Claudio Dau critica il provvedimento "copia-incolla" di palazzo Garampi, figlio del modello adottato dal sindaco di Firenze. Dove è già partito un ricorso al Tar. Ma l'amministrazione riminese ha introdotto un termine di sei mesi per la validità dell'ordinanza, e così pensa di salvarsi dal vizio di incostituzionalità.
“A Rimini se ne sentono di tutti i colori. Gli avvocati riminesi, unitamente agli studenti al terzo anno di giurisprudenza, sono piegati in due dalle risate. Hanno già il modellino seriale del ricorso da presentare “copia-incolla” alle cancellerie degli Uffici Giudiziari”. E’ il parere di Claudio Dau, del Movimento nazionale per la sovranità. Ce l’ha con l’ordinanza antiprostituzione del Comune di Rimini che prevede l’arresto fino a 3 mesi ovvero l’ammenda fino a 206 euro, “perché il Comune ha deciso di applicare l’art. 650 del codice penale ai clienti”, spiega Dau. “L’ordinanza tiene anche conto del nuovo pacchetto sicurezza, quell’obbrobrio giuridico voluto da Minniti che tutela i luoghi, non le persone e che concepisce la sicurezza come tutela del decoro, e non della dignità umana”.
Ma è applicabile l’art. 650 c.p. a queste ordinanze?, si chiede Dau. “No, lo sanno tutti. Sulle fattispecie penali esiste la riserva di legge dello Stato. Ma se Nardella lo ha fatto lo dobbiamo fare anche a Rimini, mica vorrai essere da meno”, risponde l’esponente politico di opposizione. “Intanto, il Sindaco non ha competenza penale, cioè non può inventarsi reati, magari decidendo quali zone sono da tutelare e quali no, perseguendo i cittadini a seconda che il comportamento venga tenuto su Viale Regina Margherita piuttosto che su Via Orsoleto, tutelando alcune zone piuttosto che altre”. E quindi come finirà? “Archiviazioni a nastro, a meno che la Procura non ritenga di emettere decreti penali di condanna, che verranno regolarmente impugnati. Voler contrastare il fenomeno della prostituzione con le ordinanze sindacali contro i “clienti” delle prostitute, vuol dire cercare di fermare un treno con una mano”, assicura Dau. Convinto “che il fenomeno della prostituzione, con tutto quello che c’è dietro, non possa essere contrastato con una contravvenzione di polizia”.
L’ordinanza modello Nardella, datata 14 settembre, deve già vedersela con un ricorso al Tar. Firmato l’atto amministrativo, un avvocato fiorentino si è subito rivolto al Tribunale amministrativo regionale sostenendo che l’ordinanza sarebbe incostituzionale e contraria anche al decreto di Minniti. Non solo. Il ricorso l’ha anche notificato alla prefettura chiedendo un intervento in auto tutela, in quanto il comune di Firenze starebbe agendo in modo contrario alla legge. Probabilmente l’avvocato non ha sbagliato la mira, perché il 3 ottobre scorso il sindaco di Firenze ha aggiustato il tiro, firmando una nuova ordinanza che fissa “un termine in proporzione alla gravità del fenomeno che si intende prevenire e contrastare”, ovvero sei mesi, decorsi i quali “provvedimento cesserà di produrre efficacia”. E la temporaneità è quell’elemento che, seppure introdotto in corsa, renderebbe costituzionale l’ordinanza.
Il Comune di Rimini è stato sollecitato a “copiare” da Firenze dal vescovo mons. Lambiasi in occasione del discorso per il patrono della città: “Ci auguriamo che, come già avvenuto a Firenze, quanto prima venga emessa ed entri in vigore una ordinanza con il chiaro intento dell’Amministrazione di contrastare lo sfruttamento della prostituzione e la riduzione in stato di schiavitù in tutta la Città, per evitare che un fenomeno tanto disumano e incivile si trasferisca in altre zone”. E l’ordinanza non si è fatta attendere molto. Palazzo Garampi, però, si ispira a Firenze ma con la correzione introdotta da Nardella ai primi di ottobre, e infatti pone un termine preciso: dal 11 dicembre 2017 e fino al 30 aprile 2018, è fatto divieto a chiunque di porre in essere comportamenti diretti in modo non equivoco a chiedere o accettare prestazioni sessuali a pagamento.
Il divieto ha validità su zone specifiche del territorio comunale “dove il fenomeno si manifesta con una maggiore recrudescenza”: Viale Regina Elena, Viale Regina Margherita, Viale Principe di Piemonte, Via Cavalieri di Vittorio Veneto, Via Losanna, Via Guglielmo Marconi, Via Novara, Via Macanno, Via Casalecchio, Via Fantoni, Via Emilia Vecchia, Via XIII settembre, Viale Matteotti, Via dei Mille, Via Tolemaide. Poi su tutta la Strada Statale “S.S. 16”, compresa tra il confine con il Comune di Bellaria-Igea Marina e il Comune di Riccione. In Piazzale Cesare Battisti, Via Savonarola, Via Mameli, Via Ravegnani, Via Graziani, Via Dardanelli, Piazzale Carso, Via Principe Amedeo; Via Varisco, in Viale Eritrea, nonché nelle aree adiacenti alle suddette strade o in prossimità delle aree di intersezione con le vie elencate.
L’ordinanza dispone anche che qualunque fatto o atto ritenuto rilevante ai fini fiscali, riscontrato dall’agente accertatore nei confronti di chicchessia, nell’ambito dell’attività di controllo e di accertamento sarà portato a conoscenza all’Agenzia delle Entrate, nonché al Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Rimini, al fine di consentire la valutazione, da parte di tali organi, in merito agli accertamenti fiscali di competenza.
Il Comune di Rimini è convinto che questa sia “un’ordinanza di contrasto di nuova generazione“: “In assenza di certezze da parte dello Stato, crediamo importante, anzi indispensabile, cercare di attivare anche come Comune qualsiasi strumento contro un fenomeno odioso, caratterizzato peraltro da mille addentellati e altrettanti impatti negativi sulle città e i luoghi della quotidianità”. “Non sarà facile”, ammette l’amministrazione comunale, “ma l’anticamera dell’arrendersi è il fatalismo di chi non fa o non dice più nulla. Come Comune di Rimini non vogliamo arrenderci”.
Restano comunque molti dubbi sulla reale efficacia della ordinanza. L’avvocato Massimiliano Orrù ha detto al Carlino di nutrire “forti perplessità sulla legittimità costituzionale della nuova ordinanza del Comune di Rimini”, perché è veramente difficile pensare che una condotta penale possa venire applicata in una zona e non in altre. Come si può pensare che il codice penale si possa applicare a macchia di leopardo?
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