“Rimini potrà ripartire solo rottamando parte dei suoi alberghi”. Parla Giovanni Pecci

“Rimini potrà ripartire solo rottamando parte dei suoi alberghi”. Parla Giovanni Pecci

Per raggiungere questo risultato la riviera deve chiedere una deroga fiscale al governo.

Se il sindaco di Rimini vuole passare alla storia deve dedicarsi ai veri temi strategici: demolire e riqualificare il parco alberghi, pensare all'aeroporto, che può avere un futuro solo come scalo internazionale della Repubblica di San Marino. Col parco del mare, il teatro Galli e piazza Malatesta non lascerà una traccia indelebile. Ma Rimini è ancora viva e vegeta e i ritardi che ha accumulato devono creare la premessa per uno scatto in avanti, non per il piagnisteo.

Spezzare il “letargo” dell’economia turistica riminese, destinata ad “un lento e agonizzante declino”. Uscire dal turismo “mordi e fuggi” e da “un sistema economico retto dalle tribù familiari locali”. Attirare investimenti dall’estero per innovare una offerta che “ha perso la sua spinta propulsiva”. Perché il modello che ha fatto la fortuna della riviera, giunto al suo culmine negli anni 60, “si è accartocciato su se stesso dando vita ad una realtà economicamente ricca ma insieme sottosviluppata”. Fra il 1994 e il 1995 Nomisma prepara (su incarico dell’Osservatorio economico fatto nascere da Luciano Chicchi, presidente della Fondazione Carim, insieme alle associazioni del mondo imprenditoriale) e presenta a Rimini una ricerca che scuote dalle fondamenta la città, le certezze che l’hanno portata ad essere una capitale mondiale del turismo e anche quelle degli attori sulla scena pubblica e privata. Nomisma, società di studi economici, nata a Bologna non molti anni prima (1981) arriva in città con le sue punte di diamante: il capo dei capi, Romano Prodi, e il direttore Giovanni Pecci. Il lavoro che presentano sprigiona la forza di un gigantesco tsunami. A confronto il piano strategico è un piccolo palliativo. Ma non succede nulla. La rivoluzione copernicana viene rimandata e Rimini continuerà a ritenersi ancora a lungo al centro del sistema solare turistico, forte di un passato che non passa.
Ventidue anni dopo Rimini è uscita dal letargo? Il mordi e fuggi oggi si chiama “weekendizzazione” della vacanza e produce la concentrazione delle presenze nei fine settimana, con l’aiutino di Notte Rosa, Molo street parade e compagnia festante. Milioni di presenze perse, nonostante gli investimenti miliardari in promocommercializzazione. Negli ultimi anni un fattore positivo ha portato acqua al mulino del turismo in riviera e più in generale in Italia, ma è solo la conseguenza di uno scenario mondiale nel quale ha fatto la sua comparsa il terrorismo islamico e il Belpaese ne ha guadagnato. Ma di sottosviluppato resta ancora parecchio nella economia turistica riminese, compresa una offerta alberghiera ingessata. Siamo andati a cercare Giovanni Pecci (nella foto), ancora a Nomisma, per riallacciare i fili e “aggiornare” quella analisi dei primi anni 90.

Giovanni Pecci, made in Morciano di Romagna (“vivo a Bologna come un emigrato”, sorride), ricorda bene: “L’analisi sul declino venne molto criticata”. Ci fu una levata di scudi ma il declino è proseguito… “Quindi era una profezia?”, domanda lui con lo sguardo pungente e divertito. “A ventidue anni da quella data potremmo dire che i segni del declino sono conclamati e questa è una buona notizia. Perché mentre nei primi anni 90 parlare di declino appariva una eresia, oggi può far scattare reazioni che finora non si sono viste e che devono provenire non solo dai pubblici poteri e dal mondo economico, ma da tutti, ciascuno deve fare la sua parte all’interno di un disegno strategico”.
Giovanni Pecci parte dai fondamentali. “Il turismo non è il divertimentificio, non è la Notte Rosa o bianca, ma è una attività di servizio continuativo alle persone, che non cessa neanche quando la stagione è terminata, anzi, lo sforzo più grande dovrebbe essere prodotto nell’intervallo invernale”.
Alt. Mettiamo la retromarcia. A Rimini c’è chi pensa di vivere nel migliore dei mondi possibili, o giù di lì. C’è un sindaco convinto che le opere alle quali ha messo mano porteranno una svolta. Ha esplicitamente evocato un nuovo Rinascimento. “Il tempo è galantuomo”, risponde Pecci. “Se le scelte dell’amministrazione comunale produrranno qualcosa di epocale dovremmo vederlo nei sismografi. Se il cambiamento sarà riscontrato dai fatti sarà una buona notizia, se invece è solo un effetto ottico bisogna preoccuparsi”.

