Il viaggio a Rimini della moglie di Augusto

Il viaggio a Rimini della moglie di Augusto

Viene presentato domani al Festival del Mondo antico il romanzo del giornalista riminese Paolo Biondi: Livia. Una biografia ritrovata. Che incrocia anche luoghi e avvenimenti della Rimini romana, compresi quelli legati ai mal di stomaco dell'imperatore.

S’intitola Livia. Una biografia ritrovata il primo romanzo storico di Paolo Biondi, giornalista e scrittore nato a Rimini nel 1955 e che dall’inizio degli anni ‘80 vive e lavora a Roma. Questo libro, pubblicato da Edizioni di Pagina (183 pp. 15 euro), sarà presentato dallo stesso autore in un dialogo con Francesca Cenerini, docente al Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’università di Bologna. L’appuntamento è a Rimini alle 18,30 di sabato 11 giugno nel Visitor Center di Corso d’Augusto, nell’ambito del calendario proposto dal Festival del Mondo Antico (10-12 giugno) a cura dei Musei comunali.

Il romanzo è dedicato a Livia Drusilla che fu moglie per oltre 50 anni del primo imperatore romano, Cesare Ottaviano Augusto (quello dell’Arco) un personaggio chiave nella storia della Roma antica per il passaggio dalla Repubblica all’Impero. Di Augusto si sa ormai tutto ma di Livia non si sa quasi nulla; eppure fece il bello e il cattivo tempo dal 30 prima di Cristo, anno in cui fece innamorare e conquistò il cuore e la mente di Ottaviano Augusto fino al 29 dopo Cristo, l’anno della sua morte avvenuta 15 anni dopo quella del marito; fu influente prima come fedele ombra e sostegno del marito poi come ascoltata consigliera. Fu la madre di Tiberio e Druso, nonna di Germanico e Claudio, bisnonna di Caligola e trisavola di Nerone. Lo stesso autore spiega il suo intento di ‘riabilitazione’: osteggiata dal figlio Tiberio (quello del ponte ancora in funzione per il traffico veicolare anche se a senso unico e che verrà pedonalizzato fra pochi mesi) che lei impose come successore di Augusto e denigrata da Tacito che ne raccontò l’epopea. Sepolta e dimenticata come è successo all’Ara Pacis, il monumento che ne celebrava i fasti. La (vera?) storia della donna che pose le fondamenta dell’impero romano. Dice Paolo Biondi: “Il libro non è solo l’esaltazione della moglie di Augusto ma anche di tutte quelle donne che con lei hanno costituito la spina dorsale dell’inizio del principato romano: Ottavia, Antonia e Agrippina”. Non solo dunque un romanzo storico ma anche un libro di politica (prima di andare in pensione, nel marzo scorso, Biondi era capo della redazione romana dell’agenzia Reuters) dove la storia pare ricordare fatti di cronaca odierna con continui richiami agli autori del periodo che forse qualcuno dei lettori (soprattutto quelli di formazione classica) ricorderà i nomi: Virgilio, Orazio, Ovidio, Tibullo.
Non mancano descrizioni di architettura e storia naturalistica, storia dell’arte e del costume. Nel quinto capitolo, ‘Viaggio a Rimini’, per esempio, torneranno alla mente l’Arco e la ‘Casa del chirurgo’, di fianco ai quali passiamo spesso con distrazione. Ma proprio da questo quinto capitolo si può conoscere meglio questa donna. Descritta come molto occupata nei preparativi per il viaggio del marito che veniva a Rimini per verificare i lavori di restauro della via Flaminia o onorare così adeguatamente il suo settimo consolato. La strada che terminava a Rimini e qui Cesare Ottaviano voleva far costruire l’arco che non aveva il compito di essere un ‘arco di trionfo’ o un accesso alla città, ma piuttosto una porta che segnava i confini di Roma e l’apertura del suo territorio a quello dei Galli e del mondo intero. Livia in quel viaggio era anche preoccupata dei continui mal di stomaco e dei dolori lancinanti che periodicamente prendevano di mira il marito. A Rimini Livia era andata anche per trovare Antonio Erofilo, un medico chirurgo di origine greca, la cui fama era arrivata fino a Roma. Quindi s’imbarcò nel terzo carro della carovana imperiale, con lei c’erano anche la serva Bira e la schiava preferita Priscilla. I carri romani, partiti da Campo di Marzio arrivarono a Rimini in cinque giorni. Al passaggio della gola del Furlo, pare che Livia sia rimasta molto colpita dalle acque verdi smeraldo del Corigliano e passò anche nella galleria che i romani avevano costruito e che è rimasta in funzione fino a qualche decennio fa. All’arrivo, in un dialogo privato tra coniugi, Livia svela ad Ottaviano il primo motivo per cui l’aveva seguito: chiedere al chirurgo Antonio Erofilo di visitare il marito. Augusto sorride, ringrazia e acconsente: “Basta che non ci si metta troppo tempo”. C’è anche un accenno al, per noi riminesi, famoso ‘garbino’, quando la donna parlando col medico a quattr’occhi dice che quel vento caldo che viene dal Meridione faceva venire al marito lancinanti mal di testa. Insomma, Paolo Biondi ha voluto riscoprire questo personaggio con il posto che le compete in quanto, almeno al pari del consorte, ha fatto la storia di Roma. Pensate che nel libro è lei a scrivere la lettera di committenza a Vinicio Merone della costruzione dell’arco che non doveva essere né ‘trionfale, né una porta d’accesso della città ma segnare l’ingresso nel territorio della città di Roma e rendere evidente l’apertura di Roma non solo alle genti della Gallia ma del mondo intero. L’arco, che oggi appare con l’aggiunta posticcia di una sommità merlata, doveva invece sorreggere la statua di Ottaviano Augusto che conduceva una quadriga. Vinicio fu anche pagato subito, realizzando l’opera secondo queste indicazioni, in pochi mesi. Nel frattempo il console Ottaviano venne insignito dal Senato romano del titolo di Augusto. Il giorno successivo Livia manderà Priscilla con una scorta armata a Ravenna in cerca di asparagi, di cui pare che il marito fosse ghiotto, anche perché ne apprezzava le qualità afrodisiache.

paolo-biondi-minI primi passi nel giornalismo di Paolo Biondi (nella foto) furono al Resto del Carlino di Rimini, dove fu chiamato dall’allora capo servizio Andrea Basagni nei primi giorni del 1976, inizialmente per seguire l’attività del consiglio comunale e anche qualche evento sportivo. Ha lavorato a Rimini fino al ‘79 occupandosi anche della comunicazione della Fiera. Nel gennaio dell’80 si è trasferito a Roma per lavorare al settimanale Il Sabato dove ha iniziato con un reportage sull’attività culturale nelle periferie italiane. Gli ultimi due mesi dell’80 li trascorse in Irpinia per documentare il terremoto. Poi per un periodo lavora nella redazione milanese del settimanale per tornare a Roma nel maggio dell’81 quando Mehmet Ali Agca sparò a Giovanni Paolo II in piazza san Pietro e anche in occasione del referendum sulla legge 194 sull’aborto. Biondi ha scritto per Il Sabato fino al 1993, anno della chiusura del settimanale. Dopo alcuni anni all’Informazione e alla Rai, nel dicembre 1998 è stato assunto alla agenzia internazionale Reuters, fino a diventarne il capo della redazione di Roma. Dal marzo di quest’anno è andato in pensione, ma come si può intuire non ha smesso di dedicarsi alla passione di una vita: la scrittura, visto che sta già lavorando al suo secondo romanzo.

Serafino Drudi

COMMENTI

DISQUS: 0