Unioncamere ha calcolato anche le ricadute sul territorio: ogni cento euro diretti, 55 sono per l’indotto.
Il valore aggiunto del turismo riminese vale un quarto del totale regionale. Una nuova ricerca mette nero su bianco il “peso” di Rimini e della Romagna per questo comparto. E’ stata presentata sabato 23 settembre a Ferrara ed è stata realizzata dal direttore del centro studio Unioncamere Emilia-Romagna, Guido Caselli.
Lo studio è il risultato di un algoritmo che – in sintesi – mette in fila alcuni dati che riguardano il turismo: oltre alle presenze (che rilevano solo i dati delle strutture ricettive), anche altri valori come la spesa degli stranieri in ogni provincia (elaborata dalla Banca d’Italia) e il numero di addetti delle imprese (che si possono vedere nel grafico successivo). Ne viene fuori un algoritmo che Caselli sintetizza con il termine “valore aggiunto”: cioè quanto vale il comparto nella struttura economica del territorio.
Secondo Caselli, il valore aggiunto del turismo riminese è pari a 4,6 miliardi di euro, oltre un quarto di quello regionale, pari a 16,22 miliardi. Di questi, 2,97 miliardi sono dovuti ad entrate dirette mentre 1,64 miliardi sono legati all’indotto. Per cento euro spesi nel settore (che da solo vale il 31 per cento degli occupati) ne ricadono 55 sul territorio. Da questo punto di vista il dato è il più basso della Regione (la media è di 87 euro ogni cento spesi). I valori più alti sono in Emilia, dove si viaggia molto per affari e per le città d’arte, rispetto alle province romagnole. A Bologna per cento euro spesi, ce ne sono altri 140 di indotto. Il valore aggiunto regionale è così composto: il 28 per cento su Rimini, segue Ravenna e poi Forlì-Cesena. «Il peso del turismo è minore in territori con un forte radicamento del settore industriale» osserva Caselli che si trovano, appunto, oltre la via Emilia.
I dati si riferiscono al 2016
Fonte: Unioncamere
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