Le Cst Uil della Romagna suonano la sveglia a Bonaccini

Le Cst Uil della Romagna suonano la sveglia a Bonaccini

Serve una attenzione radicalmente diversa per questo territorio. L’economia arranca in Romagna: la meccanica, la manifattura, la chimica, la siderurgia e l’agricoltura sono in difficoltà, ma il prezzo più alto di questa pandemia lo pagherà il turismo. Lo scrivono le quattro Camere sindacali territoriali della Uil di Cesena, Forlì, Ravenna e Rimini.

“La visione “Bologna-centrica” di Governo degli interessi regionali, alla lunga presenterà un prezzo politico, oltre a rappresentare una concezione “miope” dal punto di vista strategico per lo sviluppo dell’intera Regione. L’economia arranca nella Romagna: la meccanica, la manifattura, la chimica, la siderurgia e l’agricoltura sono in difficoltà, ma il prezzo più alto di questa pandemia lo pagherà il turismo, che importa persone e relazioni, le più devastate dal Covid, dunque occorre quindi sostenere l’industria del turismo, ossatura della Romagna. Questioni vitali, che la Uil sottopone al presidente della Regione Bonaccini, e alla politica nel suo insieme, e chiede con forza una “attenzione” radicalmente diversa alla Romagna“. Lo scrivono le quattro Camere sindacali territoriali della Uil di Cesena, Forlì, Ravenna e Rimini, coi loro segretari Marcello Borghetti, Enrico Imolesi, Carlo Sama e Giuseppina Morolli.

E’ una vera e propria sferzata all’indirizzo del governatore Stefano Bonaccini. Esprimono anzitutto “grande preoccupazione per i gravissimi danni sul sistema sociale ed economico procurati dall’emergenza Covid e grande vicinanza alle famiglie che hanno perso i propri cari”. Sostengono che “per ringraziare veramente gli operatori della sanità pubblica e sostenerli in una battaglia ancora molto lunga, occorre rifinanziare con decisione il sistema sanitario pubblico e rinnovare i contratti collettivi nazionali di lavoro, di tutti i lavoratori pubblici e privati”. E chiariscono che “senza la sicurezza sanitaria non vi potrà essere una ripresa economica solida e di qualità. Nella “fase due” di ripartenza, le imprudenze e le cattive abitudini di un lavoro da anni precarizzato, non potranno avere alcuna giustificazione politica”.

La seconda parte della presa di posizione delle Cst della Uil romagnola suona come una dettagliata critica allo status quo in Emilia Romagna. “Occorre un nuovo modello di sviluppo, finanziando solo le imprese che garantiscono occupazione di qualità, sbloccando gli investimenti, finanziando misure di sostegno al reddito organiche per tutti i lavoratori, rendendo rapidi i pagamenti degli ammortizzatori e infine adottando misure strutturali di sostegno alle famiglie e alla genitorialità”. Perché ad allarmare è “un sistema Romagna in forte affanno. La nostra Regione ha un consolidato tessuto economico e sociale, con una rete di relazioni fra soggetti istituzionali e associativi, rappresentata dal Patto per il lavoro, fortemente voluto dal Presidente Bonaccini. Questo sistema, a giudizio della Uil, ha già vistose crepe nella redistribuzione delle risorse fra le persone e fra i territori, con sofferenze sempre più marcate in Romagna“.

Ecco perché “la ripartenza, in assenza di una visione innovativa che coniughi sviluppo, sicurezza, qualità del lavoro e rispetto dei diritti, rischia di fare saltare in modo irreparabile sviluppo e coesione. Il tema è la qualità del lavoro accanto alla quantità, e il rilancio dello Stato sociale. Ci attendiamo quindi un rilancio della dimensione romagnola, sulla consolidata capacità emiliana di fare sistema. Due sub regioni, distinte, tanto per citare un dato, nel più basso valore dei redditi medi dei cittadini Romagnoli rispetto a quelli Emiliani”.

È evidente – conclude la Uil, “una carenza qualitativa e quantitativa infrastrutturale, e una mancata prospettiva progettuale, soprattutto nei collegamenti viari, su strada e su rotaia, fra Comuni, fra entroterra, costa, porti e aeroporti. Le politiche di area vasta hanno prodotto in Romagna alcune gestioni funzionali: acque, trasporti, sanità, ma si registrano lacune. Ad esempio l’Ausl di Romagna, a nostro avviso, oltre che sotto\finanziata sulla base della popolazione, rimane una grande incompiuta, con processi organizzativi squilibrati fra territori, problemi organizzativi e di accreditamento, che sono peggiorati in questa grave crisi sanitaria, accanto alla ingiustificabile totale mancanza di rapporti fra vertici Ausl e organizzazioni di rappresentanza. La Romagna sconta nelle mancate politiche di sviluppo, la storica divisione fra i Sindaci dei 4 Comuni principali Forlì, Cesena, Ravenna e Rimini, finendo così per perdere una strategica visione di sviluppo di area vasta, tesa a contrattare unitariamente maggiori risorse”.

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