pontificio consiglio per le Comunicazioni sociali, è l'artefice dello sbarco del papa su Twitter. Francesco si sposta su una utilitaria Ford Focus, il monsignore su una Bmw X3, con la quale ogni tanto torna anche a Rimini. Il suo nome è rimbalzato negli ultimi mesi sulla stampa per le scottanti questioni sino-vaticane. Ecco perché.

Papa Francesco si sposta su una Ford Focus. Ci è andato anche al Quirinale con l’utilitaria. Monsignor Claudio Maria Celli, il prelato riminese che ha fatto carriera nel servizio diplomatico Vaticano, viaggia su una Bmw X3, color grigio scuro. Celli conosce bene lo stile austero di Bergoglio e quando il papa fece visita a Giorgio Napolitano, il Pontificio consiglio per le comunicazioni sociali, di cui era presidente lo stesso Celli, diffuse un famoso tweet con la foto del papa intento a salutare dal finestrino dell’auto romani e turisti. Per chi volesse invece salutare il raffinato monsignore, il segnale della sua presenza in città è il Bmw parcheggiato davanti a casa, con targa CV, Città del Vaticano.

Per le feste pasquali mons. Celli è tornato a Rimini, dove è nato nel 1941 e dove abitano i suoi familiari. Un po’ di riposo dopo tanto impegno sui dossier Santa Sede – Cina che l’hanno fatto finire negli ultimi mesi nell’occhio del ciclone.
Mons. Celli non riesce a smettere di lavorare. Per lui il pensionamento è arrivato nel 2016 ma il suo nome continua ad essere legato alla attualità della vita della Chiesa e su temi particolarmente importanti.

Il suo primo incarico nel servizio diplomatico della Santa Sede risale al 1972, quando viene nominato addetto nella Nunziatura dell’Honduras, poi con altri ruoli si posta nelle Filippine e in Argentina, nel 1981 collabora alla Segreteria di Stato col card. Agostino Casaroli ed è inviato in varie parti del mondo. Nel 1990 un altro passo in avanti nella carriera: Celli diventa Sottosegretario della Segreteria di Stato per i Rapporti con gli Stati e in questa veste nel 1993 vola a Gerusalemme per firmare lo storico “accordo fondamentale” che apre la strada alle piene relazioni diplomatiche fra Israele e Vaticano. E nel 1994, anche per questi meriti acquisiti sul campo, riceve il Sigismondo d’Oro (insieme e Pietro Arpesella) dalle mani di Giuseppe Chicchi, nel primo anno della istituzione del riconoscimento alle personalità che con la propria attività hanno onorato la città di Rimini. Per la giunta “cattocomunista” il premio al monsignore è anche una piccola riverenza alla Curia e al mondo cattolico progressista locale.

Mons. Celli è stato anche presidente del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali e del centro televisivo Vaticano. Il papa nel 2012 ha cominciato a “cinguettare” grazie a lui, dall’account @pontifex. Ideona o inutile inseguimento dei social modaioli? Non sono mancate le polemiche ma ormai anche i tweet fanno parte del “magistero ordinario papale”. E’ stato anche segretario dell’Apsa, l’organismo che amministra il patrimonio del Vaticano. Ma al di là dei ruoli ufficiali, il monsignore frequenta anche la bella società che conta: lo si è visto in mezzo a giornalisti e politici per presentare libri, a convegni, affettuosamente abbracciato a Romano Prodi o a consegnare premi cinematografici.

Mons. Celli è persona certamente preparata, che ha avuto “maestri” di spicco: il card. Silvestrini, il card. Casaroli e il card. Sodano. Ma non ci sono solo successi nel suo curriculum. Inviato dal papa in Venezuela al tavolo di dialogo tra il governo e l’opposizione, mons. Celli nel 2016 ha partecipato a due incontri e poi ha dovuto abbandonare senza gli attesi risultati. Il primo ottobre 2000 Giovanni Paolo II beatificò 120 martiri cinesi. Il governo di Pechino protestò energicamente ed attribuì alla scelta della data il valore di una provocazione, perché il primo giorno di ottobre festeggia la Repubblica Popolare Cinese. La coincidenza della canonizzazione con la festa della Repubblica fu oggettivamente infelice e le ripercussioni pesanti nei rapporto fra Santa Sede e autorità cinesi. Il regista in Vaticano verso i delicati rapporti con la Cina era mons. Celli. E di fatto lo è ancora.

Ultimamente il suo nome è rimbalzato sui media per qualcosa di poco piacevole soprattutto agli occhi dei cattolici cinesi.
L’informatissimo portale Asia News ha titolato così un articolo dello scorso gennaio: “Il Vaticano domanda ai vescovi legittimi di farsi da parte per lasciare spazio a quelli illegittimi”. La notizia clamorosa è che la Chiesa di Roma ha chiesto ai vescovi di Shantou e Mindong, riconosciuti dalla Santa Sede ma non dal governo cinese, di ritirarsi per lasciare spazio a due vescovi illeciti e scomunicati ma graditi al regime. “Da quando Cina e Santa Sede hanno ripreso i dialoghi ufficiali nel 2014, mons. Claudio Maria Celli, è stato messo fra i responsabili dei negoziati. Egli, pur essendo in pensione, ha lavorato in passato nella Segreteria di Stato, ed è molto pratico del dossier Cina-Vaticano, e per questo è stato in Cina diverse volte. La fonte pensa che il prelato presente all’incontro fosse mons. Celli. La fonte di Asia News afferma che “il vescovo straniero” ha spiegato a mons. Zhuang lo scopo del loro viaggio in Cina, che era fare qualcosa per raggiungere un accordo con il governo cinese, e quindi far sì che mons. Huang, il vescovo illegittimo, diventasse il vescovo ordinario della diocesi”. E le rivelazioni di Asia News hanno trovato conferma pochi giorni dopo nelle parole del card. Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong: “Sì, per quanto mi è dato sapere, le cose sono avvenute proprio come sono raccontate in Asia News (l’articolo di Asia News “crede” che il vescovo che guidava la delegazione vaticana [in Cina] fosse mons. Celli. Io non so con quale ruolo ufficiale egli fosse là, ma è quasi sicuro che fosse proprio lui a Pechino)”.

Il card. Zen ha addirittura scritto che a suo parere “il Vaticano sta svendendo la Chiesa cattolica in Cina”. La parte del parafulmine è toccata a mons. Celli. Tanto che la sala stampa della Santa Sede ha dovuto “sottolineare che il Santo Padre Francesco rimane in costante contatto con i Suoi collaboratori sulle questioni cinesi e accompagna i passi del dialogo in corso”.

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