“La verità vi farà liberi”: la politica, i cattolici e Cl. Intervista a Bruno Sacchini

“La verità vi farà liberi”: la politica, i cattolici e Cl. Intervista a Bruno Sacchini

C'è un deficit di cultura tra i cattolici, per colmare il quale non basteranno tre generazioni. Oggi si fatica a vedere differenze significative tra Cl e Azione cattolica, e questo dice tutto. Pizzolante ha esultato per le parole di don Carron contro il sovranismo? "Vedo una confusione di tipo moralistico tra politica e valori che non fa onore a un laico vero come lui". Abbiamo posto otto domande a Bruno Sacchini. Ecco il suo punto di vista.

Sacchini, don Carron intervistato dal Corriere se la prende col sovranismo, sulla rivista di Cl (“Tracce”) si legge che la risposta alla crisi della politica e alla mancanza di ideali sta nella carità. Cosa ne pensa?
A me personalmente fa molto più paura il liberismo selvaggio (in forma di quel globalismo finanziario che ci sta distruggendo) piuttosto che un sovranismo nazional-popolare che al confronto è poco più d’una barzelletta. Quanto alla crisi della politica (che non c’entra niente con gli ideali, ma semmai con l’ideologia) è dovuta molto più al deficit culturale di cui soffriamo che non alla mancanza di carità. Come diceva Giussani quando, ad Assago, ha definito la politica come “forma più compiuta di cultura”.

L’ex onorevole Sergio Pizzolante ha salutato con favore le parole di Carron, trovando conferma della giustezza della propria visione: “Già qualche giorno fa avevo scritto un mio articolo che rilevava la confusione di valori che regna in parte del mondo cattolico. Quel mondo cattolico che mostra di essere sensibile a Salvini, ai sovranismi, ai nazionalismi”.
Il mio amico Sergio (che giustamente dal suo punto di vista, come tutti gli ex, sta cercando di risalire la china della propria debacle politica) secondo me continua a perdersi in una confusione di tipo moralistico tra politica e valori che non fa onore a un laico vero come lui. Per cui, sbagliato il punto di partenza, anche il resto vacilla.

Lei di recente ha scritto che “Comunione e Liberazione nell’ansia di seguire il Papa, sembra voler mettere tra parentesi l’impostazione Tomista del suo Fondatore privilegiando un’accentuazione di tipo valoriale (la carità innanzitutto) che rischia di mutarne i connotati”. Cosa intende con mutarne i connotati?
Il movimento di Comunione e Liberazione fin dalle sue origini si qualificò secondo tre direttrici, quella caritativa, quella missionaria e quella culturale. A quei tempi, attorno alla metà degli anni ’50, c’erano molte realtà all’interno del mondo cattolico (vedi l’Azione Cattolica) nelle quali la preoccupazione caritativa, ma anche missionaria, erano presenti. Nessuna però, e dico nessuna, aveva un accento culturale così eminente come il movimento fondato da don Luigi Giussani. Da questo punto di vista, purtroppo, oggi faccio fatica a vedere differenze significative tra Cl e Ac, e questo dice tutto.

Giussani nel famoso discorso di Assago del 1987, intervenendo ad un convegno della Dc lombarda, cominciò così: “La politica, in quanto forma più compiuta di cultura, non può che trattenere come preoccupazione fondamentale l’uomo”. E subito dopo citò il discorso all’Unesco (2 giugno 1980) di Giovanni Paolo II: «La cultura si situa sempre in relazione essenziale e necessaria a ciò che è l’uomo». La politica è la più alta forma di carità, per dirla con Paolo VI, o di cultura?
Le due cose non sono in contraddizione, se non altro perché la preoccupazione d’un pronunciamento di verità (cioè di cultura) sull’uomo non può fare a meno d’una cautela e prudenza nel suo comunicarsi, inscritta nel novero della virtù della carità. Resta che nel Vangelo Gesù ha detto: “La verità (non la carità o la generosità o la dedizione) vi farà liberi”. E fine della politica è appunto la liberazione dell’uomo attraverso il suo (e proprio) inveramento.

Fra i vescovi sembra prendere piede l’idea di un movimento dei cattolici che potrebbe anche presentarsi alle elezioni, e il presidente della Cei, card. Bassetti, ha fatto riferimento alle “tantissime esperienze sul territorio a livello associativo o anche singole esperienze che forse andrebbero messe in rete in una sorta di Forum civico. Occorrono giovani laici cattolici, trentenni e quarantenni, che sappiano cucire reti di solidarietà e di cura”. L’accento è posto sui valori. La convince questa prospettiva?
Mi convince l’idea d’una rete che sappia muovere un dibattito “culturale” tra cattolici il cui problema oggi è un deficit di cultura, non di fede, per colmare il quale non basteranno tre generazioni. Solidarietà e cura sono lo strumento per una penetrazione missionaria all’interno d’un mondo così disumanizzato da aver bisogno come il pane d’uno sguardo e d’una prossimità misericordiosa che il cristiano può offrire. Ma procedere da questo alla traduzione immediatamente politica può provocare, oggi come oggi, solo fraintendimenti di tipo clericale.

La parrocchia di Santarcangelo in vista del voto amministrativo ha organizzato quattro incontri sul tema del bene comune, nell’ultimo dei quali l’attenzione è stata posta sulla “pedagogia costituzionale”, sulla Costituzione “come punto di riferimento essenziale per far prevalere l’unità sul conflitto” e il nemico è stato individuato ancora una volta nelle “tendenze populiste”. Serve una parrocchia per rilanciare temi che fanno parte del background storico della sinistra?
Serve tutto, anche se bisogna stare attenti a non mischiare il diavolo e l’acqua santa. La porta stretta è quella che divide uno spiritualismo disincarnato da una parte e un interventismo clericale dall’altra che non fa bene né alla parrocchia (cioè alla chiesa) né alla politica. Solo la presenza dell’adulto nella fede (che sa prendersi autonomamente le proprie responsabilità) è in grado di evitare questo genere di commistioni. Detto brutalmente: i preti facciano i preti e i laici i laici.

Cl negli ultimi anni sembra più prossima ad una prospettiva di centro sinistra. A suo parere c’è una bussola dentro l’esperienza educativa di Cl capace di orientare l’impegno politico?
Cl è un movimento di educazione alla fede che sa fare il suo mestiere e lo fa bene. E questo è quanto.

Quest’anno si vota in sedici comuni della provincia di Rimini e nel 2021 anche per il rinnovo dell’amministrazione di palazzo Garampi: come vede queste scadenze e quale ruolo pensa debbano assumere i cattolici?
Cattolici per etichetta? E quali cattolici? Vogliamo taggare anche il mondo cattolico? Il problema non è dei cattolici in quanto gregge eteroguidato, bensì di cittadini coscienti dei loro diritti-doveri di fronte alla politica e capaci di farli valere. E’ un problema di laicità consapevole, senza aggettivi o certificazioni DOC. Come diceva Giussani, “laico cioè cristiano”, non cristiano e per ciò stesso laico.

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