Le mani sulla città, la responsabilità civica. Lettera aperta agli architetti della provincia di Rimini

Le mani sulla città, la responsabilità civica. Lettera aperta agli architetti della provincia di Rimini

"Mi rivolgo a tutti gli architetti del territorio provinciale di Rimini a proposito di certi interventi in corso nel tessuto urbano della nostra città, che interessano alcuni fondamentali beni architettonici". Inizia così la riflessione che l'Architetto Piccioli rivolge ai suoi colleghi ma anche a tutti i riminesi. E che passa in rassegna i principali progetti che stanno interessando Rimini, spesso all'insegna del dilettantismo e realizzati senza confronto e condivisione.

Cari colleghi,
mi rivolgo a tutti gli architetti del territorio provinciale di Rimini a proposito di certi interventi in corso nel tessuto urbano della nostra città, che interessano alcuni fondamentali beni architettonici: perché interessati alla salvaguardia e alla valorizzazione del bimillenario patrimonio architettonico del capoluogo, che costituisce la base culturale che ha nutrito la formazione di noi tutti.
Penso in particolare ai giovani architetti che, sotto qualsiasi forma esercitino ed in qualsiasi settore siano impegnati (pubblica amministrazione o libera professione, pianificazione territoriale o spazi di vita privati; conservazione del patrimonio storico o allestimento di nuovi scenari o manufatti) si trovano oggi ad affrontare le difficoltà della nostra complessa attività nello scenario economico e culturale scaturito dalla crisi finanziaria dei primi anni duemila, che ha davvero cambiato tutte le precedenti modalità di operare.
In questo vastissimo campo di esperienze gli architetti sono chiamati a svolgere un ruolo fondamentale per il presente ed il futuro, sollecitando l’impegno civico e la sensibilità visiva di tutti i cittadini responsabili: perché nessun cittadino degno di questo nome può prescindere dall’importanza del ruolo intellettuale dello scenario costruito, eredità intangibile della storia passata da tramandare intatta alle nuove generazioni. Un compito complesso per cui gli architetti hanno molte responsabilità, purché siano messi in condizione di esercitare le proprie competenze.
La responsabilità civica – sia per gli architetti come per i normali cittadini – fa tuttora riferimento alla sintesi formulata da Aristotele più di 2300 anni fa, nel momento di massimo splendore della Polis greca.
“La città è un fatto naturale e l’uomo è per natura un animale politico: per motivi più forti e diversi di qualunque animale che vive in gregge, perché solo l’uomo ha la parola che serve a manifestare quel che è utile o dannoso, giusto o ingiusto. Chi non partecipa alla vita cittadina o non ne ha bisogno o non può dirsi neppure propriamente un uomo: ma piuttosto una bestia, o un Dio”.

Noi architetti, nel nostro ruolo specifico, dobbiamo essere all’altezza di un ideale di convivenza collettiva

Noi architetti, nel nostro ruolo specifico, dobbiamo essere all’altezza di un ideale di convivenza collettiva. Per quanto attiene agli strumenti con cui svolgere il nostro lavoro, nelle nuove inedite situazioni che si sono venute configurando dall’inizio del nuovo millennio, disponiamo di una serie di metodologie messe a punto già nel secolo scorso: in particolare nel campo delicatissimo e decisivo del restauro e della conservazione dello scenario urbano; che non è un’attività limitata, circoscritta alla città storica, e pertanto riservata a  pochissimi specialisti; ma riguarda tutta la città, tutto il territorio, tutto quel che è stato costruito, modificato, manomesso o distrutto dal dopoguerra ad oggi; riguarda  tutti noi nelle varie discipline in cui si articola la nostra complessa attività. Del resto per ragioni sia ambientali che finanziarie è sbagliato e comunque impossibile immaginare un futuro che ripeta il recente passato di crescita ed espansione indefinita degli insediamenti. Il Restauro urbano e territoriale – dai centri storici alle periferie – costituirà la vera condizione di salvezza delle città, l’unica esigenza davvero espressa dalla società: per la quale il ruolo degli architetti è imprescindibile, e che pertanto costituisce il vero futuro professionale per l’intera categoria.
Il restauro e la conservazione dei centri antichi sono un obiettivo primario anche dal punto di vista del metodo, che può essere di esempio per tutte le altre casistiche territoriali e tipologiche. Comunque tutte, nessuna esclusa, potranno ammettere né dilettantismo né improvvisazione.

