Anno di grazia 1983, al Grand Hotel – dove ora soggiorna la rockstar – si svolge il “Fellini’s Day”. La segretaria del geniale regista pianta un mitologico capriccio: vuole incontrare Vasco. L’editore Guaraldi li accompagna. Ecco la cronistoria (con una epigrafe per Peter Bondanella) dell’incontro tra la rockstar più celebre d’Italia e la rockstar del cinema italiano. Vasco, se ci sei batti un colpo.
“Ma chi cavolo è Fiammetta Profili?”.
“Come, non sai chi è Fiammetta Profili?”.
“Eh… no… proprio no”.
Mario Guaraldi, l’editore, mi sta per dare del deficiente. Ricorro a Sua Divinità Internet. Clicco. Bella donna. Pesco un pezzo di Repubblica del 4 novembre 1993. Per Fellini un saluto di Stato, dice il pezzo. Omaggi sulla bara del re di Cinecittà. Si cita, tra Oscar Luigi Scalfaro – allora Presidente della Repubblica – Giovanni Spadoloni – Presidente del Senato – e Giorgio Napolitano – che presiedeva la Camera – proprio Fiammetta Profili, “assistente inseparabile di Fellini negli ultimi tredici anni”.
“Hai capito, ora? Fiammetta era la mitica segretaria di Federico”.
“Ci sono, spara”.
“Beh, era il 1983, al Grand Hotel dove ora soggiorna Vasco Rossi”.
“Questa la so. Nel 1983 organizzi il ‘Fellini’s Day’ al Grand Hotel, cioè il lancio mondiale di E la nave va…”.
“Bene, questa la sanno tutti. Ciò che non sa nessuno è che Fiammetta era una fan sfegatata di Vasco Rossi”.
“Quello degli anni buoni del Festival di Sanremo, di Vado al massimo e di Vita spericolata”.
“Quello”.
“E allora?”.
“E allora Fiammetta pianta un capriccio pazzesco. Vuole conoscere assolutamente Vasco Rossi, implora Federico, che non ne può più”.
“Quindi?”.
“Quindi prendo la mia macchinina, carico Fiammetta e Federico e insieme andiamo verso Miramare, in un postaccio, dove stava Vasco Rossi. Lì Vasco Rossi incontra Federico Fellini. E Fiammetta, soprattutto”.
“Cazzo, un incontro storico, la rockstar più celebrata d’Italia con la rockstar del cinema italiano. Insomma, come Napoleone che incontra lo zar Alessandro I, come Garibaldi abboccato da Vittorio Emanuele II. E… cosa si sono detti?”.
“Niente. Chiedilo a Vasco”.
“Che stronzo”.
In realtà, sono io a rompere le balle a Guaraldi, triturato da un tonante amarcord. Sta scrivendo, a un mese dalla morte, un ricordo di Peter Bondanella, autore, proprio per la Guaraldi, del libro importantissimo sul Cinema di Federico Fellini, era il 1994. “Per quel libro, con prefazione dello stesso Fellini firmata 1990, Bondanella aveva utilizzato un archivio di varie dozzine di manoscritti ottenuti direttamente da Fellini e dai suoi sceneggiatori. Questo materiale, mai esaminato in precedenza, gli aveva come ‘acceso una lampadina’ sulla comprensione dell’importanza di Fellini per il Neorealismo italiano e sul ruolo ancora più decisivo che aveva giocato nell’evoluzione del cinema non solo italiano. Da quel primo fondamentale saggio, la carriera accademica di Bondanella ha indagato praticamente tutto il cinema italiano del dopoguerra con non pochi sconfinamenti soprattutto in ambito semiologico, fino scorticare il pensiero di Umberto Eco”. C’era anche Peter, insieme a Umberto Eco, in quel mitologico 1983, più sognato che reale. “I ricordi mi si affollano nella testa con lo stridore dei vecchi nastri magnetici che si riavvolgono… Dalla serata al Grand Hotel, nel settembre 1983, quando seduto al tavolo assieme a Umberto Eco che aveva appena scritto il suo omaggio al ‘trismegisto’ Fellini, dopo qualche secondo di finto black-out, apparve il Rex in tutta sua gigantesca magnificenza, sulle note di Nno Rota; fino alla telefonata in falsetto che mi preannunciava la venuta a Rimini di Peter Bondanella (certamente solo per toglierselo di torno, dopo che gli aveva svuotato i cestini e frugato nei cassetti, come faceva con un metodo di raccolta delle fonti a dir poco inusitato per noi europei…). Avevamo lavorato ininterrottamente tre giorni per l’“effetto speciale” del Rex, oscurando le finestre del Grand Hotel e montando il gran pavese fra due pennoni sulla terrazza, dove avevamo posizionato anche un ‘cannone Laser’ puntato sulla fiancata del Grattacielo di Rimini con la scritta ‘Grazie Federico’. Il quale Federico, abituato a ogni tipo di blandizie e di omaggi, mi parve per una volta spiazzato e sinceramente commosso. E grato. Molto più tardi si sarebbe rammaricato della pelosa gratitudine di Rimini che gli aveva regalato, invece della sognata casina, un bidone sul Porto. Che orrore gli aneddoti! Ma sulle date di tutta questa vicenda faccio confusione e davvero non saprei dire se la telefonata fosse prima o dopo il ‘Fellini’s Day’ riminese, non saprei mai rimettere a posto le tessere del mosaico Fellini. Rivedo invece con nitidezza i luoghi dove tutto questo è avvenuto e risento la inequivocabile vocina ammaliatrice che si spacciava per la domestica Maria, la cadenza italo-americana di Peter, la faccia da schiaffi di entrambi, Federico e Peter, le loro bugie. Fellini unisce e divide”.
Ennesima scaglia onirica dell’esistenza sognata di Federico. Tra Bondanella, Eco e Fellini, ora s’aggiunge Vasco Rossi.
Vasco, se ci sei batti un colpo. Ti va di incontrarci e di riandare al tuo incontro, pazzesco, con Fellini?
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