Aiuti di Stato, consociativismo, trappola (pronta per Gnassi): l’abc del “Fellini” secondo Gambini

Sono davvero tanti i piani di riflessione che si intrecciano in questa maledetta vicenda del “Fellini” e dare un filo logico al ragionamento per farne

Sono davvero tanti i piani di riflessione che si intrecciano in questa maledetta vicenda del “Fellini” e dare un filo logico al ragionamento per farne uscire in avanti la nostra comunità non è davvero semplice. Per ora mi limito ad un mio personalissimo abbecedario delle parole chiave richiamate in questa storia.

Advisor: il “Fellini” non sarà il più importante aeroporto d’Italia, tuttavia un percorso di privatizzazione, meritava la consulenza di un advisor di primaria importanza. Purtroppo di privatizzazione si è iniziato a parlare a mezza bocca (non era ancora stata formalizzata la richiesta di concordato) per iniziativa della Provincia, senza una vera discussione nelle assemblee rappresentative come sarebbe stato necessario. Quando è apparso inevitabile mettere sul tavolo questa prospettiva per conferire credibilità alla richiesta di concordato lo si è fatto senza un esplicito mandato, ma affidando un incarico abbastanza confuso alla cui gara di assegnazione era fatale non si presentassero i big.
Dal cilindro è saltata fuori Eurafrica Merchant, non ce ne vogliano i suoi rappresentanti, al netto delle chiacchiere di cui è stata oggetto, certamente non il massimo.
Molti hanno creduto che si trattasse dell’ennesimo espediente per prendere tempo, di sicuro non è stato il messaggio forte di cui aveva bisogno il Tribunale per essere rassicurato sulla reale volontà dei soci pubblici.
Il ruolo successivamente giocato dal team di Eurafrica nella vicenda del Fellini ha contribuito ad ingigantire i dubbi sulle scelte precedenti.

Aiuti di stato: l’Unione Europea li vieta per impedire che l’efficienza del mercato venga falsata dall’intervento pubblico. In campo aeroportuale è purtroppo pratica diffusa in Italia e all’estero disputarsi la presenza nei piccoli scali di compagnie low cost attraverso interventi finanziari pubblici (co-marketing, ecc.) sempre al limite di questi divieti.
Non credo (ma potrei anche sbagliarmi) spetti alla magistratura stabilire se queste pratiche sconfinino o meno nell’ambito degli aiuti di stato, individuando in ciò ipotesi di reato.
Non a caso esiste una procedura europea per contestare ai diversi paesi le infrazioni eventualmente compiute e non mi risulta siano mai state intraprese inchieste penali su questa base. Dovrebbero essere sotto processo altrimenti numerosi Presidenti del Consiglio e Governatori Regionali.
E’ un rischio che è lecito correre per mantenere in vita un’infrastruttura strategica per il territorio? La risposta risiede nelle modalità attraverso le quali vengono esercitate queste pratiche e nel peso che esse hanno sui risultati.
Un aeroporto che vivesse esclusivamente di questi interventi sarebbe dichiaratamente “fuori mercato”, il caso del “Fellini” che registrava nei suoi bilanci un aumento parallelo sia del fatturato che delle perdite, la dice lunga su quale fosse la sua dipendenza da quelle pratiche.
Le modalità attraverso le quali esse vengono attuate però non sono meno importanti, anche per gli eventuali risvolti penali. Dal punto di vista politico il tema in gioco è però centrale ed è quello della trasparenza.
Le modalità scelte per aggirare i divieti possono creare infatti un’area “grigia”, priva di controlli, fondata su rapporti di fiducia personale, lontana da ogni accountability, nei quali gli intrecci tra pubblico e privato sfuggono alla lettura dell’opinione pubblica e si creano le basi per complicità politico amministrative che è difficile sciogliere. Un brodo di coltura malato nel quale può crescere di tutto. Personalmente propendo per l’idea che non siano cresciuti reati, tuttavia è un’area che va urgentemente bonificata per restituire credibilità alla politica e all’amministrazione.

