Pronto, Francesca da Rimini?

Pronto, Francesca da Rimini?

Sull'onda del successo che il genere delle interviste impossibili incontrò alla radio, approdò anche nelle libreria. Prima con due volumi Bompiani nel 1975 e poi con le "Nuove interviste impossibili" l'anno seguente. Quella che pubblichiamo, di Edoardo Sanguineti a Francesca da Rimini, è di questo secondo ciclo, che ne comprendeva altre venti (fra queste Camilleri-Federico di Svevia, Eco-Diderot, Arbasino-Puccini, ecc.). "Tuttolibri" (La Stampa) la anticipò ai propri lettori il 3 luglio 1976.

Sanguineti — Pronto? Pronto? Non si sente un accidente. Francesca — Pronto?
Sanguineti — Pronto, chi parla?
Francesca — Ma chi cerca, lei, scusi?
Sanguineti — Parlo con il secondo cerchio?
Francesca — Pronto? Non capisco bene. Mi ripeta, per favore.
Sanguineti – Dicevo: parlo con il secondo cerchio?
Francesca — Sì, sì, il secondo. Questa linea è sempre così disturbata. Ci deve essere un contatto, credo.
Sanguineti — Sento un tù-tù molto strano. Con le interurbane, è sempre così.
Francesca — Per me, è che mi sorvegliano l’apparecchio, invece.
Sanguineti — Oh, anche io, sa, sono sotto controllo. Ma non è niente.
Francesca — Come ha detto?
Sanguineti — Dico che non è niente: è che ci stiamo tutti, sotto controllo.
Francesca — Anche i vivi?
Sanguineti — Più i vivi che i morti, magari.
Francesca — E’ incredibile. Credevo che fosse soltanto per i lussuriosi.
Sanguineti — Se è per questo, ci sono tanti lussuriosi anche qui.
Francesca — Davvero? E sono tanti, dice?
Sanguineti — Be’, non c’è male. Tutta la differenza, sa, è che voi siete lì, e che noi siamo qui.
Francesca — E’ un lussurioso anche lei, scusi, per esempio?
Sanguineti — E’ meglio che non dico niente, capisce, con questo tù-tù.
Francesca — Eh, ha ragione. Ma lei, scusi, chi è?
Sanguineti — Senta, io telefono per conto della Rai.
Francesca — Per conto di chi?
Sanguineti — Della Rai.
Francesca — Ah, bene, bene, dica pure. Ma chi è, personalmente, all’apparecchio?
Sanguineti — Mi chiamo Edoardo.
Francesca — Come dice?
Sanguineti — Edoardo.
Francesca — Ah, è un bel nome.
Sanguineti — Grazie. Senta, io vorrei parlare con il signor Paolo Malatesta.
Francesca — In questo momento è impegnato, e non può venire. Se vuole lasciarmi detto.
Sanguineti — Veramente, volevo parlare personalmente con lui. Ma lei, scusi, chi è?
Francesca — Sono Francesca.
Sanguineti — Francesca come?
Francesca — Francesca da Polenta.
Sanguineti — Che sarebbe Francesca da Rimini, no?
Francesca — Sì, sposata Rimini, ma nata Polenta.
Sanguineti — Ah, è fantastico. Credevo fosse la centralinista, lì del cerchio.
Francesca — Facciamo a turno, qui.
Sanguineti — Come?
Francesca — Facciamo a turno.
Sanguineti — Non la sento più. C’è un rumore d’inferno.
Francesca — Per forza.
Sanguineti — Ma che cos’è, che fa tutto ‘sto bordello, lì?
Francesca — Eh, è la bufera. E’ la bufera infernale.
Sanguineti — Madonna, ma è tremenda, però. Sembra il mare grosso.
Francesca — No, ma è che si è aperta la porta, qui della cabina. E’ il vento.
Sanguineti — La chiuda, per l’amor del cielo.
Francesca — Sì, sì, chiudo subito, un momento. Pronto? Mi sente meglio, adesso?
Sanguineti — Come prima.
Francesca — Come, come prima?
Sanguineti — No, voglio dire come prima: prima ohe si apriva la porta. Ha capito?
Francesca — Ah, bene, per fortuna. Be’, senta, prima che ci salti la linea, o che mi voli via la cabina, che cosa devo dirgli a Paolo?
Sanguineti — Volevo fargli un paio di domande, soltanto. Però, se lei permette, posso farle anche a lei, in fondo.
Francesca — Dica pure, mi dica.
Sanguineti — Ma, tanto per incominciare, sa, se volesse parlarci un po’ di lei, un po’ di voi due, non so, per i nostri ascoltatori.
