Riapre il Fulgor? Una bieca (e brutta) operazione turistica. “Il Comune ha rifiutato il mio catalogo ‘felliniano’. Offerto gratuitamente”. Parla l’editore Guaraldi

Riapre il Fulgor? Una bieca (e brutta) operazione turistica. “Il Comune ha rifiutato il mio catalogo ‘felliniano’. Offerto gratuitamente”. Parla l’editore Guaraldi

"Da sei anni ho proposto al Comune di Rimini di rilevare tutte le mie opere felliniane, cedendo la gestione agli amministratori pubblici”. Invece? “Invece sono stato preso per i fondelli. Dell’opera di Fellini, evidentemente, importa a nessuno”. Mario Guaraldi stronca il Fulgor, ma va oltre l'opinabile restauro: “Il fatto è che si è ragionato sui contenitori senza pensare ai contenuti, una cosa pazzesca”. E dice: "ho dato istruzioni che al mio funerale un coro di pernacchie sommerga i politici di questa città”.

Grattacielo di Rimini. 35 anni fa. Su quella specie di cementificato dito medio in faccia al progresso accade l’evento. Epocale. A una certa ora un raggio laser compone la scritta “Grazie Federico!”. Quella non è una scritta. Si tratta di spago chirurgico. Il segno visibile urbi et orbi che la ferita tra Rimini e il suo concittadino maximo, Federico Fellini, è sanata. 35 anni fa. Anteprima mondiale di E la nave va… film di onirica prepotenza – scritto, cioè, in trio, da Fellini, Tonino Guerra e Andrea Zanzotto – al Grand Hotel di Rimini. Fellini, sornione, nell’amataodiata Rimini, abitata dagli odiati e sbertucciati riminesi – si dice che il genio facesse ingresso di notte, nella città malatestiana, a far ciao ciao all’amico di sempre, Titta Benzi, per poi scappare tra le poppe di Roma – ritorna, ci sta a stappare amarcord. Protagonista del progetto planetario, l’editore Mario Guaraldi. Intorno all’evento fu edito un libro da collezione, per La Casa Usher, Fellini della memoria, “una comune testimonianza di affetto”, “gioco delle fantasie e delle sottigliezze”, “non libro” bensì “cronaca di un lungo ‘viaggio per mare’” (così Guaraldi), con contributi aurei di Umberto Eco (che in Theut, Fellini e il Faraone paragona Federico a Proust e ne parla come dell’uomo “vissuto per redimere il cinema”), Enrico Ghezzi, Morando Morandini, Brunello Rondi, Sergio Zavoli.

Ora, come si sa, il 20 gennaio prossimo, la ri-apertura del cinema Fulgor, dopo troppi anni, 35 anni dopo, dovrebbe essere il sigillo ultimo sul rapporto ricomposto tra Rimini e il suo titano, la prima nota di un progetto – plurifinanziato dal Mbact, per 9 milioni di euro – che riguarda anche il castello del Malatesta, Castel Sismondo, intitolato Museo Fellini. Beh, a Guaraldi, l’editore di Fellini, il progetto non piace niente. Il Fulgor restaurato, ha scritto Guaraldi in una lettera pubblica, “è l’immagine delirante di un bordello parigino di fine secolo, un trine di dorate vulve chippendale su fondo oro”, frutto delle “fantasie senili di un celebre scenografo forse tanto sopravvalutato quanto certamente sovrappagato” (trattasi di Dante Ferretti, scenografo tre volte Premio Oscar).

In sostanza, “Il Fulgor attuale mi pare davvero il tradimento massimo e ingiustificato della ‘povera’ sala cinematografica celebrata da Federico”, per non parlare del futuro, futuribile Museo Fellini “carcerato nell’ex galera di Castel Sismondo… inciuci malatestiani, improvvisazioni felliniane!”. Il punto profondo, però, non è un restauro opinabile. “Il fatto è che si è ragionato sui contenitori senza pensare ai contenuti, una cosa pazzesca”, mi dice Guaraldi, contattato nella sua dimora a Covignano, la ‘Casa dell’Editore’. In effetti, han pigliato i soldi per il fatale Museo Fellini senza uno straccio di comitato scientifico. “Guarda, è da sei anni che ho proposto al Comune di Rimini di rilevare tutte le mie opere felliniane, cedendo la gestione agli amministratori pubblici”. Invece? “Invece sono stato preso per i fondelli. Dell’opera di Fellini, evidentemente, importa a nessuno”.

