Nando Piccari: “Gli industriali si sono autoesclusi da Carim”

Nando Piccari: “Gli industriali si sono autoesclusi da Carim”

Riecco il politico di lungo corso. Che a ruota libera e con molte incursioni ironiche parla di sé, del suo ruolo nella Fondazione Carim e dell'amicizia con Massimo Pasquinelli. Delle scelte che attendono Carim e Palazzo Buonadrata. Con un affondo sul ruolo giocato da Paolo Maggioli in occasione delle recenti elezioni per il rinnovo del cda della Banca. E poi dell'inchiesta Aeradria e della ricandidatura di Gnassi. Fino al Trc ("è diventata una gara a chi ce l'ha più lungo"), auspicando qualche pontiere nel Pd riccionese.

Un proverbio ebraico dice “l’uomo pensa, Dio ride”. Ma Nando Piccari (nella foto) avrebbe di che ribattere. A dicembre uscirà una nuova raccolta dei suoi corsivi. Venati sempre di ironia. Sorride anche dell’infarto che nel marzo di tre anni fa lo fece alloggiare controvoglia nel reparto di terapia intensiva dell’Infermi. “L’ultimo ricordo che ho di quella sera è la porta a vetri del pronto soccorso che si apre mentre io stavo pensando: se mi chiedono, cos’ha, io cosa rispondo?”. Non c’è stato bisogno di domandarglielo, perché è andato in coma subito ed è stato necessario lavorare di defibrillatore. Una, due, tre, quattro, cinque scariche. “Al sesto tentativo sono rinvenuto”. E nel maggio del 2012 quella esperienza la raccontò. Titolo: “Dopo averla vista brutta non ci si può sentire che buoni”. Oggi, scrisse quella volta, “non me la prenderò con nessuno, cari lettori, anche se non ne mancherebbero i motivi, visto quanto è successo in Italia, nel mondo e a Rimini, nei quaranta giorni in cui ci siamo persi di vista. Credo che la cosa sia comprensibile, dal momento che non ho ancora dismesso del tutto i panni del “miracolato”, nei quali sono entrato per la seconda volta in vita mia”.
Nando Piccari dice che ha dovuto scalare qualche marcia, gioca un po’ meno all’attacco e un po’ più in difesa, ma senza appendere la penna al chiodo e continuando a coltivare i suoi tanti interessi. “La consapevolezza che mi è andata bene ce l’ho, io non sono credente però un debito verso qualcosa o qualcuno credo di averlo”, commenta con espressione divertita.