Comitato Regionale di Controllo: c’era una volta il Co.Re.Co. che valutava preventivamente le delibere degli enti locali. Confesso che in questi giorni aeroportuali ne ho avvertito la nostalgia.
E’ vero, il più delle volte era una pesante bardatura burocratica che allungava i tempi dell’azione amministrativa e limitava l’autonomia degli enti locali, per questo è stato gradualmente mandato in pensione. Con la legge Bassanini aveva già perso molte delle sue funzioni, da allora ad esercitare il controllo di legalità è rimasta di fatto solo la magistratura ordinaria, con tutte le controindicazioni che ciò comporta, come dimostra il nostro caso. E’ diventato più “semplice” governare, in compenso abbiamo avuto un decadimento del livello di cultura amministrativa del ceto politico locale.

Concordato: era la carta vera per salvare il nostro aeroporto dopo il disastro della gestione pubblica. La trasformazione dei crediti in azionariato avrebbe consentito un esproprio all’incontrario e messo nelle mani dei privati la ricerca del partner industriale necessario al rilancio.
Perché non è decollato? Ha pesato senz’altro il contrasto sulle norme del nuovo diritto fallimentare che vede ovunque la magistratura fornirne un’interpretazione assai restrittiva. Esisteva tuttavia, a ben guardare, la possibilità di accoglierlo. Certamente non ha aiutato al maturare di un atteggiamento favorevole da parte del Tribunale il ritardo con il quale si è proceduti in questa richiesta, la titubanza sulla privatizzazione, l’approssimazione del piano presentato, che è stato necessario correggere più volte ed infine la sensazione che non si volesse produrre un vero taglio con il passato. La politica ha voluto la sua parte in commedia e purtroppo l’ha avuta.

Consociativismo: è la brutta bestia allevata dalla prima repubblica per sopperire al fattore K e alla mancanza di una alternativa. Nella periferia rossa funzionava ugualmente, a parti invertite. Niente a che spartire con gli accordi bipartisan delle democrazie anglosassoni, trasparenti e verificabili dall’opinione pubblica.
Con la democrazia dell’alternanza tutto sarebbe dovuto cambiare. Sarebbe.
In realtà il nuovo regime ha sempre oscillato tra reciproca delegittimazione e mancanza di reale opposizione, che vuol dire mancanza di controlli e di verifiche in cambio di cogestione.
Le partecipate sono state, nei diversi territori, il terreno privilegiato di un patto non scritto.
Aeradria, da questo punto di vista, è un classico. Leggere e valutare i bilanci non era impossibile, battersi per la privatizzazione neppure. Invece per l’opposizione ci sono stati solo anni di silenzio e battimani.
L’aggravante è che il meccanismo perverso ha finito per coinvolgere anche le rappresentanze delle forze economiche.

Dimissioni: a Rimini una parola malata. Dopo la decisione sulla richiesta di concordato (primi 2013) era più che lecito attendersi dai vertici di Aeradria un passo in questo senso. Con quei risultati era il minimo. Se non lo avessero fatto di loro iniziativa, avrebbe dovuto pensarci la proprietà pubblica. Ora il dubbio, dopo le prime risultanze dell’inchiesta della Procura, è che nessuno abbia voluto quelle dimissioni per evitare che un cambio ai vertici finisse per scoperchiare la pentola.

Difesa: quando c’è di mezzo la politica decidere una linea di difesa non è facile. La tentazione è sempre quella di confondere i due piani, per difendersi dalle accuse penali si preferisce fare quadrato anche sulle scelte politiche, pure quando è evidente che erano sbagliate. Si può rischiare il ridicolo, come insegna il voto del parlamento sulla nipote di Mubarak.
Pur volendo criticare la scelta del Tribunale di dichiarare il fallimento del Fellini, una gestione pubblica che ha portato alla necessità di richiedere il concordato non può essere certo considerata un successo. O no?
Eppure, nei giorni scorsi, da parte dei vertici che sono sotto inchiesta, abbiamo assistito a reazioni paradossali. I peana per i mirabolanti risultati della gestione pubblica si sono levati alti come nel 2011, come se nulla fosse successo ed ancora i turisti russi fluissero danarosi nei nostri negozi.

