Economia, non c’è ancora luce in fondo al tunnel

Economia, non c’è ancora luce in fondo al tunnel

Camere commercio: Ravenna va con Ferrara, Romagna divisa

Piccoli segnali positivi ma i settori tradizionali continuano ad essere in crisi. Il Rapporto economico della provincia di Rimini.

Qualche “piccolo segnale positivo” si coglie nell’economia di Rimini ma “i settori tradizionali continuano ad essere in crisi”, dunque non c’è ancora la luce in fondo al tunnel. E’ il verdetto di Fabrizio Moretti, presidente della Camera di Commercio della Romagna, Forlì-Cesena e Rimini, padrone di casa oggi all’Aula Magna del Campus di via Angherà dove si presenta il rapporto sull’economia del 2016 e gli scenari prossimi futuri.
Non che manchino i fondamentali: il valore aggiunto totale prodotto, nell’ultimo anno stimato, è di 8,8 miliardi di euro (19,5 miliardi insieme a Forlì-Cesena) in aumento del 2,2%; il valore aggiunto procapite è di 26.270 euro, più basso della media regionale (29.554) ma più alto della media Italia (24.107); la stima Prometeia della variazione percentuale sull’anno precedente segna +1, in linea col dato regionale e più alta rispetto al risicato +0,7 italiano; le imprese attive sono in lieve incremento; il turismo ha avuto l’anno scorso un andamento positivo (presenze +1,6%); il tasso di disoccupazione ha avuto un lieve contenimento, scendendo dal 9,5% al 9,1%. Eppure questi risultati dignitosi non sono tali da squarciare il velo di nebbia.
Vediamo in sintesi i dati non positivi. Nel totale delle imprese attive, a Rimini sono diminuite del 3,5% quelle giovanili, mentre sono aumentate del 3,1% quelle straniere. Le società di capitale sono aumentate del 3,3%, ma nel totale quelle senza dipendenti sono una su dieci, e quelle con meno di 10 addetti sono l’82%. La disoccupazione è di 2,3 punti più alta della media regionale. L’agricoltura ha perso il 9,2% di produzione lorda vendibile, in netto calo le coltivazioni erbacee e la zootecnia. Stabile la pesca. Nell’edilizia, la domanda è stagnante, diminuiscono imprese e occupazione, l’accesso al credito è difficile. Il commercio interno (più del 20% ha titolari stranieri) tiene, ma in un contesto di crisi dei consumi, elevata pressione fiscale e difficoltà di relazioni col sistema creditizio: difficoltà soprattutto per le piccole e piccolissime imprese, in rapporti critici con la grande distribuzione organizzata. Il turismo, pur segnando aumenti di arrivi e presenze, vede restringersi ulteriormente il periodo medio di soggiorno: oggi è di soli 4,5 giorni, nel 2000 era di 6 giorni. Anche i trasporti di merci su strada segnano il passo, mentre nel traffico aereo si contano circa 950 aerei partiti ed altrettanti arrivati, un dato positivo vista la chiusura del “Fellini” tra novembre 2014 e marzo 2015. Nell’artigianato sono diminuite le imprese ma la produzione è aumentata dell’1,5%, tuttavia ci sono varie criticità nel passaggio generazionale e nell’accesso al credito. Proprio nel settore bancario si registrano cifre preoccupanti: a Rimini è arrivata a quasi il 17% la quota delle sofferenze sugli impieghi totali, mentre la media regionale è del 12 e quella nazionale del 10. Al netto delle sofferenze, gli impieghi sono diminuiti di quasi il 4&, più del 6% per quanto riguarda le imprese (meno 20% alle costruzioni). I depositi (totale 8,4 miliardi di euro) sono aumentati di quasi il 6%, ma letto in filigrana il dato è negativo: famiglie e imprese tendono a spendere di meno. Persino la cooperazione perde quota, con un calo delle imprese di quasi il 4% (media regionale -1%).
Tornando alle note dolci, il manifatturiero riminese è cresciuto nel 2016 in fatturato, produzione e ordini. La CIG straordinaria è diminuita del 53%, la produzione industriale aumentata del 2,4%. Le esportazioni si sono fortemente incrementate del 12,3%. Il dato in assoluto più bello è il balzo delle start-up innovative, oggi 80: +126%. Ma su questo punto smorza gli entusiasmi il presidente Moretti: “è un segnale non sufficiente, bisogna favorire i processi che uniscano le nuove imprese con le capacità delle imprese senior, altrimenti, se dopo alcuni anni le start-up chiudono, non avremo creato valore”. Una critica anche su ricerca e innovazione: “bisogna investire orientandosi al mercato e possibilmente anticipando le tendenze. Se l’investimento in innovazione non risponde alle esigenze del mercato, non diventa un fattore vincente”.
Diagnosi negativa di Moretti anche sull’aspetto territoriale: “la competizione fra comuni e province, vedi la parcellizzazione delle infrastrutture (aeroporti, palacongressi…), non ha portato benessere, non ha agevolato ma penalizzato i territori. Occorrono sinergie”. Ma proprio su questo, se il buongiorno si vede dal mattino, le condizioni non sono favorevoli: in gennaio le Camere di commercio di Ravenna e di Ferrara hanno deliberato di unirsi. “Una decisione irrevocabile – commenta Moretti -, purtroppo il tentativo di unire le tre province romagnole in un unico ente camerale è stata una partita persa. Noi ci abbiamo provato, ma non si sono create le condizioni. Ciò non significa che sulle strategie importanti lavoreremo divisi, il dialogo andrà avanti, grazie all’Unioncamere e con tutta la Regione”.
In novembre Rimini e Forlì-Cesena si erano unite, ma la Romagna subito dopo ha perso un pezzo. Niente di nuovo sotto il sole: «Romagna tua non è e non fu mai / Senza guerra nel cuor de’ suoi tiranni, / Ma palese nessuna or ven’ lasciai», cantava tristemente Dante al conte Guido da Montefeltro 700 anni fa, alludendo a una pace più formale ed apparente che reale.
Chi ha frenato sull’unità? In via Sigismondo si lamenta il ruolo di “qualche associazione di categoria”, fin troppo legata al proprio territorio.

COMMENTI

DISQUS: 0