Siamo arrivati a luglio, fra pochi giorni si celebra la Notte rosa. Ma il molo e gli scogli di San Giuliano sono ancora pieni di rami e tronchi. Pure il pedalò affondato non è stato recuperato. Come invece accaduto ieri per due relitti di imbarcazioni nel porto canale.
Una quarantina di giorni fa, al termine della sfrenata galoppata verso l’Adriatico, il fiume Marecchia irrompe, senza complimenti sulle rive di San Giuliano e Rivabella. Rimangono spiaggiati una miriade di cadaveri di legno, plastica, biciclette rugginose, taniche, bottiglie di vetro e tutto ciò che vi passa per la mente possa essere vomitato da un fiume in piena. Avendone appunto le scatole “piene”, il fiume restituisce tutti i rifiuti che gli sono stati gettati in grembo dall’Alpe della Luna fino all’ultimo rùzzolo in Adriatico. Anche la pazienza della Natura ha un limite. Passata la buriana, liberati gli arenili dalle foreste di tronchi e ricomposti i plotoni di ombrelloni e brandine, eccoci a luglio, dopo un maggio balneare nullo e un mese di giugno anzitempo rovente, pronti (?) per affrontare la Notte Rosa, evento che qui molti vogliono considerare il capodanno dell’estate.
Da sabato scorso abbiamo ancora sanguinosamente arpionati ai timpani gli echi della Molo Street Parade, altra manifestazione a cui nessuno si può in alcun modo sottrarre. Nemmeno chi non fosse in linea con i gusti musicali del nostro pirotecnico sindaco o chi spenda fior di quattrini per soggiornare presso titolati (una volta) hotel a cinque stelle. Dobbiamo soccombere sotto bordate di decibel oltre la sopportazione. Chi non è d’accordo, si faccia più in là: Santa Cecilia ha da passà.
Decidiamo di trascorrere l’ultimo sabato di giugno al lido San Giuliano, spiaggia normalmente tranquilla perché defilata dai clamori e affatto genuflessa alle incessanti sfilate di venditori abusivi (Racket S.p.A.) che affollano i litorali limitrofi. Niente da fare. Nonostante ci sia quasi un chilometro in linea d’aria, il frastuono della “Molo” arriva anche là. Allora, per mettere altra distanza tra noi e la “gnassica kermesse”, andiamo a farci un giro sul Lungofiume degli Artisti (partorito anni fa dall’idea di un’imprenditrice locale). Il camminamento rustico e verace, conserva particolari note selvatiche di una vegetazione caratteristica di un tempo andato, costeggia la riva destra della foce del Marecchia. Da lì, volendo, è possibile passare sul ponte San Giuliano per andare a Rivabella.
Quando raggiungiamo la sponda opposta, notiamo che il pedalò bianco/verde è ancora là dalla prima volta che lo vedemmo, oramai diverso tempo fa. Giace tuttora semi affondato, con la prua in assetto di perenne cabrata. E a questo punto è d’obbligo un breve inciso.
Proprio ieri, Legambiente ha fatto sapere per voce del presidente Frattini che in linea di massima in Emilia-Romagna gli ultimi rilevamenti non denunciano sforamenti delle soglie di inquinamento legato a una cattiva o assente depurazione. Quasi bene. La foce del Marecchia ha visto un superamento dei limiti fissati per le acque di balneazione (misurazioni di Arpae del 24 giugno). Inoltre si osserva che i Comuni non rispettano l’affissione della cartellonistica informativa rivolta ai cittadini, nonostante questa sia obbligatoria ormai da anni. Talvolta è duro mettere gli indigeni e i turisti davanti alla realtà. Da Rimini l’associazione ambientalista ha pure rilanciato la campagna per liberare l’Emilia-Romagna dall’uso della plastica “usa e getta” richiedendo alla Regione un impegno concreto.
Per l’occasione, attraccato al molo di Rimini, l’ormai celebre catamarano “Mal di Plastica” dei fratelli Piero e Matteo Munaretto e l’amico Stefano Rossini, vuole ricordare a tutti l’esistenza del drammatico problema. Quale miglior opportunità per gonfiare il petto nei confronti di Legambiente, se non recuperare un corposo malloppo di plastica e ferro già bello che impacchettato nell’alveo del fiume testé bacchettato? Eccolo, signori, il riscatto immediato della foce!
Basterebbe portare in secca il pedalò, ma se nessuno se ne occuperà, quello rimarrà là. Rima compresa. Noi lo abbiamo segnalato in un articolo l’8 di giugno in cui rilevammo che il piccolo molo di San Giuliano era ancora ingombro di rami (e plastiche, naturalmente), poi alla Capitaneria di Porto, alla Protezione Civile e all’Assessorato all’ambiente (esattamente il 13 giugno. Nella stessa occasione abbiamo fatto presente (documentando con foto) che una notevole quantità di legno invadeva ancora la massicciata.
Conoscendo l’assessore Montini, siamo sicuri che avrà dato disposizioni all’azienda preposta di ripulire la scogliera. Ma tutto è cristallizzato ai famosi quaranta giorni fa. Va detto che sempre ieri, in occasione della presenza della Goletta Verde di Legambiente sono stati riportati a terra i relitti di due imbarcazioni affondate diverso tempo fa nel porto canale (foto qui sotto).
Le operazioni di recupero sono state possibili grazie ai sommozzatori della protezione civile, dalla Sub Rimini Gian Neri. Nelle stesse ore, circa dieci volontari dell’associazione ambientalista del “cigno verde” insieme con privati cittadini si sono rimboccati le maniche per ripulire le banchine del porto canale. Bene: grazie. Li attendono fiduciosi anche altrove…
Il pedalò arenato, gli scogli e il molo intasati dai rami non sono un mero problema ambientale. C’è di mezzo anche l’immagine dell’ex Capitale del Turismo. E di turismo, ci viviamo. Se i segnali sono questi, non sono confortanti. In Giappone nel 2017 una terrificante scossa del 9° grado della scala Richter distrugge un’area e apre diverse voragini in un’autostrada. Una potenza spaventosa. Sei giorni dopo, il ponte è perfettamente ricostruito. Purtroppo non siamo ai livelli di efficienza del Sol Levante. Per nostra disgrazia, caso mai, siamo solo un po’ “levantini”. Comunque, che brutto vedere e che pessima immagine diamo di un quartiere che già versa in grave difficoltà. Quel piccolo molo abbandonato a sé stesso, non aiuta di certo. E non si speri nella benevolenza del vento perché poi i detriti li ritroveremmo sulla battigia. In conclusione, si dia pure inizio alle fiabesche danze della Notte Rosa. Cenerentola c’è e si chiama San Giuliano a mare. Manca solo il principe.
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