A seguito di un precedente pronunciamento del Tribunale amministrativo regionale il Comune di Santarcangelo per l'insediamento della ex cava aveva emesso una ordinanza di «demolizione e rimessa in pristino». Ma non solo nemmeno un container è stato rimosso. Adesso il Tar dice che prevale la «salvaguardia storica e artistica». Perché per tutelare i performer ormai presenti da 30 anni in quel luogo sono scese in campo due Soprintendenze e l'amministrazione comunale ha ideato un Poc tematico, ad hoc.
La storia va avanti da quasi dieci anni. Con colpi di scena clamorosi, l’ultimo dei quali è di ieri.
Le opere abusive sono tali per tutti i comuni cittadini e il Comune dovrebbe comportarsi di conseguenza. Invece…
Una famiglia che abita vicino a Mutonia ha pensato che la legge avrebbe dovuta rispettarla anche la comunità che nel 1991 si è insediata nell’area della ex cava di Santarcangelo. E così ha cominciato una «battaglia» legale. Ha diffidato il Comune e questo – come rilevò il Tar nel 2013 – «ha ritenuto di respingerla senza condurre un’adeguata istruttoria resa necessaria dall’indicazione, contenuta nella diffida, dell’esistenza nell’area di una pluralità di manufatti abusivi. D’altra parte la stessa nota del Dirigente di Settore del comune intimato del 20.11.2012, depositata a seguito di istruttoria disposta da questo Tribunale, indica l’esistenza nei luoghi di una serie di manufatti che devono essere oggetto di precisa qualificazione da parte del comune al fine di verificarne la compatibilità con le norme in materia urbanistica ed ambientale». Tale era l’atteggiamento di «protezione» che il Comune manifestava, senza farne mistero, verso l’accampamento di artisti. E, come vedremo, ha continuato a manifestare.
Inizialmente il residente suo malgrado nei pressi di Mutonia ha avuto la meglio e l’amministrazione comunale ha dovuto trarne le conseguenze intimando all’insediamento “Mutoid Waste Company” la «demolizione e la rimessa in pristino» di tutto quanto costruito senza titolo: camper, roulottes, pullman, furgoni, container, tettoie e cassoni «abusivamente realizzati in area demaniale sottoposta a vincolo paesaggistico». Ma nulla è stato abbattuto e il Comune non ha mosso un dito. Anzi, qualcosa ha fatto, nel febbraio del 2014 ha revocato l’ordinanza. Quanti cittadini di Santarcangelo possono vantare lo stesso trattamento? Probabilmente nessuno.
Non solo. L’amministrazione «per legittimare i manufatti, il 5/12/2013 ha adottato uno specifico Piano Operativo Comunale Tematico (il Parco Artistico Mutonia, “Luogo del contemporaneo”) per sanare gli abusi sull’area». Nel febbraio del 2015 approva anche una convenzione per l’utilizzo dell’area demaniale da parte dell’associazione. Il vicino dei Mutoid avanza anche precise osservazioni contro il Poc, convinto com’è che si tratti «di abusi indiscutibili in area soggetta a vincolo di tutela, presso la quale né il PSC nè il Ptcp sovraordinato ammettono nuove costruzioni».
Però il Comune vuole a tutti i costi che Mutonia resti dov’è, al punto da introdurre uno strumento urbanistico ad hoc. A fianco del Comune si schierano anche la Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici per le Provincie di Ravenna, Ferrara, Forlì-Cesena, Rimini e la Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici e Etno Antropologici delle Provincie di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini.
Si arriva al ricorso al Tar dell’Emilia Romagna, che si è espresso con sentenza depositata ieri, e che sostanzialmente – per le ragioni che vedremo – sostiene che i Mutoid risultano intoccabili.
«Come hanno sostenuto le difese delle parti resistenti, nella fattispecie la scelta di mantenere l’insediamento trae sostegno dalla riconosciuta preminenza dell’interesse pubblico culturale, artistico e paesaggistico, che ha stimolato l’avvio del procedimento di adozione di un Poc specifico. E’ assodato che alcun ripensamento dell’amministrazione è ordinariamente ammesso a fronte di un illecito edilizio acclarato, che legittima un’attività repressiva totalmente priva di discrezionalità; tuttavia, il vincolo all’azione amministrativa risulta (eccezionalmente) depotenziato a seguito della concorde valutazione degli Enti preposti alla tutela di interessi pubblici costituzionalmente tutelati».
