Addio per sempre a Luca Ronconi

Addio per sempre a Luca Ronconi

Seconda puntata sulla vergogna scoperta scavando negli Archivi del Premio Riccione. Gli autografi del più autorevole regista italiano sono svaniti. Di chi è la colpa? Un po’ di tutti.

Il Premio più antico d’Italia. Gita da Calvino a Umberto Orsini
Cercherò di essere il più didascalico possibile.
Quest’anno il Premio Riccione compie 70 anni, è il premio per la scrittura teatrale più antico d’Italia e probabilmente d’Europa. La prima edizione del premio, nella sezione prima e unica dedicata alla letteratura, l’ha vinta – non senza qualche perplessità da parte dei giurati – Italo Calvino, con Il sentiero dei nidi di ragno. Il manoscritto del romanzo che poco dopo sarebbe stato pubblicato da Einaudi, consegnando alla letteratura l’esordio di Calvino, giace a Riccione, nell’archivio del Premio. Ecco, tenete a mente la parola magica: archivio. La giuria che premia Calvino è francamente mostruosa: presieduta da Sibilla Aleramo, contava Mario Luzi, Guido Piovene, Cesare Zavattini, mentre Elio Vittorini tirava le fila – spingendo per il suo cavallo di razza, Calvino – da Milano. Il Premio Riccione ha onorato molti protagonisti del teatro italiano, e non solo. Sono passati di lì Tullio Pinelli, storico sceneggiatore di Federico Fellini, e Enzo Biagi quando tentò la via della drammaturgia in concomitanza con la vena giornalistica, Enrico Vaime e Angelo Rognoni, reperto nostalgico del futurismo, sodale di Marinetti. In tempi più recenti il Premio è andato a Renzo Rosso, “uno tra i più notevoli scrittori italiani del mezzo secolo che ci siamo lasciati alle spalle”, secondo Claudio Magris – e colpevolmente dimenticato oggi – a Dacia Maraini, a Ugo Leonzio, a Masolino d’Amico, a Ugo Chiti e ad Andrea De Carlo. Al Premio Riccione ha furoreggiato Dario Fo – era il 1984 e allestì la sua prima personale – e sono state scoperte due stelle del teatro di oggi, Fausto Paravidino e Stefano Massini, che per Einaudi ha appena pubblicato il testo con cui, nel 2005, sbalordì la giuria, L’odore assordante del bianco, sulla vita di Van Gogh in manicomio. In giuria, quell’anno, c’erano Roberto Andò, Luca Doninelli, Ottavia Piccolo, Giorgio Pressburger, Luca Ronconi (insieme a Franco Quadri nella fotografia di Fulvia Farassino). In effetti, si potrebbe fare la storia della cultura italiana degli ultimi decenni allineando i nomi dei giurati del Premio Riccione. Su quei seggi son passati Massimo Bontempelli e Raul Radice, Salvator Gotta e Gino Cervi, Anton Giulio Bragaglia e Arnoldo Foà, Ezio Raimondi, Maurizio Scaparro, Aldo Trionfo, Diego Fabbri, Edoardo Sanguineti. Sotto la supervisione di Franco Quadri, che guidò le sorti del Premio Riccione dal 1984 al 2007, furono arruolati Cesare Garboli, Giovanni Raboni, Piera Degli Esposti, Edoardo Erba, Anna Bonaiuto. Negli ultimi anni si son visti, fra gli altri, Umberto Orsini, Alessandro Gassmann, Fabrizio Gifuni, Sonia Bergamasco, Isabella Ragonese, quest’anno in giuria appaiono Emma Dante, Giuseppe Battiston, Claudio Longhi.
Che c’importa di questa fausta lista? C’importa perché gli archivi del Premio Riccione, conservati in parte nei sotterranei della Biblioteca civica di Riccione, in parte in Villa Lodi Fè, sede dell’Associazione Riccione Teatro, non sono soltanto la raccolta dei testi – buoni o cattivi – che partecipano alla competizione. Gli Archivi radunano documenti e lettere – ce ne sono, per dire, anche di Eugenio Montale e Vittorio De Sica – ma soprattutto i giudizi dei giurati. Alcuni spassosi – ad esempio, le feroci stroncature di Gian Maria Guglielmino e Adriano Magli ai testi di Dacia Maraini – quasi tutti intelligenti. Insomma, gli Archivi sono un tesoro pressoché sconosciuto per speleologi della bibliomania.

