A Pietrarubbia l’ostensorio mariano che intreccia arte, fede e cultura

A Pietrarubbia l’ostensorio mariano che intreccia arte, fede e cultura

E' stato realizzato da Paola Ceccarelli e Paolo Soro. Ma c'è anche la mano di un falegname, di religione musulmana. Suor Gloria Riva: «La bellezza edifica anche quando nessuno o pochi la conoscono».

Se siete amanti delle bellezze naturali, artistiche e culturali del nostro territorio vi sarà capitato di trovarvi in un luogo, lontano e sconosciuto quanto basta, che vi ha colpito e stupito per la bellezza e la pace che offre. La prima domenica di settembre a Pietrarubbia, precisamente nel convento francescano di Ponte Cappuccini, ora fatto rivivere dalle monache dell’adorazione eucaristica di suor Maria Gloria Riva, è accaduto un evento artistico di fede che merita di essere portato a conoscenza di un pubblico più vasto. Fede e cultura, come la intendeva Giovanni Paolo II che ha descritto l’utilità per l’uomo della fede in maniera plastica e convincente: «la fede che non diventa cultura, diceva, è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta». Se vi è capitato di incontrare e conoscere il convento e le suore di Ponte Cappuccini a Pietrarubbia capirete al volo. Se non conoscere questa realtà, fate di tutto per incominciare a conoscerla. Anche se la vostra fede, come dire, pensate che non ci sia o anche che non sia poi un granché. 
Ma l’occasione di cui vogliamo scrivere è la benedizione di uno splendido ostensorio realizzato da Paola Ceccarelli, Paolo Soro e da un falegname del posto, Besim, che è di religione musulmana ma che si è detto ben felice del compito affidatogli di creare il basamento girevole di quest’opera, peraltro piuttosto pesante. Questa scultura è stata voluta come un dono alla comunità dopo la professione di suor Danuta nel luglio dell’anno scorso ma ripropone molti elementi della vocazione di questa realtà religiosa femminile, compresa la luce vista nell’ostensorio nell’82 a Lourdes da Gloria Riva, che a seguito di un grave incidente stradale per diverso tempo era rimasta in coma, immersa in un’esperienza di “pre morte”, una sorta di “tunnel” attraverso il quale intravide una luminosa fonte di luce e che poi portò quella giovane donna a capire che la sua strada era quella del monastero. Anche oggi nelle celle di quasi tutte le consorelle del convento da lei fondato a Pietrarubbia c’è l’icona greca della Madonna “platitera” (dal greco, “la più vasta”) con le palme delle mani rivolte verso il cielo, che accoglie nel suo seno Colui che non solo l’uomo, ma neppure i “cieli dei cieli” possono pensare di accogliere e cioè l’Onnipotente, l’incontenibile. Nell’icona si vede l’utero di Maria che ospita un calice nel quale c’è Gesù; anche questo è un simbolo eucaristico. 

Paola Ceccarelli all’inaugurazione dell’ostensorio.

L’ostensorio benedetto domenica è stato modellato nell’argilla e raffigura la Madonna con al centro uno spazio vuoto, il grembo di Maria, deputato ad ospitare l’ostia consacrata e cioè Gesù risorto. Intorno alla figura di Maria ci sono anche listelli di metallo dorati a forma di croce per rappresentare tre fiammelle di fuoco (simbolo della Trinità) e il roveto ardente che brucia e non si consuma; roveto dal quale Dio parlò a Mosè come si legge nella bibbia. Molti padri della chiesa assumono l’immagine del roveto ardente a simbolo della verginità di Maria, che resta tale anche dopo avere generato Gesù. Ha spiegato suor Gloria: «Oggi noi abbiamo la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, attraverso la sua croce e la sua resurrezione». 
L’emozione di avere lavorato a questo ostensorio, molto più che un “arredo sacro”, è stata espressa da Paola Ceccarelli che ha sottolineato come quest’opera non sia solo finalizzata al culto ma sia una vera e propria espressione di fede e cultura: «Mi ha fatto tremare un po’ i polsi – ha detto – che questa scultura dovesse ospitare realmente Gesù eucaristico. Una “cosa esagerata” che mi ha portato anche a fare un cammino di consapevolezza. Non è stato difficile nella forma perché già ho lavorato parecchio sul “grembo” delle madri, ma quando ho cominciato a scavare nell’argilla il buco, di soprassalto mi sono accorta di dovere guardare oltre la pietra. E così, il pensare che in quel “vuoto” ci venisse a stare Dio mi ha fatto riflettere sulla nostra condizione umana, sul nostro cuore, a volte così angusto, piccolo, deserto e buio nel quale tuttavia il Verbo s’è incarnato ed ha posto la sua tenda in mezzo a noi. Tutti, in questa nostra condizione povera, siamo chiamati ad una grandezza altrimenti sconosciuta. Siamo fatti per l’infinito. Tutto questo monastero, ma ogni suora e ciascuno di noi è un “ostensorio” vivente». 
Un “lavoro educativo” anche per lo scultore Paolo Soro che ha evidenziato come quest’opera lo abbia costretto ad un lavoro non solitario ma comune: «Educativo non solo perché comune, mentre io di solito lavoro da solo, ma anche perché mi ha aiutato a rivedere il mio cammino cristiano. Mi sentivo così inadeguato, non tanto per i problemi tecnici quanto perché quest’opera è stata per me un aiuto alla vita. Nonostante abbia pensato e persino sperato di attendere una telefonata dei committenti che mi dicesse che non se ne sarebbe fatto nulla, ogni mattina di più mi convincevo che dovevo andare avanti. Tra tutti i miei lavori senza dubbio il più difficile». 

Prima della benedizione suor Gloria ha anche descritto la sua titubanza, perché sull’altare principale avrebbero potuto esserci “due Madonne”: «Infatti la grande pala dell’altare della nostra chiesa raffigura il mistero dell’incarnazione. Vi si vede la Madonna a cui l’arcangelo ha già fatto l’annunciazione. Un annuncio che in qualche modo “nasconde” il mistero; con Maria e i santi San Lazzaro (a cui è intitolata la chiesa), San Pietro e i tre frati, San Francesco, san Giuseppe da Copertino (che per qualche tempo fu ospite di quel monastero) e San Serafino di Montegranaro. I tre frati dunque che venerano un mistero che non vedono anche se san Francesco lo sta adorando, mentre san Lazzaro lo mostra nel tabernacolo. L’avere messo l’ostensorio, significa che la Madonna, ormai nell’alto dei cieli, mostra quello che è il mistero dell’incarnazione. La scultura dell’ostensorio “completa” quindi la pala realizzata verso il ‘700. Sono sempre stupita – ha concluso suor Gloria – di come in un piccolo paese come questo, i frati che vivevano nell’assoluta povertà ancora più di oggi, hanno realizzato un’opera meravigliosa. La bellezza edifica anche quando nessuno o pochi la conoscono».

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