Sottolinea il Tar che «la Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici delle Provincie di BO, FE, FC, RA, RN, ha affermato che, all’arrivo del gruppo di artisti nel 1990, l’area versava in condizione di degrado paesaggistico a seguito dell’abbandono dell’attività estrattiva, mentre con lo sviluppo dell’attuale insediamento la copertura arborea ha ripreso un costante sviluppo con diffusa vegetazione spontanea e “una pressoché assente percepibilità delle forme artificiali, a beneficio di quelle naturali e tipiche delle aree fluviali, sia per lo smantellamento completo che lo sviluppo dell’insediamento Mutoid ha comportato degli impianti e manufatti legati alla precedente attività di lavorazione inerti, sia per la schermatura vegetazionale dell’intero perimetro del sito”. Ha sostenuto che “Al suo interno, l’insediamento si presenta come un luogo in cui lo sguardo è primariamente attirato da una serie di istallazioni artistiche di notevole interesse … Ad esse si affiancano manufatti a carattere residenziale e di laboratorio che si configurano all’occhio del visitatore più come sculture aeree chiuse o parzialmente aperte che come edificazioni assumendo un carattere di precarietà acuito dall’assenza di opere in muratura, fatte salve quelle legate alla precedente attività di cava …”. Tali aspetti hanno comportato che nel tempo “l’area abbia assunto caratteri identitari specifici e di grande unicità per l’assoluta singolarità dell’insediamento, ma al tempo stesso non possono dirsi … in contrasto con il paesaggio tutelato”. Le stesse strutture abbandonate dell’attività estrattiva e delle varie fabbriche hanno rappresentato la materia prima per la creazione delle istallazioni “forme d’arte che nascono proprio dalla mutazione dei rifiuti della tecnologia moderna e che hanno reso noti i Mutoid in ambito internazionale”».
Le opere abusive svaniscono sotto il peso dei «caratteri identitari».
La Soprintendenza per i Beni Storici e Artistici ha elaborato una relazione che riconosce addirittura «l’interesse europeo delle opere esposte (per le quali si auspica una catalogazione) e sottolinea che il sito è, “nella sua globalità, un grande e sui generis atelier, un insediamento-laboratorio di artisti, un cantiere, con tutte le caratteristiche dei lavori in corso, un spazio dove sono accumulate le materie prime nell’attesa che la creatività Mutoid ne realizzi una vocazione formale”; raccomanda quindi di conservare questa “realtà creativa” con l’elaborazione di un progetto che attui le necessarie regolarizzazioni e che preservi l’identità di Mutonia come “luogo del contemporaneo”».
A qualcuno potrà far sorridere, al vicino probabilmente sarà venuto da piangere (anche se non aveva minimamente voluto mettere in discussione le «opere d’arte»), ad altri parrà giusto che si tutelino i Mutoid come un valore senza pari e dunque da salvaguardare più di un monumento di epoca romana.
Morale, l’ordinanza di revoca del provvedimento di demolizione «risulta in buona sostanza supportata da sufficienti ragioni giustificatrici».
Non conta nulla, alla fine, nemmeno che il Ptcp della Provincia di Rimini abbia classificato buona parte dell’area di Mutonia quale zona di tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d’acqua, di collegamento ecologico di rilevanza regionale, di importanza Comunitaria e di ricarica della falda, nonché esondabile. Né che il Psc di Santarcangelo la inquadri come “area di valore naturale e ambientale”, vietando nuove costruzioni salvi gli “interventi di conservazione, restauro ambientale, difesa e ricostruzione degli equilibri idraulici e idrogeologici”. E neppure che il Piano delle Attività Estrattive stabilisca che in fregio al Fiume Marecchia le aree vengano recuperate con finalità di rinaturalizzazione e destinazione agricola. Quel che conta è che «i Mutoid hanno trasformato l’ex cava in un laboratorio creativo a cielo aperto, oggetto di studi specialistici e di visite degli appassionati d’arte» e il Poc tematico del Comune di Santarcangelo non è in contrasto – secondo i giudici amministrativi – con Ptcp, Psc e altre norme vigenti. Ma soprattutto prevale la «salvaguardia storica e artistica di Mutonia».
Secondo il Tar non reggono nemmeno le doglianze relative al fatto che «l’utilizzo dell’area è stato indebitamente assegnato all’Associazione Mutonia fino alla scadenza dei 19 anni», che «gli insediamenti realizzati vanno ben oltre i limiti stabiliti dalla concessione, la quale prevede la sola possibilità di sosta con divieto di modifica dello stato dei luoghi, mentre si è realizzato un vero e proprio insediamento abitativo con interventi edilizi comportanti una rilevante trasformazione del territorio», che «non sono state recepite le prescrizioni regionali di mantenere una fascia non inferiore a 5 metri dal corso d’acqua (con divieto assoluto di edificazione), né che viene rispettato il Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico che esclude nella fascia arginale del fiume qualsiasi insediamento abitativo». Secondo il Tar è tutto infondato e «le pretese avanzate da parte ricorrente devono essere integralmente rigettate». I Mutoid sono tutelati al 100 per cento. In nome del popolo italiano.
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