E’ diventato un po’ più diplomatico rispetto al passato, anche perché nel frattempo ha assunto ruoli in “salotti” ovattati, dove si parla sottovoce e un linguaggio politically correct. Nel 2011 è andato a sedersi nel consiglio generale della Fondazione Carim e dal 2013 nel cda, dopo che nel 1996 era diventato socio su nomina della Provincia. A fianco del suo antico rivale, Massimo Pasquinelli, col quale invece oggi va d’amore e d’accordo, nonostante coi ciellini non abbia mai avuto particolare feeling.
“Non ce le siamo risparmiate in consiglio comunale, lui era segretario della Dc e io del Pci. Ma all’epoca la politica anche nello scontro manteneva un presupposto che oggi si è annacquato: prima di tutto non era una guerra fra persone”, dice Piccari. Anzi, a vedere le fotografie che pubblicò il Carlino, fra democristiani e comunisti, quanto meno lontani da Palazzo Garampi, c’era parecchia intesa. “Facevamo i doppi di tennis: io e Ennio Grassi da una parte, contro Pasquinelli e De Sio dall’altra. Poi De Sio per un problema alla schiena non riuscì più a giocare. Bisognava trovare un sostituto”. Antonio Smurro? Non proprio il physique du rôle giusto. “Allora proposero l’ing. Cenerini, che non dà l’impressione di essere un atleta, invece …” Sul campo da gioco si dimostrò un asso. Della serie 6-0, 6-0, 6-0 per lo scudo crociato. Le foto che andarono sul giornale non ebbero bisogno di didascalia: “Io e Grassi sudatissimi e Pasquinelli e Cenerini che sembravano pronti per una serata di gala”. E le amicizie cementate giocando a fare gli sportivi, si sa, sono le più indistruttibili.
“Poi quando sono entrato in Fondazione abbiamo ripreso il filo del discorso, come si suol dire, è un rapporto che nasce da lontano quello fra me e Massimo”.
Si, ma questa Fondazione segnata da problemi giganteschi, con sempre meno soldi da spendere, e una banca in pancia continuamente sotto i riflettori per inchieste, commissariamenti, polemiche, voti bassi affibbiati da Bankitalia, come se la passa? “La Fondazione ha subito una profonda metamorfosi in questi anni. E io nel cda ne sono la prova”, ironizza Piccari. “Alla prima riunione di consiglio mi sentivo come il cane in chiesa…” La metamorfosi, dunque. “Le decisioni in anni lontani venivano prese in alcuni salotti buoni, poi le cose sono cambiate. Da un certo momento in avanti hanno cominciato a formarsi due anime, che un po’ caricaturalmente sono state definite i cattolici e i laici. Fra i cattolici c’è gente che non è mai andata in chiesa e fra i laici qualcuno che dice il rosario tutte le sere”. Basta scorrere l’elenco dei famosi “conventuali” che si riunivano con Luciano Chicchi alle Grazie. “Poi è arrivata la crisi, che non ha risparmiato nessuno, nemmeno Carim. La vicenda del Credito Industriale Sammarinese, i crediti deteriorati e l’obbligo di accantonare somme sempre più alte. L’ultima semestrale si è chiusa con un disavanzo di 9 milioni di euro ma non bisogna dimenticare che si sono dovuti accantonare 40 milioni di euro a causa delle sofferenze, come richiesto da Bankitalia”. D’altra parte, spiega Piccari, “per la riconsegna in bonis della Banca è stata necessaria la ricapitalizzazione e la Fondazione ha dovuto indebitarsi”.
Un film che dovrà essere replicato ancora una volta, considerato che i commissari di Palazzo Koch al termine dell’ultima verifica hanno chiesto una nuova ricapitalizzazione. E siccome è stato difficilissimo portare in porto la prima, a che santi pensa di votarsi stavolta Massimo Pasquinelli? Un passo indietro: tutti reclamano maggiore trasparenza e volontà di condivisone delle scelte da parte della Fondazione. “Fa un po’ ridere questa richiesta. Pasquinelli è impegnato anche in questi giorni per il futuro della Fondazione e della Banca, ma noi stessi, componenti del cda, non siamo a conoscenza di tutto finché le cose non maturano, ed è normale che sia così. Le notizie positive però non mancano, Carim ha ripreso redditività, ha un direttore molto bravo e di grande fiducia, il mercato sta riprendendo quota…”
Comunque si dovrà passare dalla cruna stretta di una nuova capitalizzazione. O guardare alla fusione con altri istituti di crediti: la strada che porta alla Cassa di Risparmio di Cesena appare chiusa, rimane aperta forse quella per Ravenna. “Penso non sia praticabile nessuna delle due strade”, risponde Piccari. “Ma ci sono istituti bancari e fondi di investimento che dimostrano molta attenzione verso il mercato italiano, si stanno allargando gli orizzonti”. Propedeutico a questo scenario, c’è la definizione in corso del piano industriale di Carim, che dovrebbe essere pronto a breve. “Poi si potrà guardare sia all’interesse, pure presente, delle forze imprenditoriali locali, e sia a quello di investitori bancari e non, anche da fuori Rimini. Sicuramente le settimane e i mesi che abbiamo davanti saranno delicatissimi e decisivi per il futuro di Carim. E c’è un destino oggettivamente collegato fra lo sviluppo della banca e la futura conformazione degli assetti della Fondazione. I due percorsi devono andare di pari passo”.
Ma tenere fuori gli industriali alle ultime elezioni per il rinnovo degli organi di Carim non è stato un errore? “E’ stato un errore compiuto dagli industriali, non dalla Fondazione”, ribatte Piccari. “E’ singolare che il presidente degli industriali gridi alla discriminazione, che secondo lui sarebbe stata operata dalla Fondazione al momento della formazione delle liste. Se un errore c’è stato, a commetterlo è stato Paolo Maggioli”. Tiriamo il freno. Qui la chiacchierata con Nando Piccari si fa succosa. “Vi sarebbe stata la possibilità di sondare, con ampie prospettive di successo, la possibilità di avere una forte lista di minoranza, che la Fondazione nella sua autonomia avrebbe salutato con grande interesse e favore, e che avrebbe avuto fra l’altro il merito di tenere unito il mondo industriale. Ma Maggioli ha preferito giocare la partita in altro modo, fra l’altro accreditando il sospetto, sicuramente sbagliato ma da più parti avanzato, di essere stato in questo senso mal consigliato da qualcuno. Ma giudico positivo che oggi Maggioli concluda i suoi ragionamenti sul tema auspicando un ritrovato clima di collaborazione con la Fondazione, che da parte sua a questa volontà non è mai venuta meno”.