Per capirci. Al di là di una vasta messe di libri esegetici ‘felliniani’ – dal Fellini del giorno dopo di Tullio Kezich alle Fellinerie di Paolo Fabbri al centrale Il cinema di Federico Fellini di Peter Bondanella – Guaraldi è l’editore di due progetti fondamentali per capire Fellini. Intanto, il libro ‘monstre’ La mia Rimini, in italiano, inglese e francese, con testi di Fellini, Sergio Zavoli, Piero Meldini e un mucchio di altri, un vero e proprio compendio di ‘romagnolità’ felliniana, una specie di enciclopedia fellinesca. Poi, è il fautore de Il libro dei miei sogni, la versione digitale, plurilingue, commentata, del libro dei sogni di Fellini, “fonte inesauribile di ricerca per i futuri cultori della psicologia del profondo ma soprattutto per gli appassionati di cinema”. Va detto che Guaraldi fu pure artefice di una avveniristica versione in 3D dei materiali felliniani, allo scopo di proiettarla nell’aeroporto di Rimini – intitolato a Fellini – prima che questo implodesse. Esito: “sono arrivato a offrire tutti i miei materiali gratis, ormai sono vecchio. Niente da fare. Eppure, quando i soldi arrivano dallo Stato si trova sempre il modo di usarli”. L’idea, insomma, è spudoratamente pubblicitaria. Basta dire al mondo che Rimini si occupa di Fellini (e il messaggio è stato recepito, visto che il New York Times ha indicato tra le 52 mete da visitare nel 2018 anche Rimini, proprio per la riapertura del Fulgor), pure se è una mezza verità, sotto il fumo manca l’arrosto, sotto il vestito è il niente. “Fellini mi porta sfiga, lo so. E so anche che tutti sperano che schiatti presto, prima o poi capiterà. Ma io l’ho detto al Sindaco di Rimini: non accetto onori postumi né l’intitolazione di una piazzetta, ho dato istruzioni che al mio funerale un coro di pernacchie sommerga i politici di questa città”. Immagine felliniana, non c’è che dire.

Lettera aperta alla città

Caro Direttore,
Essere profeta è un bel guaio.
Poco più di diciotto anni fa, recensendo un ridicolo “pellegrinaggio in 13 tappe” nei luoghi di Amarcord (la quinta tappa era sotto il gran culo bronzeo della statua ai caduti, in Piazza Ferrari) scrivevo :”ci mancava solo l’odierna comparsata strapaesana a colmare la misura del kitch”. Ma mi correggevo subito e aggiungevo: “Temo che non ci sia limite al peggio: a quando le palle di vetro con la neve, o i portachiavi con l’effige di Fellini, o una griffe di sciarponi rossi?”.
Ora, mentre tutti tessono giustamente le lodi dell’efficientissimo Sindaco Gnassi e nessuno ricorda i guai fatti dai sindaci e dagli assessori precedenti con la finta Fondazione Fellini; e tanto meno rimpiange il vuoto pneumatico dell’era Ravaioli, è un fatto che il dna degli inciuci e gli errori di quegli anni lontani li si ritrova ahimè inevitabilmente nei connotati dei frutti giunti finalmente a maturazione.
Sicchè il Fulgor restituito alla città, che “ammireremo” coi nostri occhi sabato prossimo (prenotando per tempo la “visita” guidata”), affidato alle fantasie senili di un celebre scenografo forse tanto sopravvalutato quanto certamente sovrappagato, è – se possibile – ancora peggio delle temute palle di vetro con la neve rutilante dentro.
E’ l’immagine delirante di un bordello parigino di fine secolo, un trine di dorate vulve chippendale su fondo oro che nella fantasia di Dante Ferretti vorrebbero rappresentare la creatività erotica e barocca di Federico Fellini (già teorizzata dall’ex “curatore della memoria” del Maestro Gianfranco Angelucci : “la f..a è il perno della creatività felliniana”); e diventa un tripudio del kitch riminese, la rivincita del “cattivo gusto” per quegli stessi che sbadigliano a morte guardando Amarcord e gli altri capolavori del Maestro. Che palle, ‘sto Fellini! Il Fulgor attuale mi pare davvero il tradimento massimo e ingiustificato della “povera” sala cinematografica celebrata da Federico: perché la povertà disadorna di quella sala risuonava della ricchezza della sua fantasia almeno quanto la ricchezza barocca della sala odierna fa risaltare solo la povertà di idee che ci sta dietro! No, non credo proprio che Federico sarebbe contento di questo “regalo” della sua città. Credo anzi che questo sia l’ “inferno” immaginario in cui lo abbiamo recluso. Così come si è progettato di carcerare il suo “Museo” nell’ex galera di Castel Sismondo… Inciuci malatestiani, improvvisazioni felliniane! Quante storie potrei raccontare ai riminesi sulle collocazioni fantasticate per il Museo Fellini!
Personalmente, a fine carriera come sono, spero solo che la brava Elena Zanni , gestrice del Fulgor, possa far “dimenticare” il cattivo gusto della sala con la qualità delle future programmazioni.

Mario Guaraldi

PS Chi volesse documentarsi sulle diatribe che hanno accompagnato la vita della Fondazione Fellini e i suoi annessi e connessi, sarò lieto di aprire i miei archivi Fellini dal 1983 ad oggi…

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