Vent’anni fa la “condanna a morte” dei tre festival di cinema riminesi

Vent’anni fa la “condanna a morte” dei tre festival di cinema riminesi

Miro Gori: “Ci fu una forte pressione della Regione per unificarli, ma Adriaticocinema non poteva funzionare”

Viaggio nella memoria di ciò che furono e resta di Riminicinema, Anteprima per il cinema indipendente italiano di Bellaria e il Mystfest di Cattolica.

Oggi si dice Rimining, il brand lanciato, con sagace senso della contemporaneità, dal sindaco Andrea Gnassi: un ombrello sotto cui contenere, e comunicare, immagine e contenuti della Rimini del XXI secolo, della Rimini 4.0. Per una città che si vanta di guardare sempre avanti, non stupisce però che un tentativo analogo, ancorché perito quasi sul nascere, sia presente negli archivi del passato riminese. Basta spostare le lancette dell’orologio indietro a trent’anni fa. Estate 1987. Nei titoli dei giornali dell’epoca spunta un sostantivo latineggiante (e di quantomeno incongrua derivazione politico-filosofica, ma tanté): Eliopolis. La Città del Sole. Si scomodava, addirittura, Tommaso Campanella. Una iniziativa dell’Apt, per dare visibilità agli eventi culturali della Riviera.

Eliopolis ovvero: “il marchio della città del sole, della cultura e dello spettacolo” scriveva la giornalista Anna Tonelli sulla cronaca regionale di La Repubblica. Sottolineatura nel titolo del quotidiano: “Per rifarsi il look il divertimentificio scopre anche i festival. Nel solco della tradizione c’è invece Aquafan e un diluvio di proposte musicali”.
“Una costa che continua a fare notizia” (ancora Repubblica) scopre che divertimentificio e cultura possono andare a braccetto. E che “ad iniziative piene di storia” come la Sagra Malatestiana, il Premio Riccione Ater per il Teatro e il Festival del Teatro di Santarcangelo, “nell’ultimo decennio (…) – come scrive l’allora presidente dell’Apt Piero Leoni – si sono aggiunti il Mystfest di Cattolica, Anteprima a Bellaria, Europa Cinema a Rimini e Riccione TTVV”, manifestazioni che “hanno portato la cultura per immagini sulla riviera”.

Dalla Città del Sole al Sundance all’italiana: ascesa e caduta dei Festival riminesi
Fermiamoci qua. A trent’anni fa, a una istantanea che racconta di un territorio che aveva visto germogliare, e crescere, eventi festivalieri che portavano in Riviera cultura cinematografica e visiva contemporanea nelle loro forme più alte, audaci e innovative. Astuzia (o meglio ironia) della storia, o delle ricorrenze: esattamente dieci anni dopo l’iniziativa promozionale dell’Apt, nel 1997 (vent’anni fa), quelle esperienze arrivavano al capolinea. L’anno successivo si materializzò infatti il colpo di grazia fatale. Con un nuovo “brand”, per così dire, destinato a rivelarsi “suicida” per non dire “assassino”: Adriaticocinema, il Sundance all’Italiana (copyright, dai giornali dell’epoca, l’allora sindaco Giuseppe Chicchi, a dimostrazione che il riferimento al festival Usa non era una boutade: l’ambizione fu addirittura anche quella di avviare una collaborazione organica con Robert Redford). Per la direzione artistica si sondò anche Nanni Moretti che declinò, quindi arrivò Marco Bellocchio. Dopo due edizioni, la resa. Ancora ci si interroga su chi sia stato (o siano stati) il “giudice Morton” che ha incastrato i Festival (troppo fragili, e finanziariamente onerosi, Roger Rabbits che persero la loro Cartoonia).

I ruggenti anni Ottanta
Bellaria Igea-Marina – Rimini – Cattolica: su quest’asse a partire dagli inizi degli anni Ottanta erano nate tre esperienze accomunate dal fatto di dedicare la propria attenzione al cinema, l’ultima nata delle arti: tre festival cinematografici ognuno con una identità definita e feconda. Tre eventi di respiro nazionale e internazionale, con uno sguardo forte aperto al mondo e ai linguaggi. Nel 1980 debutta a Cattolica il Mystfest, festival del giallo e del poliziesco, la cui direzione è affidata fino al 1985 a Felice Laudadio, quindi a Irene Bignardi che nel 1986 portò in Giuria, per dire, Claude Chabrol e Antonio Tabucchi. Felice Laudadio fu alla guida di EuropaCinema a Rimini dal 1984 al 1987, quando l’esperienza fu chiusa per dare vita, l’anno successivo, a Riminicinema, con una gestione più “autoctona” e una prospettiva che dal cinema europeo si allargava ad orizzonti globali, internazionali, “altri”. La direzione artistica collegiale rimase pressoché immutata fino al 1997: Alberto Farassino, all’epoca il maggior critico cinematografico di Repubblica dopo Tullio Kezich (non ancora passato al Corsera), Fabrizio Grosoli, Gianfranco Miro Gori, Piero Meldini e Roberto Silvestri, critico de Il Manifesto, che si “ritirò” alla quarta edizione contestando la nomina (di impronta “lottizzatrice”) di Vittorio Giacci (area Psi), allora responsabile di Cinecittà International. Al cinema indipendente italiano era dedicata Anteprima di Bellaria: una rassegna nata su iniziativa della locale Azienda di Soggiorno nel 1983, che iniziò a mettere le ali a partire dalla direzione collegiale (un tridente storico) di Enrico Ghezzi, Morando Morandini e Gianni Volpi dal 1985.

