Per Bonaccini senza le stelle si mette malissimo e il 14 novembre comincia l’assedio di Salvini

Per Bonaccini senza le stelle si mette malissimo e il 14 novembre comincia l’assedio di Salvini

Parte da Bologna la martellante campagna elettorale di Matteo Salvini per espugnare la Regione Emilia Romagna. Batterà a tappeto tutti i territori. Mentre Di Maio stacca la spina alle alleanze col Pd in vista del voto di gennaio. E a Rimini sia in casa dem che in quella leghista su un punto non sono distanti: se il centrodestra riuscisse a mandare a casa Bonaccini, anche palazzo Garampi cambierebbe colore.

Può accadere di tutto nel movimento 5 stelle uscito terremotato dal voto dell’Umbria. Luigi Di Maio non è che abbia le idee chiarissime, si trova ad arginare una grossa fronda interna e, soprattutto, l’ultima parola ce l’avrà non lui ma il grande capo Beppe Grillo. Intanto però ha cominciato a dire: “Ricordiamoci da dove veniamo e la coalizione col Pd ha portato all’astensione della metà dei nostri elettori”. E anche che “nelle prossime ore ho incontri con gli eletti in Calabria e Emilia Romagna per iniziare un percorso, saranno i territori a decidere, ma sono pronto a scommettere che nessuno mi chiederà di allearci con il Pd dopo il dato umbro“. Suda freddo Stefano Bonaccini, che pure cerca di ostentare sicurezza.

L’Umbria non è l’Emilia Romagna. Bonaccini non arriva al voto con una situazione disastrosa e con uno scandalo come quello che ha azzerato la giunta di Catiuscia Marini. Però il matrimonio fra M5S e Pd anche nella nostra regione sarebbe con ogni probabilità giudicato innaturale e poltronaio da buona parte della base pentastellata. Come giustificare infatti l’accordo dopo i tanti anni di contrapposizione frontale col Pd e con Bonaccini, accusati di tutto e avversati sui principali grandi temi al centro dell’agenda politica?

Il Pd non è solo il partito delle élite. E’ anche maestro, soprattutto in certe regioni dove comanda da sempre, nelle tattiche per mantenere il potere e in questo momento le sta provando tutte pur di portare a casa un’intesa coi 5 Stelle. La foto che ritrae i nemici di ieri sorridenti sul campo di calcio dello stadio di Cattolica, domenica scorsa, la dice lunga. Giulia Sarti, Marco Croatti, Raffaella Sensoli, Emma Petitti, Riziero Santi e Stefano Bonaccini tutti insieme appassionatamente. Anche se i volti tradivano un certo imbarazzo. Figurarsi quello degli elettori che dovrebbero fare il tifo per questa formazione.
I giochi però sono solo all’inizio. In entrambi i fronti c’è chi si sta ingegnando per portare in porto l’alleanza elettorale. Non è stato ancora scartato del tutto il percorso che prevede che Pd e 5 Stelle si presentino senza simboli in nome di un patto civico, pur di convergere, ma probabilmente sarebbe un bagno di sangue soprattutto per il Pd. Che lo sa bene. E poi come conciliare Italia Viva con i 5 Stelle? Bonaccini sta infatti tessendo di fitto per avere il sostegno di Matteo Renzi, il quale però ha già detto forte e chiaro che l’alleanza umbra è stata una sciagura.

Il 14 novembre Matteo Salvini comincerà il suo accerchiamento al fortino non più inespugnabile. Al PalaDozza di Bologna aprirà la campagna elettorale presentando ufficialmente la candidata Lucia Borgonzoni. Ha già pianificato un martellamento non meno massiccio di quello messo in campo in Umbria, che lo porterà in tutti i territori, Rimini compresa, e non da meno sarà Giorgia Meloni, ormai lanciata come un treno, che pure avrebbe preferito che a correre per la carica di governatore fosse Galeazzo Bignami. A differenza della immagine da ruspa e Papete che gli è stata cucita addosso, Salvini è un animale politico e sa bene che in Emilia Romagna dovrà conquistare nuovi consensi in settori non proprio a lui affini per riuscire a piazzare il colpo. Nel suo entourage assicurano che il Capitano stia mettendo a punto una tattica cucita addosso all’ambizioso obiettivo: in lista non solo leghisti della prima ora ma anche figure di riferimento in salsa civica, aggregando forze fresche espressione delle professioni e della società civile.

