“Radicatevi nella dottrina della fede vivendola”: l’ultimo saluto del Card. Caffarra ad amici riminesi

“Radicatevi nella dottrina della fede vivendola”: l’ultimo saluto del Card. Caffarra ad amici riminesi

L’arcivescovo emerito di Bologna, morto improvvisamente stamattina, invitato ad un convegno aveva declinato l’invito per altri impegni all’estero. In passato aveva preso la parola in cinque edizioni del Meeting: insieme a Giovanni Paolo II ha combattuto per la famiglia e per la vita, contro il soggettivismo e il relativismo.

E’ morto stamattina a Bologna, a 79 anni, monsignor Carlo Caffarra, il vescovo teologo che ha combattuto strenuamente, accanto a papa Giovanni Paolo II, per la famiglia e per la vita, contro il soggettivismo ed il relativismo anche all’interno della stessa Chiesa cattolica.
Nato in una frazione della verdiana Busseto, divenne canonico a Fidenza, docente di teologia morale a Parma, poi alla Cattolica di Milano. In seguito fu nominato preside dell’Istituto «Giovanni Paolo II» presso la Pontificia Università del Laterano e consultore della Congregazione per la dottrina della fede. Nel 1995 il Papa lo nominò arcivescovo di Ferrara-Comacchio e nel 2003 successore del Card. Biffi a Bologna. Benedetto XVI lo creò cardinale nel 2006. Ed era uno dei quattro cardinali firmatari della richiesta a papa Francesco, di chiarimenti su cinque punti della Esortazione post-sinodale “Amoris laetitia”.

Amico da vecchia data di don Giussani e del movimento da lui fondato, Mons. Caffarra ha partecipato più volte al Meeting di Rimini, fin dai suoi inizi, come testimonia l’intervento nel 1982, anno della storica visita in Fiera di papa Wojtyla, proprio sul tema della famiglia.
Il suo ultimo intervento era stato nel 2009, ad un incontro dal titolo esplicito “La verità chiede di essere conosciuta”.
Qui aveva ribadito la sua critica alla modernità contemporanea, parlando della “sfida terribile cui oggi assistiamo, terribile, della secolarizzazione”: “per la prima volta nella sua storia l’uomo ha tentato e sta tentando di edificare la sua umanità, quindi il suo matrimonio e la sua famiglia, la sua città, la sua economia e l’organizzazione del suo lavoro, appunto la sua umanità come se Dio non ci fosse. Questo è il più drammatico evento che sia accaduto nella storia della umanità. E questo fatto nasce dalla decisione che l’uomo ha preso di non domandare la sua salvezza a nessun altro fuori di sé”.
Aveva poi indicato l’unico rimedio possibile, l’unico fatto di salvezza per l’uomo: “intravedere la Presenza del mistero è possibile anche a questo uomo che sta tentando di toccare l’infinito prescindendo da Dio. I fatti ci sono: sono i Santi, sono i momenti più importanti della vita, come i ragazzi che si sposano, ma ecco è soprattutto, è soprattutto la grande liturgia della Chiesa il fatto che mi rende presente il mistero nel vissuto umano. La liturgia è il mistero che diventa visibile, ed è di questa visibilità di cui l’uomo di oggi ha soprattutto bisogno”.

Così commenta la notizia di oggi Marco Ferrini, direttore della Fondazione Internazionale Giovanni Paolo II per il Magistero sociale della Chiesa: “Sono profondamente addolorato per la sua scomparsa. Avevo avuto rapporto con lui fin da quando era Preside del Pontificio Istituto per la Famiglia (voluto personalmente da Giovanni Paolo II) poi Arcivescovo di Ferrara e in seguito a Bologna. Uomo dai tratti umili e semplici con una profondità di fede e di cultura veramente rari. Innamorato di Cristo e perciò fedele alla Chiesa e al successore di Pietro. Lo voglio ricordare per un memorabile incontro che fece con noi il 31 maggio 2011 a San Marino per presentare il libro di Benedetto XVI «Gesù di Nazaret» in preparazione della visita del Santo Padre. Era tra l’altro membro del Comitato d’onore della Fondazione Giovanni Paolo II”.
Ferrini ricorda inoltre un episodio della vita di Caffarra: “scrive con Giovanni Paolo II a Suor Lucia Dos Santos di Fatima agli inizi della costituzione dell’Istituto per la Famiglia. Ella inaspettatamente risponde: «Lo scontro finale tra il Signore ed il regno di satana sarà sulla famiglia e sul matrimonio. Non abbia paura perché chiunque lavora per la santità del matrimonio e della famiglia, sarà sempre combattuto ed avversato in tutti i modi, perché questo è il punto decisivo. Ma la Madonna ha schiacciato la testa»”.

Un gruppo di cattolici riminesi lo aveva invitato ad intervenire in città proprio questa settimana, sul tema dei sacramenti e della centralità della dottrina nella fede e nella vita cristiana. Mons. Caffarra aveva declinato l’invito, sia perché non poteva viaggiare troppo – era atteso questa domenica a Milano e la settimana seguente a Roma – sia per altri appuntamenti che aveva in agenda in autunno: “una conferenza a Londra su Newman; una serie di lezioni a Wasingthon DC; una conferenza all’università di Sassari”. Ma non mancò di inviare un forte incoraggiamento al gruppo di Rimini, rispondendo così a chi lo invitava: «Il vostro impegno è semplicemente stupendo: radicarvi sempre più profondamente nella Santa Dottrina della Fede vivendola nella celebrazione del Sacramento. […] Vi ricordo nella preghiera, e continuate nel vostro lavoro. Che la Madonna vi protegga. C.C.»

