Questo film lo intitoliamo "le parole che non ti ho detto". Principale protagonista Andrea Gnassi. Il quale è riuscito nel miracolo di analizzare la disfatta di Rimini senza tentare nemmeno una spiegazione realistica sulla "asfaltata" subita da Pizzolante, Arlotti e dallo stesso Gnassi. Il quale alla vigilia del voto invitava a stare ai fatti. Ora i fatti vaporizzano.
Questo film lo intitoliamo “le parole che non ti ho detto”. Principale protagonista Andrea Gnassi. Il quale ha finalmente commentato l’esito del voto (chi vuole leggerlo integralmente può farlo nel box in fondo). Un risultato elettorale che clamoroso lo è stato davvero. Per Lega e movimento 5 stelle, per il centrodestra nel suo insieme e per la disfatta del Pd e dei suoi alleati. Ma clamorosissimo è stato il dato di Rimini, la caduta rovinosa di Tiziano Arlotti e Sergio Pizzolante.
Lo ricordiamo per chi si è perso qualche fotogramma. Andrea Gnassi ha fatto una campagna elettorale impegnata per sostenere Arlotti e Pizzolante. Ha usato toni da capo partito contro Lega e m5s, che invece hanno trionfato. E’ riuscito a chiedere con forza il voto per Arlotti e Pizzolante con un post dal titolo “questo non è un appello al voto”. Il tema era “guardare ai fatti. Soprattutto ai fatti che contano per Rimini. E i fatti di chi a Roma ha lavorato in questi anni per Rimini sono chiari e netti”.
Svolgimento: “Se sul territorio riminese sono arrivati 18 milioni di euro sul bando periferie per riqualificare l’area da Torre Pedrera a Rivabella; o 12 milioni per il Museo internazionale Fellini; o 16,7 milioni sulla sicurezza idraulica, sistema fognario; o 23,5 milioni per la Statale 16 (da Rimini sud fino a Cattolica), 32 milioni per SS 16, rotonde, sottopassi, ponti strade da Santa Giustina, Torre Pedrera a Miramare; o la firma del Patto della Sicurezza con il Ministro Minniti; o il nuovo collegamento ferroviario dell’alta velocità Rimini – Milano in 108 minuti e Rimini – Bologna in 44; questo lo si deve anche al lavoro portato avanti da Tiziano Arlotti e Sergio Pizzolante, a Roma per Rimini“. Sparava ancora una volta sul movimento 5 stelle e concludeva: “Nelle prossime ore, più di ogni altra volta, serve il giudicare i fatti”.
Nel commento post voto, invece, i fatti sembrano non contare più nulla. E i fatti sono che Arlotti e Pizzolante restano a casa. Coloro che secondo Gnassi hanno aperto una vena d’oro per Rimini, non sono stati rieletti. I fatti dovrebbero interrogare. Il Patto della sicurezza è ancora un foglio di carta con una serie di firme e probabilmente gli elettori hanno ritenuto che potrà essere concretizzato prima e meglio da altre forze politiche. Il Museo Fellini è diventato un totem ideologico, un po’ da fighetti del Fulgor, che si realizza calpestando la Storia di Rimini in una sorta di fellinizzazione forzata, in stile sovietico. Il prof. Giovanni Rimondini docet. I riminesi stanno vivendo giganteschi problemi, molto più seri del circ’Amarcord. La situazione dell’aeroporto, l’epilogo di Carim, le imprese in difficoltà, l’invasione degli immigrati, le attività commerciali che annaspano e non si vede uno straccio di reazione, un turismo che sembra movimentato da Andrea Sigismondo Malafesta (e in fatto di eventi lo è) ma in realtà si trova alle prese coi soliti, vecchi, enormi problemi: la “cartolina” che non c’è, un parco alberghi in gran parte da riqualificare, una redditività segnata dalla politica dei prezzi che non permette di investire nella riqualificazione. I pernottamenti sostanzialmente ingessati da decenni e le presenze straniere in vertiginosa riduzione. Una situazione segnata, sintetizzando, da quell’immobilismo di cui ha parlato di recente Mauro Santinato.
I fatti dicono che a Forlì e a Ravenna le cose sono andate diversamente per il Pd e che a Modena e a Bologna hanno vinto le rispettive sfide Beatrice Lorenzin e Pier Ferdinando Casini. Stare ai fatti equivarrebbe a chiedersi perché a Rimini questo non sia successo.
Civica Popolare è stato un flop e la candidatura dei fari di Patto Civico un altro flop. Patto Civico avrebbe dovuto essere un progetto politico da esportazione. Lo è stato solo nei sogni del suo ideatore. La civica di Pizzolante è l’architrave della giunta Gnassi. Adesso Patto Civico non ha più il suo facitore. O meglio, Pizzolante ha assicurato che continuerà a stare vicino alle persone che hanno creato con lui Patto Civico e ad Andrea Gnassi “perché possa continuare la sua opera per Rimini”. Ma lo farà da una posizione totalmente diversa da prima.
“Cos’è Patto civico?” si domandava l’allora segretario provinciale del Pd Juri Magrini nel luglio dello scorso anno? “Una forza politica? A guardare tutti i politici navigati, di mestiere, pezzi di centro destra che lo compongono e che usano quel simbolo per fare il salto da destra a sinistra? Sembrerebbe di si. Oppure è apertura al civismo? Alla società? Se il PD pensa di risolvere il rapporto dell’apertura al civismo solo con questo contenitore, credo noi si stia facendo un grosso errore perché parte di quell’elettorato moderato che ha sempre votato a destra e Berlusconi, appena quel campo sarà riorganizzato tornerà naturalmente all’ovile. Allora credo che dobbiamo aprirci veramente a quel mondo che si nasconde nell’astensionismo”. La strategia seguita è stata invece quella opposta. E’ stato preso il civismo (politico) come termometro della società civile. Scoprendo il 5 marzo che il termometro era farlocco.
E’ vero che le amministrative saranno un’altra partita. Ma non perché “noi la felpa la indossiamo davvero”. Se, anche grazie alla presenza in parlamento di Antonio Barboni e Elena Raffaelli, il centrodestra saprà individuare un leader spendibile e coalizzarsi senza ripicche, beh, l’onda del 4 marzo potrebbe facilmente entrare anche a palazzo Garampi. Comunque la si guardi, l’autoassoluzione di Gnassi (simile a quella pronunciata da Pizzolante) suona come una incomprensione della realtà. Che poi è la vera ragione della distanza del Pd dal paese reale. Perché, prima di tutto, “ci vuole orecchio”. Non lo dice Matteo Salvini. Lo cantava Jannacci.
Immagine (Lussi Pagammo): Barnum & Gnass
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