Sentenze Trc: la reazione basita dell’ingegner Gallini

Sentenze Trc: la reazione basita dell’ingegner Gallini

"Secondo il pronunciamento sembrerebbe che i progetti possano essere eseguiti con una certa sufficienza, eventualmente si potrà ricorrere all’occupazione temporanea per demolire quanto non espressamente previsto progettualmente". A commento delle sentenze del Consiglio di Stato che hanno ribaltato quelle del Tar Emilia Romagna, riceviamo e pubblichiamo l'intervento del tecnico che da anni si occupa della metropolitana di costa e soprattutto del suo impatto sulle abitazioni oggetto di esproprio e demolizione.

Ho preso atto delle sentenze del Consiglio di Stato da un articolo comparso su chiamamicittà e sono rimasto a dir poco sbalordito dal contenuto e dai toni utilizzati.
Ricordo preliminarmente di avere avuto un ruolo squisitamente tecnico nella vicenda ed in coerenza con il mandato, prima d’ora non avevo mai espresso un giudizio sull’opera, limitandomi ad evidenziare le presunte illegittimità del progetto e quindi non comprendo le ragioni per le quali nell’articolo citato utilizzando il mio nome addirittura in grassetto, si afferma che sarei stato contrario alla realizzazione del TRC.
Per questo motivo ed anche perché l’articolo in questione è stato pubblicato senza nemmeno essere stato contattato, ho preferito replicare su un’altra testata giornalistica.

Ad ogni buon conto, visto che sono stato tirato in ballo, ora ritengo di poterlo dire: a mio avviso il TRC è un’opera del tutto inutile che mai raggiungerà gli obbiettivi dichiarati.
Il tempo dirà se mi sbaglio.

Nel merito, le sentenze mi hanno lasciato inorridito e francamente sono stato assalito da pensieri molto brutti. Si dice che le sentenze vanno rispettate e anche se, allo stato attuale, pur avendo creduto profondamente nella Giustizia, non condivido più di tanto tale linea, ad essa mi atterrò, limitandomi a poche osservazioni. Anche perché se potessi dire cosa penso, cosa che in Italia non è sempre consentita, sarei costretto ad utilizzare un linguaggio che potrebbe sembrare berlusconiano, e non essendo mai stato estimatore del cavaliere, al fine di evitare fraintendimenti, preferisco astenermi.
Mi limito pertanto ad evidenziare quanto segue.

La decisione, viene argomentata con riferimento alla unica precedente sentenza 2874/2018 del Consiglio di Stato, ad avviso dello scrivente con qualche distorsione, che trattava il caso di demolizioni su aree occupate temporaneamente per una viabilità provvisoria e che quindi al termine sarebbero state restituite affinché i manufatti demoliti potessero essere ricostruiti.
In seno alla citata sentenza era emerso il seguente principio:
«La trasformazione, infatti, riguarda in tal caso una res realizzata sull’area, ma non l’area stessa, la quale, una volta venuta meno la necessità dell’occupazione, dovrà essere restituita al suo legittimo proprietario.
In altri termini, una cosa è il definitivo venire meno dell’utilizzo del suolo, effetto tipico dell’espropriazione, altra cosa è il venire meno, definitivamente o temporaneamente, dell’utilizzo del bene edificato sul suolo, che è compatibile, ove adeguatamente ristorato, con l’occupazione temporanea dell’area da restituire al proprietario una volta cessato il suo utilizzo per finalità pubbliche».

Si osservi che tale necessità era emersa in seguito alle integrazioni progettuali richieste dal CIPE e in relazione a ciò, sfugge la relazione diretta con il caso in esame.
Si osservi che la sentenza ora invocata quale orientamento giurisprudenziale, prosegue affermando:
«La demolizione del bene costruito sull’area al fine di consentire l’apporto strumentale dell’area stessa all’opera pubblica da realizzare, infatti, dovrebbe comportare che, al termine dell’occupazione, il bene venga ricostruito a cura dell’Ente occupante ovvero che sia corrisposto al proprietario un adeguato indennizzo».
Questo aspetto è dirimente perché un indennizzo equo non è facile da individuare in Italia.
Resta in ogni caso un orientamento inspiegabile e a mio avviso, in aperto contrasto, se non in antitesi, con la ratio dello strumento che disciplina l’esecuzione dei progetti delle opere pubbliche che prevede un assoluto rigore dei progetti.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale emerso a far data 2018 ed invocato nelle sentenze che ci riguardano, sembrerebbe per contro che i progetti possano essere eseguiti con una certa sufficienza, eventualmente si potrà ricorrere all’occupazione temporanea per demolire quanto non espressamente previsto progettualmente.

Infine evidenzio che non è affatto vera la tesi all’epoca sostenuta da Agenzia Mobilità, secondo la quale il progetto definitivo prevedesse la demolizione integrale dei fabbricati anche se gli stessi erano integralmente marcati. Prova ne sia il fatto che la legenda che chiariva il significato delle retinature riportava la seguente dicitura: «OPERE/ALBERATURE INTERESSATE DA DEMOLIZIONI».
Se un fabbricato è interessato da demolizioni è pacifico che non ne sia prevista la totale demolizione altrimenti la dicitura avrebbe dovuto essere diversa: «OPERE/FABBRICATI DA DEMOLIRE»

Ad ogni buon conto mi fa piacere di essere stato tenuto in tanta considerazione da soggetti le cui competenze e moralità sono solamente un miraggio per me.
D’altra parte avevo già espresso il mio giudizio sull’allora Direttore Tecnico: un luminare che evidentemente, già molti anni prima della sentenza del 2018, sapeva o intuiva l’orientamento giurisprudenziale futuro.
Aggiungo ora che tutti coloro che hanno dato vita al TRC debbono avere le stesse doti. Lo hanno dimostrato nella scelta del Direttore. Chapeau.

Ing. Luca Gallini

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