L'ultimo fu Marcello Di Bella, che terminò nel 2009. L'istituzione merita molta più attenzione da Palazzo Garampi. Anche perché passano più persone in Biblioteca che per le aule – noiosette e fitte di artisti un po’ troppo ‘locali’ – della Biennale voluta dall'assessore alle Arti. E prima di far deragliare parecchi soldi statali nel Museo Fellini dei sogni occorreva sistemare la “Gambalunghiana”, vivissima, e un vanto riminese.
Partiamo da una considerazione facile facile:
*la Biblioteca “Gambalunga” di Rimini è una gran bella biblioteca.
Tra l’altro, la Biblioteca è frequentata da un bel mucchio di gente:
*stando alla ‘velina’ del Comune divulgata a cani&giornalisti un paio di mesi fa, sono oltre 154mila gli ‘utenti’ che sono entrati nel palazzo di Alessandro Gambalunga.
A proposito di Alessandro Gambalunga:
*l’illuminato commerciante – che si fregiò di laurea in diritto canonico a Bologna, che impalmò una Diotallevi e che si comprò lo stemmino nobiliare – terminò il palazzo dove sta la Biblioteca nel 1614. Ma è nel 1617, sigillando il testamento rogato a Pesaro da Simone Rossi, che Gambalunga decide di aprire la sua Biblioteca privata “a tutti li altri della città che volessero per tempo nelle […] stanze di detta mia casa andarsene a servire”. 400 anni fa Gambalunga ha già in mente la “Gambalunghiana”: ci mette testamento e soldi (300 scudi annui per acquistare nuovi libri e legare e restaurare gli altri; 50 scudi per pagare il bibliotecario). Quest’anno è l’anniversario del felice testamento. Qualcuno vi ha detto qualcosa? No, figuriamoci.
Perché è importante la “Gambalunghiana”:
*perché è la prima Biblioteca civica d’Italia – e d’Europa, ha suggerito Marcello Di Bella. Vi pare poco? Per la precisione, la Biblioteca è tale dal 1619, quando muore il Gambalunga. Il primo bibliotecario, in carica dall’agosto del 1619, è Michele Moretti. Il primo inventario – novembre 1620 – narra di 1438 volumi e quasi 2mila opere. Oggi i libri sono circa 320mila (di cui 60mila antichi).
Cosa c’è di indimenticabile nella “Gambalunghiana”?
*un mucchio di belle cose. Fra queste: il Passionario riminese del XII secolo, il De Civitate Dei scritto per Pandolfo Malatesta e finemente miniato, i mappamondi del Blaeu costruiti ad Amsterdam nel primo Seicento, il Valturio, il codice della Divina Commedia trascritto alla fine del Trecento dal veneziano Giacomo Gradenigo. Ma questo è quasi nulla: fate una gita qui, www.bibliotecagambalunga.it, e divertitevi.
Cosa fa il Comune per la “Gambalunghiana”?
*Normale amministrazione. Magari. Direi, scarsa amministrazione. La “Gambalunghiana” è la più antica Biblioteca civica d’Italia, è lì da 400 anni. Ma al Comune di Rimini la cosa pare interessare assai poco. L’anno scorso “per il rinnovo degli abbonamenti e l’acquisto di materiale bibliografico e documentario a favore della Biblioteca Civica Gambalunga” il Comune, leggendo la Determinazione n. 2447, ha speso 66.514 euro. Tanto? No, pochissimo. Esempio. La “Biennale del disegno” è costata lo scorso anno (così il “costo complessivo” recepito dalla Delibera di Giunta della Regione Emilia-Romagna del 18 luglio 2016) 372.445 euro. Una spesa inutile a incrementare il flusso cultural-turistico riminese. Ma che è servita a far levitare la cresta e la fama dell’Assessore ‘alle arti’ (a che cosa?) Massimo Pulini. Insomma, passano più persone in Biblioteca che per le aule – noiosette e fitte di artisti un po’ troppo ‘locali’ – della Biennale. Eppure l’Assessore – in comunella con il Sindaco – per la Biblioteca fa nulla.
Cosa dovrebbe fare il Comune di Rimini?
*Beh, intanto spendere i soldi comunali – i nostri – per i servizi civici prima che per le iniziative personalistiche, utili a titillare l’ego degli Assessori e dei loro fan. In Comune pensano che fare l’amministratore pubblico significhi essere il direttore artistico di una discoteca o di una galleria d’arte. L’amministratore pubblico deve pensare al pubblico, cioè ai cittadini, cioè ai servizi. Cioè, alla “Gambalunghiana”.
Cosa deve fare il Comune di Rimini per la Biblioteca civica?
*Cannato diabolicamente il primo anniversario – quest’anno – cerchiamo di farci trovare preparati al 2019 per festeggiare i 400 anni della “Gambalunghiana”. Facendo la cosa più semplice: varare un bando internazionale per il direttore della Biblioteca. Sembra uno scherzo, ma la vergogna a cielo aperto di Rimini è che alla “Gambalunghiana”, interrompendo una gloriosa sequela – furono direttori della Biblioteca un giovanissimo Giuseppe Garampi, Luigi Tonini, il figlio Carlo, Aldo Francesco Massera, Piero Meldini – manca un direttore. L’ultimo fu Marcello Di Bella. Terminò il fausto esercizio nel 2009. Nel 2019 rischiamo di festeggiare i primi 10 anni di assenza di un direttore. Al contrario, occorre rilanciare, come hanno fatto altre istituzioni culturali italiane, cercando un grande direttore in grado di far ‘esplodere’ le bellezze della “Gambalunghiana”.
Qual è il problema?
*Che a questi amministratori pubblici della Biblioteca Gambalunga frega nulla. Altrimenti si sarebbero già dati da fare. Prima di far deragliare parecchi soldi statali nel Museo Fellini dei sogni – dove sono le mappe dettagliate oltre i quattro disegnini con cui rabbonire la stampa? chi ha deciso come vanno fatte le cose? dov’è uno straccio di commissione di esperti per supervisionare progetti e soprattutto spese? – occorreva sistemare la “Gambalunghiana”, che c’è, è vivissima, ed è un vanto riminese. Si sa, però, che il direttore di una biblioteca è meno utile ed è meno telegenico, elettoralmente parlando, di un megaprogetto milionario – che poi, però, finite le chiacchiere e gli apericena, andrà riempito di ‘contenuti’: attenti riminesi che dopo la spesa vi ritrovate la sola…
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