Difesa. Consiglio non richiesto: è sempre meglio difendersi nel merito, soprattutto quando le accuse sono puntuali e circostanziate, ma possono essere controbattute con efficacia. Pazienza se lì per lì l’effetto mediatico non è il massimo. Dare l’idea che in un’aula giudiziaria debbano essere presi in considerazione giudizi squisitamente politici non ha mai portato lontano. Lo ha capito anche Berlusconi che ha cominciato a vincere processi quando è passato dagli avvocati parlamentari agli avvocati, punto.

Difesa. Secondo consiglio non richiesto: il povero PD possiamo anche incatenarlo a difendere i suoi amministratori sotto inchiesta, ci sta. Non possiamo però costringerlo a condividere la loro linea difensiva, a negare l’evidenza e negarsi così la possibilità di rappresentare una speranza per il futuro della nostra comunità.
L’aeroporto è fallito miseramente, è rimasto chiuso per mesi, molti suoi lavoratori sono a spasso, oggi è in mano ai privati, nonostante i nostri dirigenti abbiano sempre schifato questa prospettiva, comunque prima che si rialzi ci vorranno anni.
E’ concesso al PD dire che bisogna voltare pagina? O spiegheremo invece nella imminente campagna elettorale che siamo fieri della sorte toccata al Fellini? Non c’è davvero nessun insegnamento da trarre per il futuro? Non ci sono da cambiare programmi e modi di governare?
Individualmente ciascuno ha il diritto di scegliersi la difesa che preferisce, rischia di suo, quando si tratta di una comunità di donne e di uomini che stanno insieme per una autentica passione civile, deve essere loro consentito di scegliersi liberamente il futuro che meritano.

Giustizialismo: è il contrario del garantismo, ma, come il garantismo, è destinato in questo nostro paese a funzionare a corrente alternata.
Produce comportamenti facili ed irrazionali, parla alla pancia, preferisce i capri espiatori alla difficile rimozione delle cause che hanno prodotto i guai, confonde i disastri delle politiche sbagliate con i reati.
Pensare che i problemi politici possano essere risolti nelle aule di tribunale è una tentazione antica della sinistra e della sua frustrazione, ma a parti invertite il morbo colpisce anche a destra, quella poi “legge e ordine” non riesce a farne a meno.
Dopo l’inchiesta sul Fellini ci attende una stagione maledetta, si è già aperta nella nostra città la gara a chi riuscirà a riempire la propria vela politica col vento giustizialista. Pentastellati e leghisti in prima fila hanno già emesso sentenze. Quando la strada diventa questa potete stare sicuri che pioveranno esposti e denunce per ogni delibera e non vorrei essere nei magistrati che dovranno abituarsi a scansare le patacche.
Da uomo di sinistra in questa situazione dolente, mi consola solo una cosa. Il fatto che ci siano, a torto o a ragione, nostri uomini al centro dell’inchiesta, forse vaccinerà definitivamente il nostro popolo e i nostri dirigenti dalla malattia giustizialista. E quel grido osceno “in galera!” che è anche dentro di noi, la prossima volta che vuole salire lo cacceremo indietro.

Lettera di patronage: quando la sinistra si avvicina agli strumenti più sofisticati della finanza di solito non ci azzecca. Dai Derivati entusiasticamente acquisiti dagli enti locali, alla scalata delle banche da parte di Unipol.
Nel nostro piccolo quando un cultura già poco solida del governo pubblico incontra strumenti poco conosciuti nel campo del credito può succedere la frittata.
La politica “pieda e parsòt” è cresciuta con riti diversi. I problemi possono essere rinviati, gli impegni possono essere assunti anche a metà, con riserva insomma, ci sarà sempre qualche giustificazione buona per dire che non è stato possibile rispettarli.
Chi ha fatto l’amministratore pubblico, come anche io sono stato, sa che questo modo di reagire ai mille problemi quotidiani ti entra nelle ossa, altrimenti non reggeresti.
C’è chi lo fa con maggiore o minore superficialità e questo forse fa la differenza tra un buon amministratore pubblico ed un quaquaraquà.
In parlamento si dice che l’approvazione di un ordine del giorno non si nega a nessuno e poco importa se gli impegni così assunti sono palesemente inattuabili.
Echesaràmai allora una lettera di patronage?
L’unica cosa di cui ho certezza è che i dirigenti di banca che hanno ricevuto quelle lettere erano perfettamente in grado di comprendere se avevano o no un reale valore di garanzia. Chi le ha firmate forse non ne aveva compiuta consapevolezza, ma loro certamente si.