Nomisma, attraverso un gruppo di specialisti guidati da Prodi, fotografò nei primi anni 90 uno scenario quasi identico a quello attuale: migliaia di alberghi e un’offerta più o meno standardizzata. “Un colosso d’argilla”, ricorda Pecci, “che purtroppo aveva le fondamenta in una indifferenziazione, di rassicurante c’era la percezione di una gestione familiare, e quindi “buona”, sana, onesta, ma senza che fosse suffragata da standard oggettivi. Poi si sono affacciati i nuovi turismi, la fruizione del turismo è cambiata. Una riviera così importante da un punto di vista numerico, a mio avviso non è riuscita a tenerli insieme questi nuovi turismi. Nella nostra analisi auspicavamo che il turismo si estendesse dalla costa all’entroterra e non venisse consumato solo nella lingua compresa fra la spiaggia e la prima linea degli alberghi, ma fosse spalmato su alcuni chilometri per raggiungere l’entroterra, operazione basilare anche per allungare la stagione”. Un entroterra “che ha valenze paesaggistiche e ambientali che per pura fortuna si sono conservate”. Per fortuna, riprende Pecci, “in quanto non c’è stata un’azione pianificata e perseguita in questa direzione”. Gli ultimi dati sulle presenze turistiche dicono che l’entroterra cresce, ma se si cercano le cause di ciò non si trova una significativa regia dei timonieri del turismo. “L’invito che feci a Rimini nel 95 fu quello di girare le spalle al mare ma le reazioni delle categorie furono abbastanza inferocite”. Facendo emergere quello che Pecci considera uno dei limiti principali: “Manca un gioco di squadra in Romagna e a Rimini in particolare, ogni “tribù” vuole accaparrarsi la maggior parte del portafoglio dei turisti”.

Alla domanda su come tornare a far crescere la Riviera, Pecci ha una prima risposta fulminante: “L’urgenza che io vedo in questo disegno di futuro è fare spazio, rottamare e abbattere una parte di alberghi per recuperare spazio ai servizi. Da questo punto di vista bisogna ingranare la retromarcia. Nei prossimi trent’anni non si dovrà ampliare ma creare spazi vuoti, migliorando la qualità dei servizi per tutti”. Sembrerebbe la direzione imboccata dal sindaco che ha detto “basta cemento” ma in realtà non è così perché Andrea Gnassi si è fermato allo stop alla crescita senza aggiungere la pars costruens. Senza mettere mano alla rottamazione e al nuovo assetto che inietterebbe nuova vita anche al settore dell’edilizia ormai rantolante. “Bisogna potare l’albero perché dia più frutti. E’ una regola da contadini, non troppo complicata. Chiaramente non è una meta di breve termine ma tutte le cose importanti cominciano con un piccolo passo”.
Se gli si fa notare che una simile impresa necessita di risorse ingenti, che non sono a disposizione di un territorio locale, Pecci aggiunge: “Vanno create le condizioni fiscali ed economiche per rendere possibile lo sfoltimento al quale ho fatto cenno”. Come? “Avendo l’autorevolezza e la capacità di persuasione per chiedere al governo una deroga fiscale, che farebbe da apripista anche per altri, ad esempio il sud Italia”. E nell’accogliere questa richiesta il governo non farebbe solo qualcosa di utile per l’industria turistica ma anche per lo Stato: “Se la riviera non sarà nelle condizioni di produrre reddito e tasse anche per il futuro, lo Stato centrale avrà solo da perderne”.

La visione che tratteggia l’uomo di Nomisma è fatta anche di altri tasselli. “Sfoltire e riqualificare, anzitutto. Ma le strutture che devono ancora adeguarsi dal punto di vista delle conformità (edilizia, impiantistica, ecc.) non possono perdere altro tempo”. Poi “una visione strategica per il turismo richiede che ci si ponga l’obiettivo di riportare a Rimini in bassa stagione quella fetta di vacanzieri che ha permesso il boom della costa romagnola: svedesi, norvegesi, olandesi… il nord Europa”. Terzo, la sicurezza, questione molto legata alla precedente. “La parola d’ordine deve essere questa: la riviera è un luogo sicuro. Non si perde neanche un bambino…”. Figurarsi se si può continuare a tollerare l’abusivismo dilagante e la patente di città insicura che ogni anno qualche classifica spiattella in faccia al mondo. E anche questo obiettivo Pecci lo lega ad una “strategia condivisa”: “La sicurezza non è solo materia per le forze dell’ordine, è il risultato di un patto sociale. E abbordare il turismo del nord Europa sarà molto più semplice nel contesto di una città che ha deciso di alzare la bandiera della sicurezza in modo aperto e trasparente”. Con tanto di bollettino quotidiano dei fatti di cronaca rapportati alla popolazione. Proprio così. Pecci si spinge avanti. Se in estate la riviera diventa la più grande metropoli italiana, gli indici di “rischiosità” devono essere adeguatamente rapportati e argomentati in faccia al mondo.

