In attesa di acquistare i biglietti per il Teatro mi sono imbattuto nel buio della vita notturna

In attesa di acquistare i biglietti per il Teatro mi sono imbattuto nel buio della vita notturna

«Venerdì mi trovavo fuori dal Galli, ad un’ora insolita, erano circa le tre e mezza di notte. Ed ho visto il centro svuotarsi degli ultimi "invasori", e a terra tutti i resti di una serata alcolica». Lettera.

Una notte [fuori] a Teatro. Venerdì notte mi trovavo fuori dal Teatro, ad un’ora insolita, con lo scopo di mettermi in fila per acquistare i biglietti per i prossimi eventi operistici in programma. Erano circa le tre e mezza di notte, orario non insolito per coloro che amano questo genere e la musica classica, dati i sempre risicati posti a fronte di un certo consistente interesse di pubblico. Ma quella notte stranamente non c’era nessuno, e la prima persona dopo di me è giunta intorno alle sei; strano, ma forse complice il clima rigido, il periodo pandemico, e la passata moda della novità del Teatro dove spesso il desiderio di apparire sopperiva al mancato interesse per i temi culturali trattati.
Ma ormai che c’ero sono rimasto lì, e così ho potuto rendermi conto di persona della meravigliosa vita notturna riminese, creatura dell’era gnassiana e che, per continuità, prosegue a perpetuarsi nella culla della “riqualificazione” cittadina.
È un rito, canonico e ripetitivo con cicli ben precisi. Chiuse le attività di mescita, i molti reduci di quelle magnifiche serate, buona parte dei quali sotto gli effluvi alcolici, non se ne fanno una ragione. Quindi tardivamente iniziano le transumanze verso casa, quando va bene, o per altre parti del Centro, e qui si assistono ad improbabili esibizioni canore, a dissertazioni sul nulla o a semplici schiamazzi che poi sono la stessa cosa. Tutto, ovviamente, ad alta voce e ben udibile da molte parti di quell’infelice zona.
Poi bicchieri di plastica, ed altri residui lasciati ovunque senza nessun ritegno completano il degradante siparietto.

Infine l’apoteosi, consistente nella minzione sulla pubblica via di una giovane, segnatamente sul gradino di un arco laterale del Palazzo del Podestà.
Un atto per lei naturale nonostante la mia presenza, tale e quale a quello di un qualsivoglia esemplare canino, e che per suo bene non ho ripreso, ma i suoi residui sì.

Poi verso le quattro e trenta passa un’auto delle forze dell’ordine, per un giro di programma. Evidentemente il disturbo delle quiete pubblica non è una violazione in una Rimini dove tutto si immagina, perché prosegue.
Ma qualcuno resiste, non si rassegna e specie nella povera Antica Pescheria si continuano tali esercizi, mentre gli addetti alle pulizie e raccolta rifiuti stanno intervenendo. E da qui il forte contrasto, nel vedere la convivenza di chi a quell’ora è ancora sveglio perché non sa che fare, ed altri invece che lo debbono essere per ripulire i loro residui; ma non i loro vuoti a perdere mentali; quelli non sono raccattabili, si perdono nel nulla come quei falsi divertimenti che li generano.
La campana dell’orologio di Piazza tre Martiri emette cinque rintocchi, ma il vocio continua un po’ ovunque, per poi scemare nel tempo successivo.
In un dizionario fantastico – ma non più di tanto – riminese, penso alla parola “periferia” a cui la vincente amministrazione cittadina aveva, nel quadernetto delle buone intenzioni, promesso grande attenzione. Ad essa, assocerei: dicesi periferia tutto ciò che è avulso dalla piazza degli incubi®, ex San Martino e zona Antica Pescheria. Perché anche il resto del Centro tale è. E a proposito di quel monumento, cronache inerenti a risse e chiusure di locali avvengono, nonostante l’annunciato “protocollo” garampiano annunciato a suo tempo.
Ma anche qui la situazione è sfuggita di mano, perché la cosiddetta “riqualificazione” si è trasformata in quello che era ampiamente prevedibile: il degrado. Ed anche qui è un fenomeno irreversibile perché tollerato dato il bacino elettorale che quel mondo rappresenta.
Dapprima ho pensato ai residenti; possibile che costoro non si lamentino di questa situazione, non si costituiscano in un comitato, non ambiscano a trascorrere serate, e nottate, tranquille? Poi la risposta ovvia e scontata che mi sono dato.
È questa la Rimini che piace ai riminesi, hanno permesso che ciò avvenisse e proliferasse ma addirittura ne hanno premiato non solo il suo fautore, e anche i prosecutori attuali di tale indirizzo oggi regnanti; quindi, come dire, “nulla quaestio”.
Non credo che i protagonisti di queste meravigliose notti riminesi, direi di una “dolce vita” de noantri, di lì a poco saranno in grado di svolgere funzioni lavorative. Probabilmente trattasi di studenti universitari, percettori di reddito di cittadinanza, o comunque non dediti alle fatiche quotidiane, ma restano chiari e certi invece gli alti costi delle pulizie a carico dell’intera collettività.
Ma queste sono le nostre miserie, spacciate come mirabolanti innovative politiche commerciali, ben inserite nello squallido scenario a lato, in cui nella già citata piazza degli incubi® illuminata a inquietante foggia cimiteriale, campeggiano povere piante a cui è stata negata la dignità, e mortificate quale solo supporto di agglomerati luminosi da baraccone equestre.

Ma anche questo come altro, a festività ormai concluse. Ah, è vero! Qui da noi c’è il capodanno più lungo del mondo; forse effetto di un altro miracolo dell’era gnassiana, che ha ottenuto su Rimini la presenza di vari fusi orari…

Salvatore de Vita

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