Non di sole istituzioni bancarie vive Rimini e avendo davanti il politico e amministratore di lungo corso non si può non chiedergli un parere sulle vicende che hanno affossato Aeradria.
“Cominciando dalla fine dico che ci si trova davanti ad un caso più unico che raro, quello cioè di avere decretato a posteriori, di fatto, il fallimento di una società nel cui assetto i creditori erano diventati proprietari. Credo siano pochi i casi in cui di fronte alla prospettiva ‘fallimento sì fallimento no’, i creditori invocano il Tribunale affinché non si esprima per il fallimento”. Ma Piccari aggiunge anche altro. “Non conosco i particolari dell’inchiesta. Dal punto di vista politico mi sento di dire che se c’è stato un limite dei proprietari pubblici è stato quello di avere consentito che si facessero investimenti in attesa di avere la certezza dei finanziamenti, e qui ha giocato un ruolo nefasto il patto di stabilità. Per il resto mi sembra eccessivo, e un po’ anche offensivo per l’intelligenza di tutti, considerare associazione a delinquere l’impegno di pubblici amministratori che non hanno rubato un euro – come ha avuto occasione di dire il procuratore capo – e che hanno comunque agito con l’obiettivo di salvare l’aeroporto”. Restano le accuse pesanti e un aeroporto fallito. “E’ benvenuta l’attenzione della magistratura sulle cose della pubblica amministrazione, perché è una garanzia per i cittadini. Però la fiducia nella magistratura è un po’ come la fiducia nella medicina, non vuol dire che andresti a farti visitare indifferentemente da tutti i medici”, dice Piccari senza tanti giri di parole. Che storce il naso anche davanti a quella che definisce “una rete gettata su un’intera classe dirigente”.

Da Aeradria al secondo mandato del sindaco, il passo è brevissimo. Premessa. Nando Piccari non è più iscritto al Pd: “Non ho preso la tessera nel 2014 perché credo che un partito debba avere una soggettività, debba fare cultura, favorire il confronto …, mentre nel Pd di Renzi è passata l’idea di un certo leaderismo. Però sostengo l’azione di governo di Matteo Renzi, voto Pd, e forse tornerò ad iscrivermi, anche se mi piace fare il battitore libero. E poi essere iscritto o meno al Pd oggi cambia poco”. Cambia, perché il partito dovrà decidere se far correre ancora Andrea Gnassi e non mancano resistenze interne. “Da quel che so, il Pd di Rimini ha fatto ultimamente una scelta molto saggia, che spero sia univoca e irreversibile”. Ovvero? “Quella di dire che non ci sono storie, il candidato è Gnassi, ed io condivido totalmente. Non c’entra l’aspetto affettivo… da qualche parte ho le fotografie che lo ritraggono col grembiulino dell’asilo al compleanno di mia figlia. Con qualche difetto e limite, come tutti, però in questo momento Gnassi è la persona che ci vuole, non al Pd ma a Rimini, non ne vedo di meglio. Dopo lunghi anni in cui si è andati avanti con lo sguardo rivolto al contingente, ora è fondamentale un disegno e lui ce l’ha, mi pare evidente”. Limiti quali? “Il carattere di Andrea, e lo posso dire perché lo conosco, è quello di sbottare, di esternare troppo, ma per il resto avanti tutta”. Melucci qualche mese fa non ha dato per scontato il sequel dell’attuale primo cittadino. “Dalle voci che mi arrivano nessuno nel Pd ha fatto proposte alternative a Gnassi, quelli che sussurravano di un suo accantonamento nel caso fosse raggiunto dal rinvio a giudizio, mi risulta non lo dicano più”. E se arriva questo provvedimento della procura con un’investitura già certa per Gnassi? “Prima di tutto il rinvio a giudizio non è un motivo sufficiente per non essere ricandidati, in Italia com’è noto ci sono tre gradi di giudizio. E poi… ha ragione Berlusconi, mica possiamo far fare le liste, cioè scegliere i candidati, alle procure della Repubblica”.

E cosa pensa Nando Piccari della infinita querelle sul Trc? “Certamente è un’opera che arriva con 20 anni di ritardo, fra l’altro avendo ormai allontanato, se non perso del tutto, la prospettiva dalla quale era nata, cioè un’opera che mettesse in collegamento Cattolica con Ravenna. Però io che sono ottimista dico: anche chi ha visto nascere il primo tratto di rete ferroviaria non sarà stato troppo soddisfatto del risultato, ma non per questo ha fermato tutto”. Ma non mi dica che condivide la guerra di nervi ingaggiata dal Pd e il muro contro muro a cui stiamo assistendo, che arriva fino a rifiutare le proposte del sindaco finalizzate a ridurre l’impatto sulla città e i costi: “Ormai è diventata una gara a chi ce l’ha più lungo. Un braccio di ferro che imprigiona Renata Tosi e anche il fronte opposto. Senza un minimo di collaborazione, che deve venire anche dal Pd, non se ne uscirà. Fino a questo momento sono mancati i pontieri e una classe politica all’altezza”.

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