Caffarra a Rimini: la libertà dell’uomo è solo nella verità
Alla radice dei dibattiti attuali: se ciò che è bene o male in una società viene determinato da un “patto fra le parti” o “dalla votazione”, allora “ogni prevaricazione contro l’uomo è possibile”. Brani dalla lectio magistralis del Cardinale di Bologna al Meeting 2005

La chiarezza e la forza del pensiero e della teologia morale del Card. Carlo Caffarra, in rapporto al dramma che vive l’uomo contemporaneo, si possono comprendere bene in un suo intervento al Meeting di Rimini del 2005, una specie di “lectio magistralis” dal titolo “Libertà come liberazione”. Ne proponiamo un’antologia di brani (qui il testo completo). O la nostra libertà è continuamente liberata oppure essa diventa schiava dei suoi nemici. In questo senso la libertà è anche un compito. È il nostro compito supremo poiché la liberazione della libertà costituisce l’emergenza del nostro io sopra tutto il mondo delle cose.

Nessuno di noi esiste per caso o per necessità, ma ciascuno di noi è stato voluto e scelto da Dio stesso. Perché questa riflessione mette al sicuro “le spalle” della libertà? Perché se l’uomo non sporgesse sopra i meccanismi biologici che lo hanno prodotto, egli sarebbe alla completa disposizione degli stessi, senza nessuna possibilità reale di poter dire “io agisco: io scelgo…”. Non sarebbe possibile affermare ragionevolmente la libertà della persona se contemporaneamente si affermasse che il mio esserci è completamente spiegabile in base ai suoi antecedenti fisici e biologici. Se io fossi solamente il risultato casuale della natura, questa stessa sarebbe in grado di annientarmi completamente. Ma il fatto che io sia posto in essere dalla Potenza creatrice di Dio mi dona una consistenza ontologica superiore ad ogni forza naturale. La natura non è in grado di riassorbirmi completamente, perché non le appartengo radicalmente. Ho una certezza indubitabile del mio io, che fuori da quell’originaria relazione col Creatore non potrei avere.

La natura intima della nostra libertà è la capacità di rispondere alla chiamata di Dio creatore. Capacità di rispondere, cioè responsabilità. Tu rispondi a Dio di te stesso: questa è la definizione di libertà cui si giunge considerando la persona umana alla sua origine.

Negata l’esistenza di una verità circa il bene, la libertà viene completamente ridotta a forza in sé neutra di fronte a qualsiasi scelta: la “cifra” della libertà diventa l’indifferenza [libertas indifferentiae]. Tutto l’esercizio della libertà viene esaurito in una serie di scelte di cui nessuna può avere una sua incondizionata giustificazione perché nessuna ha fondamento assoluto. Così ridotta la libertà è minacciata a morte poiché il suo esercizio alla fine annoia, ed alla fine si desidera essere liberati dalla propria libertà: o dallo Stato o dalla Religione o dal Potere di produzione del consenso.

La libertà costituisce il rischio dell’autorealizzazione; la verità ne è il fondamento.

Il “matrimonio” della libertà colla verità è un fatto molto profondo nella vita della persona. Noi non facciamo la verità e quindi non siamo veri se non nella libertà. Ma la libertà non inventa la verità, ma aderisce ad essa, poiché la verità è lo splendore dell’essere della persona: essere che non poniamo noi. La verità circa il bene interloquisce solo colla libertà; e la libertà è nella verità.

Solo i valori morali sono indispensabili e necessari: una persona può essere o non essere un poeta o uno scienziato, ma non può essere o non essere giusta.

L’uomo come soggetto della libera scelta nega ciò che come soggetto dell’atto conoscitivo afferma: è la disintegrazione più radicale della persona. Questo è il male morale! e la sua esperienza rivela la dimensione più oscura della libertà. L’enigma più indecifrabile presente nell’uomo [è] il fatto di una libertà che nega colla sua scelta la verità sul bene riconosciuta dalla sua ragione. La libertà umana può compiere il male morale.

Se il patto fra le parti è l’unica condizione sufficiente per determinare ciò che è bene/male in una data società, e la votazione l’esclusivo strumento per concluderlo, diventa possibile ogni prevaricazione contro l’uomo.

L’autonomia contraddice la libertà umana.

E’ giunto il momento, ed è questo, in cui se l’uomo è disposto a riceverlo, Dio dona all’uomo il suo stesso Spirito che inclina l’uomo a scegliere da se stesso quanto è comandato dalla legge morale. È questo dono ciò in cui consiste principalmente il cristianesimo: il cristianesimo in quanto vita dell’uomo è questo dono dello Spirito Santo.

La libertà nella visione cristiana è questa capacità che il credente in Cristo riceve di ricostruire la comunione interpersonale nell’amore: questa comunione è la Chiesa.

O l’uomo accetta di entrare nell’amicizia con Dio che in Cristo gli offre il suo amore oppure decide di rifiutarsi e di imprigionarsi dentro il finito.

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