All'aperto. Canzoni e preghiere. Applausi e flash. Alla fine anche cocomero per tutti. Il parroco, don Giorgio, per contestualizzare la messa rock ha ricordato il salmo che aiuta ad entrare in un clima di festa, ma era l'unico aiuto che non serviva. Batteria, sax e chitarre elettriche nella parrocchia dedicata a Santa Maria Goretti. E anche la preghiera dei fedeli inviata con un sms.
Poco distante c’è un locale che suona la bella musica italiana degli anni 60 e 70. Pop rock. I brani dei Nomadi e dei Pooh, di Celentano e dell’Equipe 84 arrivano anche alle orecchie dei fedeli, ma solo nei pochi momenti di silenzio fra le note delle chitarre elettriche, una rullata di batteria e l’assolo di un sassofono. E sono latte e miele a confronto di quel che toccherà ascoltare e vedere all’ignaro capitato a santificare la festa in una chiesetta che parrebbe vaccinata contro i modernismi, essendo intitolata a Santa Maria Goretti, mentre rappresenta l’ultimo stadio (ma poi chissà) della «Messa yé-yé» di cui parlava Giovannino Guareschi negli anni del Concilio Vaticano II. Sempre Guareschi profetizzava: “Non è lontano il tempo in cui, dopo la confessione per telefono, il comunicando riceverà in busta raccomandata l’Ostia Consacrata che egli potrà consumare comodamente a casa servendosi, per non toccarla con le dita impure, di una apposita pinza consacrata fornita dal «reparto meccanizzazione» della Parrocchia. Non escludo che, per arrotondare le magre entrate della parrocchia, il parroco possa far stampare sulla Particola qualche vignetta pubblicitaria”.
Nella messa rock di San Mauro Mare non il telefono ma il telefonino riceve l’onore degli altari. A parte i tanti scatti fotografici e i video che partono durante la messa per immortalare lo storico evento, il clou lo si raggiunge alla preghiera dei fedeli. Sul grande monitor che trasmette anche i testi delle canzoni accompagnate dal complesso ed eseguite dal coro, appare un numero di cellulare. C’è da spostare un’auto? No. Viene spiegato dall’altare che “ci saranno delle preghiere che saranno lette dal foglietto e altre le potrete mandare voi al numero che vedete sullo schermo… Potete mandare proprio adesso i messaggi, sono messaggi di preghiera”. Via alla telepreghiera.
Ieri sera alle 21 è cominciata la messa rock nella parrocchia di San Mauro Mare, ed è andata avanti per un’ora e mezza. All’aperto, canzoni e preghiere, applausi e flash, e alla fine anche cocomero per tutti.
Il parroco, don Giorgio, per contestualizzare la messa rock ha ricordato il salmo 150 “che ci aiuta ad entrare in questo clima di festa”. Un salmista rock? Di certo il clima di festa era l’unica presenza palpabile. “Lodatelo con squilli di tromba, lodatelo con arpa e cetra, lodatelo con timpani e danze, lodatelo sulle corde e sui flauti, lodatelo con cembali sonori, lodatelo con cembali squillanti”. Ma si sa, dagli squilli di tromba al sax il passo è breve, e dalle corde è un attimo passare alla chitarra elettrica. “Ecco, se noi non viviamo l’eucarestia così, rischiamo di trasformarla in una noia e in una pesantezza enorme“. E allora musica, reverendo!
La messa rock va forte nella zona nord della Diocesi. La parrocchia del Sacro Cuore di Bellaria ne ha organizzata una l’8 dicembre dello scorso anno, non in una data qualunque ma nella festa della Immacolata (se ne trovano ampie tracce sul web). A Savignano un altro precedente e qui avevano anche coniato slogan ad effetto: “Jesus The Rock of my salvation” e “Jesus is my Rock & That’s How I Roll”. Ma anche a Riccione in passato ne è stata celebrata una. E gli esperimenti cominciano ad essere diversi su scala nazionale.
Ieri sera a concelebrare c’erano i parroci di San Mauro Mare, Bellaria e Igea Marina. Perché l’iniziativa è figlia della unità pastorale di Bellaria e San Mauro Mare. Ma c’era anche il vicario del vescovo, don Maurizio Fabbri. Una benedizione importante per una messa che per la Chiesa cattolica di Roma dovrebbe essere considerata eretica o giù di lì.
“Tra le sollecitudini dell’officio pastorale, non solamente di questa Suprema Cattedra, che per inscrutabile disposizione della Provvidenza, sebbene indegni, occupiamo, ma di ogni Chiesa particolare, senza dubbio è precipua quella di mantenere e promuovere il decoro della Casa di Dio, dove gli augusti misteri della religione si celebrano e dove il popolo cristiano si raduna, onde ricevere la grazia dei Sacramenti, assistere al santo Sacrificio dell’Altare, adorare l’augustissimo Sacramento del Corpo del Signore ed unirsi alla preghiera comune della Chiesa nella pubblica e solenne officiatura liturgica.
Nulla adunque deve occorrere nel tempio che turbi od anche solo diminuisca la pietà e la devozione dei fedeli, nulla che dia ragionevole motivo di disgusto o di scandalo, nulla soprattutto che direttamente offenda il decoro e la santità delle sacre funzioni e però sia indegno della Casa di Orazione e della maestà di Dio.