Una idea sulla quale il sindaco sta investendo parecchio è la seguente: il recupero dei contenitori culturali (Galli, Fulgor) e la riqualificazione di piazza Malatesta permetteranno di intercettare nuovi ed enormi flussi di viaggiatori. Sarà questa la gallina dalle uova d’oro per il turismo di Rimini?
“E’ un miraggio”, risponde secco Giovanni Pecci. “Non sono questi gli elementi decisivi per imprimere la svolta. Non dico che siano negativi, ma non in grado di produrre il cambiamento necessario. Ben venga questo nuovo assetto, che comunque mi pare arrivi con trent’anni di ritardo, ma la priorità è la rottamazione, insieme a riqualificazione, sicurezza, mercati del nord Europa…”.
L’altro cavallo di battaglia del sindaco è il parco del mare. “Finalmente avete completamente pedonallizzato il lungomare di Rimini?”, domanda Pecci. No, però il progetto è ambizioso e secondo Palazzo Garampi anche a portata di mano, nonostante le incertezze legate alla Bolkestein. “Il lungomare di Rimini totalmente e veramente pedonalizzato (off limits per motocicli e motoveicoli) sarà una notizia mondiale, tutto il resto …”. E’ noia.

Giovanni Pecci non si sottrae nemmeno ad una domanda sulle incertezze che gravano sulla storica banca di Rimini, Cassa di Risparmio: “Il sistema bancario mondiale si sta concentrando, si prevede che in Italia fra pochi anni ci saranno solo quattro o cinque grandi banche, di cui nessuna italiana. Il sistema bancario non sarà più quello territoriale che abbiamo conosciuto fino ad oggi, fatto di casse di risparmio, popolari e credito cooperativo, ma espressione di pochi grandi gruppi. E’ un processo ineludibile e penso che permetterà anche di gestire in modo abbastanza indolore gli scheletri negli armadi custoditi a livello locale. Il fondo che compra gli Npl di solito è il primo passo verso l’ingresso di un grande gruppo, come insegna il caso Bnl. Ma il venir meno della “banca del territorio” non è una sciagura, chi compra ha tutto l’interesse a gestire bene e dunque le cose potrebbero migliorare. Anche Carim prima o poi sarà inglobata e risanata”.

Non si può non accennare, trovandosi davanti Giovanni Pecci, ad un temone di cui si è occupato anche dalle stanze di Nomisma: San Marino. Questi giorni di nuovo sotto la tempesta per il suo sistema bancario. Sì, perché Nomisma studiò e analizzò anche i punti forza e di debolezza del Titano, un po’ come fece per Rimini. “L’incipit che i ricercatori di Nomisma misero nero su bianco fu questo: a San Marino il settore trainante e più rilevante è quello delle fatture false. Questo annuncio scioccante venne poi seguito da una analisi puntuale e da proposte di aggiustamento di tale anomalia”. La più importante di queste proposte, la pietra d’angolo, fu questa: “A nostro parere San Marino avrebbe dovuto incamminarsi verso il modello Repubblica francese-Principato di Monaco. Il patto in quel caso prevede che si tolleri una certa fiscalità agevolata ma mettendo al bando i denari di provenienza delittuosa. Questo doveva essere fatto con la piccola Repubblica ma i responsabili di San Marino questa strada – l’accettazione di una forma moderna di controllo e monitoraggio, fissando dei limiti oltre i quali non si può andare – non vollero percorrerla … e la storia che ne è seguita ha dimostrato il disastro prodotto dal patto mancato. Si è persa l’opportunità di salvaguardare un ampio benessere non solo per i sammarinesi ma anche per l’Italia”.

Le sorprese non sono finite e l’ultima Giovanni Pecci la riserva proprio a proposito di San Marino.
“Che senso ha l’aeroporto di Rimini? Che deve anche sottostare ai “veti” politici che ne hanno impedito la crescita?” Non bisogna infatti dimenticare che se c’è un patto che a livello emiliano-romagnolo è stato stretto dalle istituzioni politiche, è quello della scelta preferenziale per Bologna dominus aeroportuale e Rimini regina delle Fiera. “Non capisco perché nessuno abbia ancora intuito che l’unica chance per l’aeroporto “Fellini” è quella di farne lo scalo della Repubblica di San Marino, l’aeroporto internazionale della Repubblica di San Marino. Solo in questo caso, inseriti in uno scenario mondiale, il tema degli investimenti, l’unico che conti qualcosa, potrebbe essere facilmente abbordabile avendo sul tavolo una quantità di opportunità che spaziano dalla Russia alla Cina”.
C’è anche spazio per una battuta finale, però molto illuminante: “Se il sindaco di Rimini vuole passare alla storia credo debba sposare questa battaglia, ovvero il destino di una struttura strategica come l’aeroporto, insieme al futuro del gigante dai piedi d’argilla, il turismo della riviera. Con lungomare e teatro non potrà lasciare una traccia indelebile nella storia. Anche perché non credo che queste opere possano consentire incrementi di presenze al di sopra di percentuali dell’1 virgola, nel primo caso (lungomare, ndr), e dello 0,8% (teatro Galli e piazza Malatesta, ndr) nel secondo. Mentre per il trasporto aereo parliamo di cifre a due zeri”. Messaggio conclusivo improntato all’ottimismo: “Rimini è ancora viva e vegeta e i ritardi e le problematiche di cui abbiamo parlato nella nostra chiacchierata, nella quale io ho offerto la mia modesta visione (non dispenso la verità ma metto insieme i fatti da un posto privilegiato qual è Nomisma), devono creare la premessa per uno scatto in avanti, non per il piagnisteo”.

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