Ma lo sapete che i fax scompaiono?
Premessa andata per le lunghe ma necessaria per darvi l’idea dell’importanza degli archivi del Premio. Riccione non ha gli Uffizi, non ha il Duomo, non ha nulla di culturalmente rilevante. Tranne gli Archivi del Premio Riccione. Ora, per carità, non sono certo un sant’uomo. Cogliendo una serie di concomitanze, mi è venuto il guizzo di guardare il faldone degli archivi, anno di grazia 1995. Quello è l’anno in cui Franco Quadri assume la presidenza di Giuria: i suoi giudizi sugli oltre trecento copioni pervenuti, di sintetica lucidità, andrebbero studiati da una Accademia, ce ne fossero. M’interessano, piuttosto, due cose. Vedere cos’ha scritto Alessandro Baricco, per quell’unica annata con la stola da giurato, ma soprattutto recepire qualche autografo di Luca Ronconi, a due anni dalla morte. Ronconi, tra l’altro, è stato uno dei giurati protagonisti del Premio Riccione: esplicita con acume il suo compito dal 1989 al 2007. Come hanno detto quelli dell’Associazione Riccione Teatro, nel 2015, onorandone la scomparsa, “La missione di Ronconi era la ricerca incessante di nuovi testi”. Ecco, diciamo che avrei voluto soppesare questa verità. Ma non ho potuto. Perché? Perché Ronconi a quell’epoca direttore del Teatro di Roma, inviava i suoi giudizi via fax. Come Baricco. E i fax, come si sa, si consumano rapidamente. Esito: la cartellina del Comune di Riccione che raduna i fogli con i giudizi di Ronconi è una beffa. I fogli, vent’anni dopo, sono tutti bianchi. Qui il filosofo avrebbe di che speculare – siamo una civiltà consapevole di non fare più la Storia: le lettere degli anni Cinquanta sono intatte ma i fax dell’altroieri e le mail di oggi si distruggono – ma l’archivista andrebbe gravemente punito. Quegli autografi, che non cambiano il mondo ma ci aiutano a capire una fetta della storia del più importante regista italiano degli ultimi decenni, sono scomparsi. Per sempre. Quanto a Baricco – una quindicina di pagine totalmente sbiadite, del colore della nebbia su un lago aureolato di pantegane – poco importa, non ci consoleremo leggendo Oceano mare.

Di chi è la colpa? Della popputa ignoranza
Il valzer delle colpe porta solo cattivi frutti. Di chi è la colpa di tale incuria? Di tutti e di nessuno. Di chi ha archiviato – l’Associazione Riccione Teatro – e di chi ha conservato – il Comune di Riccione. Ma soprattutto, di tutti. A nessuno, infatti, in vent’anni è venuto in mente di assaporare – per non dire, di studiare – gli Archivi del Premio Riccione. Archivi così importanti, per altro. Nessuno è stato stuzzicato dalle possibilità editoriali – pubblicare parte degli Archivi – accademiche – invitare una Università a indagare i manoscritti – o culturali – creare convegni ad hoc su Ronconi, Biagi, Quadri, Raimondi, Calvino… – degli Archivi. La paura concreta, inoltre, è che il virus dell’incuria abbia colpito altri documenti: chissà quanti fax sono arrivati negli uffici del Premio, ora scomparsi. Detto questo, dice tutto uno sketch. Colto da austera indignazione, parlo con un riccionese di chiara fama. “Sai, sono scomparsi diversi autografi di Luca Ronconi, è una vergogna”. Questo mi guarda, ammicca, fa “…scusa… ma chi è Ronconi?”. A questo punto, che il mondo sprofondi.

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