L’ingiustizia: palazzo Garampi dà lo sfratto da un alloggio popolare a due anziani malati

L’ingiustizia: palazzo Garampi dà lo sfratto da un alloggio popolare a due anziani malati

Una coppia di ottantenni, con problemi di salute, vive dal 1978 nell'appartamento che si è arredato da cima a fondo e nel quale ha cresciuto tre figlie. Ora non rientra più (per una cifra ridicola) in uno dei due requisiti economici ritoccati dalla Regione per la permanenza negli alloggi Erp. E deve lasciarlo. Finendo in mezzo alla strada. Vi raccontiamo questa storia incredibile (anche attraverso un video nel quale parla la figlia Beatrice), ma siccome c'è anche bisogno di aiutarli dal punto di vista legale, facciamo appello alla sensibilità di avvocati che vogliano gratuitamente mettersi in gioco.

I coniugi Lodolini vivono in un alloggio di edilizia residenziale pubblica di via Acquario da 41 anni. Conservano ancora il verbale di consegna dell’appartamento, avvenuta il 22 giugno 1978, su carta intestata dell’Istituto autonomo per le case popolari della provincia di Rimini, e il contratto di locazione: “l’affitto è stabilito in lire 262.404 annue da pagarsi dall’inquilino in rate mensili di lire 21.867”.
Qui hanno cresciuto e fatto studiare le loro tre figlie, lavorando sodo. Una vita semplice, fatta di molti sacrifici, mai una vacanza, come tanti della generazione di questa coppia. Sudore e fatica ma anche tanta dignità. Giuseppe, nato a Rimini nel 1940, si è fatto in quattro non solo per non far mancare nulla alla sua famiglia, ma ha trovato anche tempo ed energie per gli altri: ha fatto volontariato accompagnando i bambini a scuola all’interno del progetto “Piedibus”, e per le tante donazioni di sangue è diventato cavaliere dell’Avis: “Chissà quante vite avrà salvato, ma adesso che ha bisogno lui, riceve questo trattamento”, dice la figlia Beatrice. E’ lei che nel video di 8 minuti che pubblichiamo fornisce tutti gli elementi per comprendere ciò di cui stiamo parlando, compresi i risvolti umani. In una città come Rimini che si vanta di accogliere tutti, e che spende nel sociale cifre vertiginose, drammi umani come questo non dovrebbero esistere.

Cosa è successo? Arrivati alla soglia degli 80 anni, all’improvviso questi anziani si sono visti notificare dall’amministrazione comunale di Rimini uno sfratto, paragonabile ad uno tsunami dal punto di vista psicologico e della loro stabilità complessiva, perché è andata in frantumi la principale sicurezza sulla quale poggiavano: quella di un tetto sotto al quale vivere gli ultimi anni. Comunque già complicati per ragioni di salute. I referti medici parlano per il signor Lodolini di sindrome di Parkinson e di tanto altro di grave che non riteniamo necessario gridare ai quattro venti. Già mettere in piazza tutto quello che vi stiamo raccontando è doloroso, anzitutto per i diretti interessati e i loro familiari. Ma dopo aver dialogato a lungo con gli uffici comunali competenti senza nessun risultato, e con la prospettiva di finire a breve in mezzo alla strada, il pensiero maturato è stato quello di tentare un’ultima carta: quella della verità e dell’umanità.

Perché nel 2017 ricevono la notifica di sfratto? Perché nel 2016 la Regione Emilia Romagna ha ritoccato i requisiti economici per l’accesso e la permanenza negli alloggi di edilizia residenziale pubblica: Isee non superiore a 24.016 e patrimonio mobiliare di 49mila euro. Questo secondo parametro i pensionati Lodolini lo superano di circa 7mila euro. Non è che abbiano ricchezze faraoniche nascoste chissà dove. L’unica anomalia sono quei pochissimi euro di sforamento. La signora possiede 1/5 di un immobile ereditato alla morte dei genitori e di cui non ha la disponibilità perché abitato dalla sorella. Questa anziana coppia non ha un altro luogo nel quale poter andare a vivere.

Ma l’impietosa macchina della burocrazia che in questo caso applica la legge con gli occhi bendati, senza considerare null’altro, procede inesorabile. Prima arriva la comunicazione di decadenza dell’assegnazione dell’alloggio, alla quali i Lodolini non danno grande importanza (pare l’abbiano anche smarrita) perché non immaginano nemmeno il terremoto che sta montando. Nella loro semplicità e buonafede non pensano che dal Comune possa arrivare qualcosa di “ostile”. Morale, non presentano nessuna controdeduzione e l’amministrazione comunale dichiara la decadenza dall’assegnazione dell’alloggio. Tutto ciò nel 2017. L’anno seguente arriva anche la diffida al rilascio di quell’appartamento e poi una nuova intimazione. Si è già presentato l’ufficiale giudiziario due volte (“si è dimostrata la persona più umana fra quelle che si sono interfacciate con noi in questa vicenda”, dice Beatrice), e la prossima volta pare tornerà a suonare al campanello fra qualche giorno.

A causa dello sforamento di quell’unico parametro, i due pensionati da circa 300 euro al mese, sono finiti a pagarne più di 800. Un canone esagerato per il tipo di alloggio ma soprattutto insostenibile perché Giuseppe e Rosalba non hanno le risorse per continuare a scucire ogni mese questa somma. Sono anche incappati nel ricalcolo dei canoni: quasi altri 1800 euro per il solo periodo da ottobre 2013 a dicembre 2014. “Dal Comune l’unica proposta alternativa pervenuta è stata quella della disponibilità di un alloggio privato a 700 euro al mese”. Ma a parte la cifra salata, a leggere quello che mettono nero su bianco i medici, un trasferimento in un altro alloggio potrebbe compromettere lo stato di salute del signor Lodolini, che con la moglie vive da oltre 40 anni in un appartamento che si sono arredato da cima a fondo. Non per una sistemazione temporanea, dunque, e se fossero sbattuti fuori (epilogo che davvero si spera possa essere evitato) quell’appartamento tornerebbe ad essere spoglio come quando fu assegnato a questa famiglia nel 1978. E dunque l’amministrazione comunale chi ci inserirebbe in un appartamento vuoto di ogni tipo di arredo?

Pare che dal punto di vista legale gli anziani sotto sfratto non abbiano cartucce da sparare. “Un po’ perché sconsigliati dal funzionario comunale, che ci ha detto che tanto nessuno ha mai vinto queste cause, e un po’ perché i costi che avrebbero dovuto affrontare per il ricorso hanno scoraggiato i miei genitori”, spiega Beatrice. Ma stanno davvero così le cose? C’è un avvocato (o più d’uno) disposto ad aiutare gratuitamente Giuseppe e Rosalba, a prendersi a cuore la loro vicenda e a valutare eventuali azioni affinché possano rimanere nel loro appartamento?

“I parametri previsti per poter abitare in questo appartamento i miei genitori li hanno rispettati sempre, mi piacerebbe verificare se negli alloggi Erp è avvenuta sempre la stessa cosa”, aggiunge Beatrice. “Il trauma che stanno vivendo da quando è iniziata questa storia li ha già provati parecchio, mandarli via da qui potrebbe solo peggiorare anche la sindrome depressiva di cui soffre mio padre”.

Come si può far pagare a due pensionati (la signora Rosalba riceve la minima e Giuseppe poco di più) riminesi che hanno alle loro spalle questa storia e che sono arrivati al traguardo di 80 anni, un prezzo così pesante? L’umanità non dovrebbe contare qualcosa?

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