Un inaccettabile dilettantismo progettuale negli interventi in alcune delle parti più pregiate del centro storico

Da qui la preoccupazione per alcuni interventi cui sta procedendo l’amministrazione comunale di Rimini in alcune delle parti più pregiate del centro storico: purtroppo con un inaccettabile dilettantismo progettuale, che costituisce un’autentica negazione delle migliori metodologie messe a punto in materia dagli specialisti, ormai condivise da tutti gli operatori responsabili. Oltretutto questo inaccettabile livello di incompetenza è accompagnato dall’oscurità delle procedure, il che costituisce la negazione di un percorso condiviso: in cui tutti i cittadini – sia direttamente che attraverso gli architetti – possano esprimersi ed intervenire nelle scelte che tutti ci riguardano.
Chiedo pertanto a tutti di informarsi con attenzione circa i progetti proposti, e/o già in fase di attuazione, per esprimere il proprio giudizio di merito: che complessivamente rivelerà – ne sono certo – un vasto insieme di competenze finora non utilizzato e non espresso.
Queste operazioni sono state ideate e decise nelle segrete stanze affidandosi a non meglio precisati “tecnici” di cui si ignorano competenze e curricula; con i quali comunque l’amministrazione comunale, impedisce qualsiasi confronto. I risultati sono stati presentati solo sui social, attraverso poche immagini accattivanti ma del tutto generiche: per ottenere un consenso supino da parte dei cittadini male informati, senza possibilità né di replica né di dubbio da parte di chi avrebbe potuto opporre idee e metodi di intervento alternativi e più appropriati. Infatti per aumentare le difficoltà di controllo pubblico, l’amministrazione comunale si affida quasi esclusivamente ad agenzie quali Hera, Tram, SGR o Anthea: evitando concorsi pubblici di idee, ma potendo così scegliere gli operatori in maniera del tutto discrezionale, comunque senza controllo sulle competenze.

Ponte pedonale sulla via Roma: si è speso circa un milione per eliminare un semaforo pedonale

I risultati, per quanto fatto finora, sono sotto gli occhi di tutti: opere della cui primaria utilità non è dato sapere in quali sedi si sia discusso, e che iter approvativo abbiano sostenuto; in particolare quale sia stato il ruolo del Consiglio Comunale, l’unico organo che dovrebbe esprimere il pensiero dei cittadini. Opere sulla cui qualità già si cominciano a sollevare dubbi: si pensi solo al ponte pedonale sulla via Roma, dove, a prescindere dall’eccesso di immagine, per così dire, si è speso circa un milione per eliminare un semaforo pedonale; quando ormai tutti gli studi urbani sollecitano le amministrazioni pubbliche a disincentivare comunque il trasporto privato: per cui sperperare capitali per eliminare una fastidiosa strozzatura non appare una scelta inevitabile.
Ma c’è di peggio: la logica di mancato confronto con i cittadini, la stessa che ispira adesso i nuovi interventi riminesi, con la costruzione del TRC ha comportato la parziale distruzione del tessuto urbano di Riccione, ossia della seconda città della Provincia; a Rimini se ne sono accorti solo gli abitanti lungo la ferrovia, tra via Tripoli e Miramare, che comunque hanno subito gravi disagi; ma a Riccione l’immagine di città balneare è stata sfregiata per sempre da un muro di cemento lungo chilometri, incredibile se non nelle follie guerrafondaie di qualche stato in guerra: ma qui per fortuna solo per far passare un filobus, che oltretutto palesemente non servirà a niente! Eppure in questa vicenda hanno prevalso interessi certamente diversi dal miglioramento del trasporto pubblico.

