Il terremoto elettorale a Rimini studiato dal Cise: “Travaso dal centrosinistra alla Lega”

Il terremoto elettorale a Rimini studiato dal Cise: “Travaso dal centrosinistra alla Lega”

Il Centro italiano studi elettorali ha analizzato nel dettaglio il voto di Rimini e quel che emerge ha dell'eccezionale. Non solo per la sconfitta di Pizzolante e Arlotti, ma per il voto anti-establishment che ha marginalizzato un Pd fino alla vigilia del 4 marzo egemone. A favore di Lega e M5S. Quando "solo nel 2016 il sindaco uscente del Partito Democratico a Rimini aveva vinto al primo turno" col sostegno di Sergio Pizzolante.

L’eccezionalità del risultato elettorale a Rimini è oggetto di studio. “Non tutti si aspettavano una doppia sconfitta del Partito Democratico a Rimini. Il candidato della coalizione di centrosinistra nel seggio uninominale della Camera, Sergio Pizzolante (Civica Popolare), è uscito sconfitto nello scontro con il centrodestra (35,2%), guidato da Elena Raffaelli, assessore a Riccione in quota Lega. Il centrosinistra è giunto addirittura terzo (25,7%) dietro anche alla candidata del Movimento 5 Stelle, Giulia Sarti (32,5%). Al Senato sempre nel seggio uninominale, che comprendeva anche Cesena, è sempre il centrodestra (34,4%) a trionfare con Antonio Barboni (FI) ai danni del candidato favorito Tiziano Arlotti (deputato uscente del PD) fermatosi al 27%, di nuovo terzo, dietro anche a Carla Franchini (consigliera comunale a Rimini) (30,9%)”. Lo scrive il Centro italiano studi elettorali, una realtà interuniversitaria che coinvolge la LUISS Guido Carli e l’Università di Firenze.

Pubblica in forma grafica (diagramma di Sankey) le stime dei flussi elettorali a Rimini e quello che emerge è un gigantesco terremoto. Guardiamolo seguendo la spiegazione: “a sinistra sono riportati bacini elettorali del 2013, a sinistra quelli del 2018. Le diverse bande, colorate in base al bacino 2013 di provenienza, mostrano le transizioni dai bacini 2013 a quelli 2018. L’altezza di ciascuna banda, così come quella dei rettangoli dei diversi bacini elettorali all’estrema sinistra e destra, è proporzionale al relativo peso sul totale degli elettori. Dal diagramma emerge innanzitutto il forte flusso giallo in uscita dal M5S ’13 verso la Lega di oggi. Poi, si nota chiaramente lo sparpagliamento dell’elettorato di centrosinistra, con rivoli rilevanti verso non voto, M5S, ma anche la Lega. Così, l’attuale composizione dell’elettorato del partito di Salvini appare qui non solo blu e gialla, ma per la prima volta mostra anche una significativa componente rossa, in ingresso da Bersani ’13″. Chiara la portata de cambiamento?

L’analisi conferma la gravità del responso degli elettori per il centrosinistra e in particolare per il Pd, come Riminiduepuntozero ha da subito sostenuto.

“Le premesse per la vittoria del centrosinistra alla vigilia del voto erano buone: solo nel 2016 il sindaco uscente del Partito Democratico a Rimini aveva vinto al primo turno contro il candidato del centrodestra (in quota Lega) dopo aver stretto un accordo con diverse liste civiche, tra cui una centrista sponsorizzata proprio da Sergio Pizzolante, dal 2013 vice-capogruppo alla Camera per NCD. Il fatto che il collegio uninominale del Senato comprendesse anche Cesena, dove tradizionalmente il PD vanta una tradizione di governo, aveva portato più d’uno ad ipotizzare una vittoria di Arlotti”, scrivono gli analisti del Cise.
Ecco perché “quello che è accaduto è un significativo spostamento dell’elettorato tanto alla Camera quanto al Senato”.

Analizzando i flussi elettorali del comune di Rimini, gli esperti evidenziano “dati di grande portata”. Vediamo quali.
“Rispetto alle elezioni del 2013, la coalizione di centrosinistra ha perso a favore dell’astensione una quota di elettori pari a quasi il 4,5% dell’intero elettorato, il 3% nei confronti del Movimento 5 Stelle e ben il 3,2% nei confronti della Lega. Ciò significa che ogni 30 elettori riminesi, ve ne è uno che aveva votato Bersani e ha scelto le Lega il 4 marzo, e un altro che ha votato 5 Stelle (sempre dopo avere votato Bersani cinque anni fa). Nonostante le vicissitudini passate dal Movimento 5 Stelle a Rimini – non presentatosi alle scorse elezioni e con una candidata all’uninominale alla Camera, Giulia Sarti, che non ha praticamente partecipato alla campagna elettorale dopo essere stata coinvolta (ed ora scagionata dallo staff 5 Stelle) nella questione rimborsi elettorali – i grillini sono quindi stati capaci di attirare una buona fetta di elettorato del centrosinistra. Al di là di chi ha optato per l’astensione, emerge anche come il centrodestra moderato non abbia saputo fare da argine all’avanzata della Lega; raramente si assiste ad un travaso così rilevante tra centrosinistra e un partito appartenente ormai di diritto alla famiglia politica della destra radicale”.