Francesca — Ma, caro signore, lì, Edoardo, che cosa vuole che le dica, io, di noi, di me? E’ tutta una storia d’amore, la mia, non c’è nient’altro che l’amore, che uno così, un estraneo, mi scusi, sarà magari un lussurioso, anche, ma non la può mica capire, per me. Lui, sì, dico il Paolo, cosa vuole, era uno così gentile, un’anima tanto sensibile, uno che si infiammava lì come niente. Ha visto, la mia personcina, e via, c’è rimasto come folgorato, lui. Perché adesso, magari, uno non lo direbbe mica, forse, che mi sono tanto sciupata, ingrassata, ma ero una ragazzuola niente male, io, una volta. Doveva vedermi allora, certo. Io sono di Ravenna, sa, dalle parti delle foci del Po, tanto per dire, non so se le conosce, quelle parti. E sa, lì, a Ravenna, mi guardavano tutti. Basta, che è finita come è finita. Uno scandalo. Li avrà letti, no, i giornali? Tutte le fotografie in prima pagina, grandi così, un orrore. Insomma, che mi ha fatto fuori mio marito, me con il Paolo, in un colpo solo. Ci sto male ancora adesso, se ci penso. Ma sa, l’onore, diceva lui. Sì, l’onore, brutto zoppo come stava. E poi, vede, mi sono ridotta tutta qui, adesso. Una carcerata. Una murata viva, guardi. Che cosa vuole che le dica? Eh? L’amore, l’amore: uno ti ama, e tu lo ami: è giusto, no? E il Paolo era niente male, sa, un tipo in gamba, un bell’uomo, che si conservava bene, uno sportivo: sì, dico, un tipo atletico, un fusto. Sono debolezze, sa, ma cosa vuole, io ci ho ancora una mezza cotta, qui per lui. Basta, che ci hanno liquidati tutti insieme. Sa com’è, uniti in vita, uniti in morte. Ma a mio marito, gli hanno dato l’ergastolo, a quello, poi. E’ ancora giù adesso, cerchio nono, in fondo: per l’aggravante che eravamo parenti, con la premeditazione. Perché non è mica andata che lui ci pesca lì, e avanti: no no, caro mio, la premeditazione. Che poi, se ci pensa, era un’aggravante anche per noi, però, lì la faccenda dei parenti, cognato e cognata. Ma anche per lui, però, accidenti. Insomma, è stata una grande passione, di quelle di una volta. Io ci piango ancora adesso, lì sopra, guardi. Pronto? Non la sento più niente.
Sanguineti — No no, dica, che sono qui che l’ascolto; stia tranquilla. Stavo soltanto pensandoci su, intanto. E’ che mi sono commosso anch’io, sa. Ma senta, signora Francesca, questo amore qui, sì, questa passione, ce lo dica un po’, ai nostri ascoltatori, come va che è incominciata?
Francesca — Eh, che mi tocca sempre raccontarla da capo, ogni volta. Tutti quelli che mi telefonano, sono sempre qui con questa storia: come è incominciata. Anche quelli che mi vengono a trovare, sa, che sono pochi pochi, ormai, perché mi lasciano tanto abbandonata, la gente mi dimentica, un po’ alla volta, vogliono sempre che gli dico come è incominciata. Ma che cosa gliene frega, dico io, a quelli? E a me, sa, una cosa così, che mi rimescola tutti quei ricordi, che sono cose che uno se le vorrebbe seppellire, invece, mi fa stare male tanto, glielo dico io. Perché uno si pensa a quando era giovane, lì a Rimini, al mare, che si godeva la sua vita: che giorni che erano quelli, Dio bono! Io ci piango, se ci penso. Mi sente, lei, che piango?
Sanguineti — Sì sì, avanti, che la sento, dica pure.
Francesca — Be’, sa, dunque, io stavo lì in provincia, come le ho detto, a vitellonare con la gente bene: d’estate, ne veniva giù un mucchio, parenti e non parenti, che ce li mettevamo lì nella villa. Non so quante camere, il garage per i cavalli, tanti appartamentini ammobiliati, con i tripli servizi, più la dépendance, lo yacht, e il resto. Una confusione, che si faceva gruppo, tra di noi, tirando mattina tutte le sere. Ma il brutto era d’inverno. Niente: sa cosa vuol dire, niente? E in provincia, lì, che cosa si può fare? Teatro, poco: qualche compagnia di giro, tutti guitti, e soltanto ogni tanto. Il cinema, quando ero giovane io, non c’era nemmeno. Insomma, si legge. I soliti romanzi francesi…, per forza, tradotti male: quelle edizioni di lusso, non so se ha presente, dei libroni così, con tutte le figure. Basta, io, i romanzi, me li divoravo. Le storie d’amore, naturalmente. Bene, un giorno lì, sotto capodanno, con un freddo bestia, ero in salotto con il Paolo, che mi stavo sfogliando il Lancillotto, che l’avrà letto anche lei. L’ha letto?
Sanguineti — Sì sì, mi sembra.