Non tocchiamo partitamente degli abusi che in questa parte possono occorrere. Oggi l’attenzione Nostra si rivolge ad uno dei più comuni, dei più difficili a sradicare e che talvolta si deve deplorare anche là dove ogni altra cosa è degna del massimo encomio per la bellezza e sontuosità del tempio, per lo splendore e per l’ordine accurato delle cerimonie, per la frequenza del clero, per la gravità e per la pietà dei ministri che celebrano. Tale è l’abuso nelle cose del canto e della musica sacra” (Motu Proprio “Tra le sollecitudini” del Sommo Pontefice Pio X sulla musica sacra).
“Ogni innovazione in questa delicata materia deve rispettare peculiari criteri, quali la ricerca di espressioni musicali che rispondano al necessario coinvolgimento dell’intera assemblea nella celebrazione e che evitino, allo stesso tempo, qualsiasi cedimento alla leggerezza e alla superficialità” (Chirografo del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II per il centenario del Motu Proprio “Tra le sollecitudini” sulla musica sacra).
“A riguardo delle composizioni musicali liturgiche faccio mia la “legge generale”, che san Pio X formulava in questi termini: “Tanto una composizione per chiesa è più sacra e liturgica, quanto più nell’andamento, nella ispirazione e nel sapore si accosta alla melodia gregoriana, e tanto meno è degna del tempio, quanto più da quel supremo modello si riconosce difforme”. Non si tratta evidentemente di copiare il canto gregoriano, ma piuttosto di far sì che le nuove composizioni siano pervase dallo stesso spirito che suscitò e via via modellò quel canto. Solo un artista profondamente compreso del sensus Ecclesiae può tentare di percepire e tradurre in melodia la verità del Mistero che si celebra nella Liturgia” (Chirografo del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II per il centenario del Motu Proprio “Tra le sollecitudini” sulla musica sacra).
“E’ importante, infatti, che le composizioni musicali utilizzate nelle celebrazioni liturgiche rispondano ai criteri opportunamente enunciati da san Pio X e sapientemente sviluppati sia dal Concilio Vaticano II che dal successivo Magistero della Chiesa. In tale prospettiva, confido che anche le Conferenze episcopali compiano accuratamente l’esame dei testi destinati al canto liturgico, e prestino speciale attenzione nel valutare e promuovere melodie che siano veramente adatte all’uso sacro” (Chirografo del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II per il centenario del Motu Proprio “Tra le sollecitudini” sulla musica sacra).
“Sempre sul piano pratico, il Motu proprio di cui ricorre il centesimo anniversario affronta anche la questione degli strumenti musicali da utilizzare nella Liturgia latina. Tra essi riconosce senza esitazione la prevalenza dell’organo a canne, circa il cui uso stabilisce opportune norme. Il Concilio Vaticano II ha recepito pienamente l’orientamento del mio santo Predecessore stabilendo: “Nella Chiesa latina si abbia in grande onore l’organo a canne, strumento tradizionale, il cui suono è in grado di aggiungere mirabile splendore alle cerimonie della Chiesa, e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti”.
Si deve tuttavia prendere atto del fatto che le composizioni attuali utilizzano spesso moduli musicali diversificati che non mancano d’una loro dignità. Nella misura in cui sono di aiuto alla preghiera della Chiesa, possono rivelarsi un arricchimento prezioso. Occorre tuttavia vigilare perché gli strumenti siano adatti all’uso sacro, convengano alla dignità del tempio, siano in grado di sostenere il canto dei fedeli e ne favoriscano l’edificazione” (Chirografo del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II per il centenario del Motu Proprio “Tra le sollecitudini” sulla musica sacra).
I fedeli nella messa rock non cantano ma assistono allo show. Anche se i testi appaiono come in un karaoke sullo schermo alle spalle degli officianti e della band, risulta difficilissimo seguire e cantare. Non li conosce nessuno. E così al popolo di Dio non resta che recitare il Credo e poco altro. Molti fedeli, invece, non riescono a non seguire il ritmo, battono i piedi, muovono la gamba, ondeggiano, come nel bel mezzo di un concerto. Anche i concelebranti ogni tanto si fanno trasportare e seguono l’onda.
Anche i doni che vengono portati all’altare sono un po’ pop. Oltre al pane e al vino c’è infatti “una cesta con dei simboli che abbiamo raccolto dalle attività che abbiamo fatto questa estate come unità pastorale”. C’è un rosario, per ricordare una notte in cui i giovani hanno pregato, ma anche un pezzo di scoglio (“perché abbiamo fatto un vespro sugli scogli”) e pure “un dvd e dei poc-corn per simbolegiare una serata in cui abbiamo guardato un film insieme, e il tutto porta a questa celebrazione, punto focale di questa estate”. I giovani. E’ per avvicinare i giovani che la chiesa batte i sentieri del ridicolo. Ma i giovani non cercano in chiesa quello che possono trovare ovunque e con più bellezza.
A chi tutto ciò potrebbe sembrare un sogno, spieghiamo che siam desti, e qui sotto linkiamo l’audio della messa rock. Integrale.
Caterina Casello
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