Attorno a Castel Sismondo ci si limiterà a realizzare dei giardinetti e non si procederà invece al ben più giusto restauro urbano

Quali sono gli interessi che oggi ispirano operazioni come l’incredibile, devastante, arrogante e dilettantesco – e come sempre del tutto inutile! – intervento nel bacino del Ponte di Tiberio? Ne ho già parlato su questo sito qualche settimana fa e rimando il lettore a quell’intervento.
Perché dopo aver spostato il mercato (scelta senza dubbio giusta dell’amministrazione comunale), attorno a Castel Sismondo ci si limiterà a realizzare dei giardinetti e non si procederà invece al ben più giusto restauro urbano, che scavando il fossato permetta di riscoprire il Castello nelle sue giuste proporzioni? Qualcuno in proposito ha già fatto lo spiritoso (“poi ci metteremo i coccodrilli”: sai che ridere!): vada semplicemente a vedere le Rocche di alcune città vicine, Pesaro, Forlimpopoli, Senigallia, così, perché possa capire di che stiamo parlando!
Ed ancora: perché dopo venti anni di dibattiti su come avrebbe dovuto ricostruirsi il Teatro si è giunti all’incredibile compromesso: del quasi com’era! Ossia le forme originarie, ma realizzate in calcestruzzo: senza nessun riguardo per venti anni di discussioni sull’esigenza di riprodurre le capacità di risonanza della cassa muraria, impossibili appunto con il calcestruzzo. Anche qui nessuno conosce le competenze specifiche ed i relativi curricula dei progettisti (per carità niente di personale): ma per un edificio oltremodo specialistico è davvero da irresponsabili affidarsi a dei tecnici di competenza magari corretta ma del tutto generica: o no?

Via della Fiera non era già abbastanza sovraccarica? Il lungomare è appannaggio esclusivo di poche categorie economiche o patrimonio di tutti i cittadini?

Poi ci sono gli interventi moderni: via della Fiera non era già abbastanza sovraccarica? Visto che erano stati demoliti i vecchi Padiglioni, la città è mai stata chiamata ad esprimersi su che cosa fare dei circa 3 ettari recuperati in fregio al lago ed adiacenti al parco Ausa? Chi ha deciso che occorreva un nuovo supermercato? Che un nuovo centro natatorio doveva sorgere proprio in quel punto? Oltretutto costruendo a cinque metri dalla strada, come si sta cominciando a vedere?
Che dire poi della prospettata nuova sistemazione di Piazzale Boscovich e del triangolone fronte mare tra il Grand Hotel e il Porto? Quali sono le competenze urbanistiche di chi ha redatto il progetto pubblicato? Chi sono i promotori? La principale immagine della Marina di Rimini cambierà radicalmente senza alcun confronto reale con la città, senza che sia stata ascoltata la voce di nessuno, né degli architetti né dei cittadini.
Infine non vogliamo avventurarci nella vicenda del lungomare: anche qui molti rendering assai generici ma nessuna apertura ad un confronto reale con la città. Sappiamo già che ci verrà risposto che le categorie economiche interessate sono chiamate a fare proposte, e che pertanto il risultato finale sarà il frutto di un ampio spettro di suggerimenti: come se l’argomento riguardasse solo gli operatori di spiaggia; come se il lungomare, ossia una delle immagini principali della città, fosse appannaggio esclusivo di poche categorie economiche e non patrimonio di tutti i cittadini: del mondo, verrebbe da dire, sull’esempio degli atteggiamenti un po’ cesaristi del primo cittadino!

Dopo questa carrellata di esempi non proprio rasserenanti concludo rinnovando l’appello a tutti i cittadini, ed in particolare agli architetti, perché esprimano la propria opinione su quanto ho qui sollevato.
Grazie comunque dell’attenzione.

Arch. Stefano Piccioli

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