La statua di Giulio Cesare: storia di una damnatio memoriae

La statua di Giulio Cesare: storia di una damnatio memoriae

Gioenzo Renzi riporta a galla la farsesca vicenda del dono di Mussolini a Rimini nel 1933, finito nella caserma Giulio Cesare dopo essere stato gettato nel greto del Marecchia. Mentre la copia buttata nell'angolo di piazza Tre Martiri forse verrà spostata di qualche metro, al posto dell'edicola.

10 settembre 1933. Tutta la stampa nazionale dà conto di un grande evento in programma a Rimini. Viene inaugurata la statua di Giulio Cesare donata da Benito Mussolini alla città e collocata alla base della torre dell’orologio. “Innalzata sul luogo in cui il grande Dittatore parlò alle Legioni in marcia verso Roma”. I titoli in prima pagina su Stampa e Corriere della Sera sono altisonanti: “Per volontà del Duce, dopo 2000 anni, Cesare ritorna a Rimini”. Ne scrive Corrado Alvaro sulla Stampa. “Trentamila persone erano raccolte in piazza, nel vasto emiciclo dominato dalla bianca torre campanaria del Comune, nella cui arcata centrale è stata collocata la statua del Condottiero. Il servizio d’onore era affidato ad una batteria del terzo Artiglieria da campagna e al battaglione d’assalto della 82° Legione della Milizia al comando del seniore Belli. In largo quadrato erano disposti i reparti dei Giovani fascisti che inquadravano i Balilla della Legione Platania. Tutto attorno era la massa di Camicie nere e del popolo di Rimini. Grandiose scritte col nome del Duce coprivano, in tutta la loro altezza, le facciate delle case e dei palazzi. Sui pennoni, decorati da festoni d’alloro, erano le insegne di Rimini” (Corriere della Sera 11 settembre 1933).
C’erano i valletti del Comune di Rimini in costume settecentesco. C’era il podestà Pietro Palloni, che annunciava l’istituzione di una fondazione perpetua “Giulio Cesare”, “con la dotazione di diecimila lire perché, secondo il comandamento del Duce, ogni anno, agli Idi di marzo, sia offerto un tributo di fori alla statua del fondatore dell’Impero romano”. Tutti ad attendere lo scoprimento della statua “coperta da un bianco drappo e vegliata da due grandi bandiere coi colori di Roma e del Partito”. Triplice squillo di attenti, le truppe presentano le armi, la campana della torre lancia i suoi colpi a martello, ai quali risponde il bronzo dell’arengo. “La statua è apparsa sul caldo sfondo della pietra istriana, la pietra d’oltre Adriatico che gli antichi scalpellini di Arbe tagliarono per i ponti, per il porto e per gli archi romani di Rimini”. C’è tutta la retorica fascista ben infiocchettata, ma una città dotata di senso della storia, anche per trarne qualche beneficio di tipo turistico, avrebbe dovuto manifestare ben altro comportamento verso la statua che Mussolini regalò a Rimini.

Nel rapporto conflittuale che Rimini ha avuto con la propria storia, facendo prevalere valutazioni politiche su quelle storiche, la statua in bronzo inaugurata nel 1933 è sparita da piazza Tre Martiri. Venne rimossa nel 1945, rischiò di andare perduta per sempre perché fu sepolta nel greto del Marecchia dove fortunatamente venne scoperta nel 1953 dagli artiglieri e da loro collocata dove ancora si trova nella caserma Giulio Cesare. L’originale, invece, in marmo, è esposto nel Campidoglio, a Roma. La copia si trova dalla seconda metà degli anni 90 in piazza Cavour, in posizione che più infelice non si potrebbe. Se ne discute da decenni di questa leggerezza e trascuratezza che la città, quasi tutta intera, ha dimostrato verso il proprio passato, ma senza trovare ancora una soluzione dignitosa. I turisti che oltre al sole e al mare cercano a Rimini le tracce della Rimini romana, fotografano e si fanno selfie con Giulio Cesare su uno scenario di biciclette parcheggiate, di fianco all’edicola e davanti ad un bancomat. Il ponte di Tiberio è oggetto di profanazione lunaparkista e l’anfiteatro romano resta sepolto sotto il Ceis.

Ieri Gioenzo Renzi è tornato alla carica con una interrogazione al sindaco “sullo stato di abbandono in cui si trova la statua di Giulio Cesare, con le lamiere del basamento in rame completamente staccate e tenute insieme con pezzi di “scotch” (!) sullo sfondo dei bancomat di Unicredit e delle biciclette di contorno”. Ricorda Renzi che “dal 1960 al 1985, il Comm. Umberto Bartolani si adoperò instancabilmente per la restituzione della statua da ricollocare entro le Mura urbane”. Mission ereditata dallo stesso Renzi: “Il 23 febbraio 1987 la maggioranza di sinistra del Consiglio Comunale “bocciò” l’ordine del giorno del sottoscritto, che dopo la scomparsa del Comm. Bartolani, perorava di continuare le trattative con il Reggimento di Artiglieria e il ritorno della statua nel centro della città; vi fu anche la proposta alternativa di collocare la statua nel piazzale dell’Arco di Augusto;
il 27 febbraio 1996 la giunta del sindaco Giuseppe Chicchi deliberò di collocare la statua di Giulio Cesare in piazza Tre Martiri-angolo Corso d’Augusto, la copia di quella della Caserma di Artiglieria, realizzata grazie al Rotary Club di Rimini e alla Cassa Rurale San Gaudenzo, che sostennero le spese della Fonderia”. E adesso? Renzi chiede all’amministrazione comunale di provvedere urgentemente al restauro del basamento di bronzo della statua di Giulio Cesare “con le lamiere di bronzo distaccate che costituiscono anche un pericolo, considerando ridicoli i rattoppi con lo “scotch” (roba da Gabibbo !)” e di togliere l’imperatore dal castigo e collocarlo “al centro della piazza, per evocare che proprio qui avvenne l’evento di portata storica: il discorso di Giulio Cesare ai sui legionari , nell’allora Foro di Rimini nel 49 a.C., dopo aver varcato il Rubicone e pronunciato la storica frase “il dado è tratto–alea iacta est (motto del gonfalone del nostro Comune) per marciare alla conquista di Roma e fondare l’Impero Romano”.

La statua di Cesare donata da Mussolini si trova nella caserma di via Flaminia

L’assessore Pulini ha risposto che esiste un progetto più ampio per piazza Tre Martiri, che prevede l’eliminazione della edicola e “una migliore collocazione alla statua”. Dove? “Al posto dell’edicola”, ha detto l’assessore. Che ha dato anche una notizia di stretta attualità: “Da tempo il mio assessorato ha proposto la collocazione anche delle altre due statue conservate nei magazzini del museo, copie bronzee dell’imperatore Augusto e Tiberio, proponendo a più riprese alla Soprintendenza dei siti di collocazione: Augusto in prossimità dell’anfiteatro e Tiberio davanti al visitor center della Rimini romana. Per entrambe le proposte c’è giunto il diniego della Soprintendenza, per cui siccome non possiamo giocare a battaglia navale continuamente, abbiamo chiesto che la Soprintendenza dia indicazione su dove collocarle, ma la risposta non è ancora pervenuta…” Pulini ha aggiunto che si vorrebbe sistemare anche il basamento di Cesare. Capito? Per la Soprintendenza l’anfiteatro okkupato dal Ceis va bene, le passerelle al ponte di Tiberio vanno benissimo, ma Cesare, Augusto e Tiberio devono continuare a rimanere senza patria.

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