Francesca — Guardi, un gran bel libro, mi creda. Se non l’ha letto, lo legga. Una cosa favolosa. Comunque, non so se si ricorda, quando c’è lì il Lancilotto con la Ginevra, che se la bacia. E’ una scena da non credere, com’è raccontato bene. E poi là, l’illustrazione: sa quelle edizioni del Settecento, francesi, un po’ spinte. Una che legge, ecco, è come trasportata, che non sa più in che mondo vive, nemmeno. Ci perde la sua testa, ecco. E allora, io sono lì che leggo, dunque, lì con il Paolo, che legge anche lui, e tràc, che ci arriviamo lì alla scena del bacio, proprio, che lui bacia lei, o che lei bacia lui, non so bene. E quello, sa, quel fusto lì, quello legge lì, e si scalda, poverino. Insomma, che un uomo è un uomo, dico bene? Mi salta addosso, tutto con l’emozione, che mi trema lì, tutto addosso, appunto. Io, be’, faccio come niente, faccio quella che legge. Ma insomma…
Sanguineti — Pronto? Pronto?
Francesca — Scusi, sa, è la commozione, è l’onda lì, del ricordo. Ma, cosa vuole, una donna è una donna, no? Ci avevo già la testa tutta in fiamme, io, che mi sembrava che ero io, la Ginevra. E lui, davvero, mi sembrava che era il Lancillotto, lui.
Sanguineti — Pronto?
Francesca — Sì sì, non scappo, aspetti. Che cosa stavo dicendo? Ah sì, dunque. Be’, che cosa potevo, fare? Mi faceva degli occhi, e ci aveva certi muscoli, lì che mi stringeva: e una curva lì dell’anca, sa. Non ci avevo più il fiato, io, in gola. E lui lì, allora, lei mi capisce, insomma, che gli ho detto così: «Galeotto».
Sanguineti — Come ha detto?
Francesca — Ho detto: «Galeotto».
Sanguineti — Ma io credevo, però…
Francesca — Oh, lo so, c’è tutta una storia, sa, su questo Galeotto. Se ne raccontano tante. Ho letto anch’io, certi giornalisti.
Sanguineti — Sì, perché dicevano, veramente…
Francesca — Ma no, niente. E’ al Paolo, che gli ho detto: «Galeòtto», io. Come gliel’ho detto anche dopo, poi, che era un bel mascalzone, lui, che si approfittava così, di una povera donna. Perché a me, l’avrà capito, no, sono i romanzi, alla fine, che mi hanno rovinato. E lì, mio cognato, il Paolo, sa, era proprio il tipo che ne approfittava. Se l’aveva capito, lui, che quando sono lì che leggo, io, mi monto la testa. E così, lui, è andato a colpo sicuro, capisce.
Sanguineti — Senta, non mi potrebbe farmi parlare lì con lui, con il Paolo, adesso?
Francesca — Oh, per l’amor di Dio! Ma il Paolo, guardi, non parla con nessuno, le dico. Nemmeno con me, mi parla più. Che cosa crede che si fa, il Paolo? Piange, quello. Ma sono secoli, sa, che piange. E sa perché piange? Piange perché dice che ci è rimasto incastrato, lui, li con me. Ma senta un po’ lei, allora: incastrato lui? Non è lui che mi è saltato addosso, lì in salotto? Non è lui che si è abusato lì di me, della mia debolezza di povera donna? Mi ha rovinato con mio marito; mi ha fatto ammazzare: e di che cosa si lamenta, quello, ancora? Insomma, chi ci è rimasta lì fregata, guardi, alla fine, sono proprio io. Che mi tocca di sentirmelo anche piangere, adesso, a me, quello, giorno e notte. E’ una lagna eterna, sa. E anche adesso, sì, adesso che le parlo a lei, qui in cabina, sempre qui con me, è qui che piange, sa, il Paolo. Senta, senta, che glielo faccio sentire, mentre piange.
Sanguineti — E’ Paolo che piange?
Francesca — E’ Paolo, sì.
Sanguineti — Pronto? Signora Francesca. E’ Paolo che piange?
Francesca — Ma sì, è Paolo. Ha sentito?
Sanguineti — Non si sente molto bene, veramente. Però, sì, ho sentito.
Francesca — Be’, adesso che ha sentito anche il Paolo, bisogna proprio che la lasci. Dio mio, come si è fatto tardi, così a chiacchierare. Se le capita, però, mi telefoni un’altra volta. Mi sento tanto sola, certi momenti. Lei è giovanotto?
Sanguineti — No, signora. Sono sposato, e ho famiglia.
Francesca — Non importa. Se le capita; mi telefoni lo stesso. E se passa qui giù, un giorno o l’altro, mi porti qualche romanzo, la prego. Qui, sa, da Parigi arriva così poco. Sembra d’essere in provincia, qui, un’altra volta. Ho sentito parlare tanto bene di una certa Sagan: si chiama così? Lei l’avrà letta, suppongo. E da chissà quanto tempo, magari. Qui, si legge tutto anche in ritardo. Addio, addio…

Immagine: Gustave Dorè, Paolo e Francesca all’Inferno, 1861 (Strasburgo, Musée d’Art Moderne et Contemporain).

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