La chiesa bolognese guidata dal cardinale Matteo Zuppi, che per integrare i musulmani ha messo in tavola nel giorno del patrono i tortellini al pollo, non sarà al fianco di Salvini. Ma l’esperienza umbra (dove i vertici della chiesa e i frati francescani non hanno certo sostenuto la candidata della Lega) insegna che i cattolici sanno discernere il magistero dalla politica.

Le recenti elezioni europee hanno dato un risultato molto chiaro. Ferrara Lega 41,93%, Pd 25,45%. Piacenza: Lega 45,31%, Pd 19,45%. Rimini: Lega 36,45%, Pd 25,57%. Parma: Lega 38,79%, Pd 24,92%. Modena: 33,83%, Pd 33,56%. Forlì Cesena: Lega 34,35%, Pd 30,41%.
Bologna: Pd 36,73%, Lega 27,05%. Reggio Emilia: Pd 34,78%, Lega 29,88%. Ravenna: Pd 34,01%, Lega 32,49%.
Regione Emilia Romagna: Lega 33,77%, Pd 31,24%.

In casa Lega l’ottimismo regna sovrano. “La politica degli slogan della sinistra e delle false promesse è stata smascherata. Il voto in Umbria ha sancito una volta per tutte che cambiare in meglio si può e che proporre e votare alternative valide produce effetti positivi nelle comunità”, dice Bruno Galli, segretario provinciale. “Una vittoria che si può replicare in Emilia Romagna il 26 gennaio prossimo. Il sistema di potere che ingabbiava l’Umbria è stato smantellato dopo decine di anni. Ora tocca alla nostra regione. La propaganda dem cerca di nascondere i segnali che indicano l’Emilia Romagna in sensibile frenata se non si interviene al più presto. Ma non sono certo le politiche recessive e l’aumento di una già insopportabile pressione fiscale imposte dal governo Pd/M5s a poter invertire il trend negativo. Le elezioni umbre hanno confermato che la stragrande maggioranza degli italiani punta a un paese diverso e migliore rispetto a quello rappresentato dai media mainstream e dalle narrazioni dell’establishment della sinistra. L’alternativa c’è e deve essere più forte e unita che mai anche in Emilia Romagna con la candidata Lucia Borgonzoni. La coalizione che ha sbaragliato l’innaturale alleanza giallorossa in Umbria, che ha coronato la Lega come primo partito con il 36,95 per cento dei voti, deve essere consapevole, nei nostri territori, delle responsabilità e del ruolo storico che può svolgere anche sul fronte nazionale”.
Mentre per Jacopo Morrone “è evidente il fallimento dell’alleanza di un movimento ‘antisistema’ con il partito del ‘sistema’ per antonomasia. Gli elettori grillini non hanno evidentemente digerito questo tradimento e lo hanno esplicitato chiaramente. Siamo al lavoro per liberare anche l’Emilia e la Romagna”. Nemmeno Marzio Pecci nutre dubbi “Dopo il cappotto che la Lega ha rifilato in Umbria a Pd e 5 Stelle, siamo ancora più fiduciosi che il ribaltone verrà anche in Emilia Romagna e poi toccherà a Rimini”.

In casa Pd a Rimini le preoccupazioni sono tante. Perché se davvero il centrodestra a gennaio dovesse riuscire nell’impresa di espugnare la Regione, a quel punto anche il Comune di Rimini rimarrebbe attaccato ad un filo molto esile. Lo sa bene il segretario provinciale del Pd, Filippo Sacchetti, che adesso auspica un “fronte comune” coi 5 Stelle. Anche se non più tardi di tre mesi fa aveva fatto fuochi e fiamme davanti al convegno sull’affido familiare promosso dal senatore Croatti: “Sciacallaggio in salsa riminese”, aveva gridato. “Per noi, come ha detto ieri il nostro segretario Zingaretti “Cercare voti sulla pelle dei bambini è una cosa schifosa”. Questo state facendo nel vostro “convegno”, senatore Croatti”. Ma la pelle, si sa, si cambia.

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