Cosa è rimasto, oggi, di quelle esperienze? Di quella stagione? Ci sono ancora tracce che la raccontano? Archivi? Documenti? Cataloghi? Cataloghi: questi sì. Ci sono ancora. Alla Biblioteca Gambalunga di Rimini sono ammessi alla consultazione (qualcosa anche al prestito), mentre i faldoni con documenti, foto, lettere eccetera delle varie edizioni di Riminicinema occupano una parete nella stanza oltre la soglia della sala cinema della Cineteca. La Gambalunga ha anche i cataloghi del festival di Bellaria, che invece mancano nella Biblioteca comunale bellariese che li ha visti nascere: nella sezione cinema si trovano solo le monografie, ovvero le pubblicazioni dedicate a singoli film o autori o temi nel corso delle singole edizioni. Nessuna traccia tra gli scaffali bellariesi dei cataloghi con le schede dei film del concorso, dei premi Casa Rossa eccetera: il “core business” del festival che fu. Unici “segni” rimasti a raccontare pubblicamente la storia di Anteprima, alcuni manifesti appesi alle pareti lungo le scale che portano al primo piano della Biblioteca, dove hanno sede anche gli uffici del Bellaria Film Festival, che dopo varie metamorfosi resta ancora in vita ma che assomiglia più a un parente lontano, ormai dimentico del suo illustre antenato. Alle pareti scorrono solitari i manifesti firmati da Altan, da Mario Schifano, da Guido Crepax, Milo Manara: per dire… Il resto, quel che resta, è murato dentro una stanza in attesa di futuri recuperi/valorizzazioni (ne riparleremo…) A Cattolica, infine, del Mysfest è rimasto oggi il suo nucleo originario, il concorso letterario Gran Premio Città di Cattolica.

Ciak si gira: Gli ultimi giorni di… Riminicinema (Pompei)
Dopo le edizioni del 1997 la storia dei tre festival di cinema è svaporata. Con diverse velocità. Ma è svaporata. A Rimini, si sa, quella di Adriaticocinema è stata una frustata letale per il suo festival, andato incontro a una dissolvenza irreversibile, quasi sotto effetto di un Mandrake/Mastroianni distruttore anziché creatore di immaginario, verrebbe da dire ripensando alla celebre scena di Intervista di Fellini… Cosa fosse successo tra gli addetti ai lavori lo si è detto e ripetuto. Come sia accaduto lo ricorda oggi Gianfranco Miro Gori, in una fase in cui a Rimini, con il progetto che ruota intorno al Fulgor, ci si prepara, nel nome di Fellini, a dedicare nuova attenzione all’arte e alla cultura visiva e cinematografica.
“E’ successo che venne fuori questa idea, quasi imposta dalla Regione – dice l’ex direttore della Cineteca di Rimini – di fondere i tre festival. Io mi ero attestato su una linea di mediazione. Gli interlocutori erano i tre sindaci: Giuseppe Chicchi per Rimini, Gianfranco Micucci per Cattolica e Gianni Scenna a Bellaria. Quest’ultimo era il Comune dove gli amministratori ancora ci credevano nel festival. Invece la mia impressione era e resta che Chicchi e Micucci pensassero che il ciclo di quei festival fosse chiuso. Di certo ci fu una forte pressione della Regione per unificarli, e hanno trovato subito l’appoggio degli amministratori locali. Rimini, con Chicchi, era più proiettata a pensare alla politica felliniana: Fellini era morto nel ‘93, era quindi nata la Fondazione, c’era il progetto del Fulgor da definire.. bisognava concentrarsi su queste cose qui”. “Il punto è – prosegue Miro Gori – che il progetto di Adriaticocinema si basava su un equivoco colossale. Si voleva fare un unico festival dell’Adriatico che lottasse addirittura con Venezia! Non era possibile. Io lanciai delle proposte alternative ma non vennero accolte. Penso che qualcuno si volesse liberare di questi tre festival. E in effetti è saltato tutto. Adriaticocinema non funzionò. L’unica realtà che tenne fu Bellaria, perché manteneva una identità specifica e poi era più facile e meno costoso lavorare con il cinema italiano. Io l’ho sempre ripetuto in questi anni: non poteva continuare…”.

1 – prima parte

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