Non solo. “Il centrosinistra, nonostante abbia presentato un candidato centrista, non è riuscito nemmeno a catalizzare attorno a sé il voto centrista; il bacino montiano si è frammentato e dell’oltre 7% dell’elettorato raccolto nel 2013, solo il 2,9% è andato al PD”.
Ma viene messo in luce anche un altro aspetto molto significativo: “Si è registrato un flusso molto rilevante dall’elettorato del Movimento 5 Stelle verso la Lega (il 4,8% dell’intero elettorato riminese). Quindi ogni 20 elettori circa ve ne è uno che ha votato nel 2018 la Lega dopo avere votato il M5S nel 2013. Questo è il singolo flusso di elettori infedeli più numeroso osservato a Rimini fra 2013 e 2018″.

Un altro step che fa ben capire la rivoluzione elettorale di Rimini: “Fatto 100 l’elettorato del centrosinistra a guida bersaniana, solo 45 su 100 hanno scelto il PD, mentre ben 12 hanno scelto la Lega, e 13 il Movimento 5 Stelle. Quasi uno su cinque si è astenuto, mentre solo una quota minimale (il 4%) ha scelto gli scissionisti di LeU”.

Più coerente invece l’elettorato del Movimento 5 Stelle: rispetto al voto del 2013, il 79% ha confermato la propria fiducia ai pentastellati, mentre il 21% ha scelto la Lega. “Per capire il successo della Lega e la sua conquista di una netta egemonia nel centrodestra, però non basta guardare al travaso di voti del PD e del M5S. Infatti, solo 33 elettori su 100 che nel 2013 avevano scelto la coalizione di Berlusconi hanno dato fiducia a Forza Italia, mentre ben 26 hanno optato per la Lega, la quale, al pari di Forza Italia e M5S, è riuscita a rimobilitare anche una piccola fetta di astenuti del 2013. Infine, è interessante rilevare come anche a Rimini si segnali un flusso significativo (oltre un elettore su 30) dal centrodestra 2013 alle forze del centrosinistra 2018. Si tratta di uno spostamento di elettori già osservato a Torino, Prato e Reggio Calabria, che però qui raggiunge il proprio massimo in consistenza, sfiorando il 20% dell’elettorato 2013 del centrodestra”. E probabilmente si tratta dei voti “catturati” da Sergio Pizzolante.

“Tanto il M5S quanto Forza Italia hanno preso in questa tornata la gran parte dei propri voti dal proprio elettorato di cinque anni fa: 80% e 72% rispettivamente. La seconda componente più grande nel M5S di oggi sono gli ex-elettori di Bersani (14%), mentre in Forza Italia sono minoritarie gli elettori 2013 di centro (8%) e centrosinistra (7%). Il PD ad oggi vede un 69% di elettori di centrosinistra 2013 e rispettivamente il 18% e il 13% di elettori di estrazione centrista o di centrodestra, segno che la trasformazione del PD in un partito a trazione centrista si sta compiendo anche in una importante provincia della Zona Rossa, e nonostante il complessivo arretramento elettorale. Un capitolo a parte merita ancora il nuovo elettorato leghista, che è composto ora in egual misura da ex-stelle (36%) e da elettori già in precedenza di centrodestra (37%). Anche qui – il dato è molto significativo – il 22% è composto da coloro che avevano accordato la propria preferenza alla coalizione guidata da Bersani”.

“La Zona Rossa, che rossa per il momento non lo è più”, concludono gli esperti, “ha modificato la geografia del voto italiano, marginalizzando il partito fino a ieri egemone (PD). Cosa sia accaduto di profondo nel cuore dell’elettorato più progressista sarebbe riduttivo spiegarlo con i numeri. Tuttavia, le cifre qui riportate danno l’idea di un travaso di voti del PD non verso le alternative considerate “moderate”, ma verso un voto anti-establishment, tanto appartenente alla destra-radicale (Lega) quanto quello più puramente anti-partitico come quello del Movimento 5 Stelle”.

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