La Mareccia è un fiume e ogni tanto ce lo ricorda.
E va bene… Mettiamoci tutto, la rava e la fava e quel che vi pare: le bombe d’acqua, le stagioni, le scie chimiche, la terra piatta, Fra Cazzo di Cantiano, i Cardinali elettricisti, ma la Mareccia è un fiume ed ogni tanto ce lo ricorda. Chi ha la memoria labile è l’uomo, ma noi abbiamo altro a cui pensare, anche se ogni tanto diventiamo ingegneri, geologi, agrimensori, naturalisti, tuttologi e allenatori di calcio al posto di Allegri. D’altra parte siamo sempre stati un popolo di Santi (Santini), Navigatori e alla bisogna anche Poeti. “Finita è la tempesta: odo augelli far festa e la gallina tornata in su la via che ripete il suo verso…”.
Non mi cimento nello scontro fesbukiano dei leoni da tastiera, ma l’animale più pericoloso rimane l’uomo, con la sua cupidigia per diventare il più ricco del cimitero. E allora si continua a cementificare, asfaltare, deturpare, scavare, costruire sui cucuzzoli e penetrare montagne. Ma i fossi, le canalette, i tombini, l’alveo dei fiumi, dei ruscelli, dei rii, e tutta l’idrografia minore li lasciamo all’incuria e all’abbandono. Chi paga? Paga Palloni, come si dice a Rimini, ma purtroppo Palloni non c’è più.
Rurali sempre.
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