Non aviation: si scrive non aviation, ma si legge metri cubi. In linea di principio non avrei nulla di contrario che un progetto di rilancio dell’aeroporto comprendesse anche la possibilità di realizzare strutture di servizio qualificato nel campo della ricettività e del commercio.
E’ un tema che è rimasto però sempre sottotraccia, con tutto il carico di opacità che ciò comporta. E’ palese che qualsiasi procedura di evidenza pubblica avrebbe dovuto comportare una precisa dichiarazione preventiva degli enti titolari del diritto ad edificare circa la propria volontà in questo campo, perchè tutti i concorrenti ne potessero valutare la convenienza.
Il non aviation è un tassello fondamentale di qualsiasi piano industriale di sviluppo di un moderno aeroporto e la sua valorizzazione avrebbe dovuto fare parte compiutamente ed in modo trasparente del nuovo progetto industriale. A questo punto, con tutti i pasticci che sono stati fatti, credo non se ne farà nulla e alla fine verrà a mancare una delle gambe sulla quale reggere un credibile piano di rilancio del Fellini.

Partecipate: chi avesse voglia di fare un’indagine sui numerosi default degli enti locali negli ultimi anni scoprirebbe che un ruolo decisivo lo hanno giocato sempre le partecipate e comunque a loro vanno attribuite le maggiori difficoltà finanziare che hanno coinvolto gli enti. Le assemblee elettive si accorgono dei problemi quando ormai è troppo tardi.
L’aeroporto di Rimini come è noto non è un’eccezione. Gli enti locali e gli amministratori pubblici non praticano abitualmente il diritto societario ed è in questa asimmetria di pratiche, bilanci e responsabilità individuali che si è incartato il Fellini. La cattiva politica e la riproduzione di un sistema di consenso fatto di poltrone e di mance, ha fatto il resto.
Se la magistratura occupa uno spazio che non le è proprio lo si deve anche a questa confusione di ruoli.
Ritengo che le deliberazioni degli enti locali che riguardano le partecipate dovrebbero avere un parere preventivo di legittimità e di sostenibilità economica da parte di un organo terzo. Se fossi ancora parlamentare dopo la vicenda del Fellini, guardando anche al polo fieristico congressuale e al TRC, cercherei di preparare un disegno di legge con questa finalità perché è evidente che le cose non possono andare avanti così.

Poveri cristi: sono larga parte dei 34 inquisiti. Hanno una sola colpa, quella di avere accettato, per senso di responsabilità o per ambizione personale poco importa, un incarico più grande di loro, per il quale molto probabilmente non avevano le competenze necessarie. Amministrare una s.p.a. con bilanci milionari dovrebbe fare tremare i polsi a chiunque, ma nel magico mondo della politica il principio di responsabilità individuale si dissolve e prevale sempre l’interesse collettivo che fa sembrare solida anche la poltrona più traballante. Quando arrivano direttive dall’alto è difficile sottrarsi, soprattutto quando non si conosce la materia. Mi auguro sinceramente che ne saltino fuori senza subire danni.

Strategico: di fronte al fallimento di Aeradria, una delle poche infrastrutture strategiche per il nostro territorio, diventa clamorosamente evidente che il Piano Strategico si è occupato di tutto fuorchè delle cose che davvero contano.

Sistema regionale: il cavallo di battaglia di chi odia la concorrenza. Sistema regionale degli aeroporti, sistema regionale delle fiere, sistema regionale dei trasporti e via sistemando.
Puoi fare tutte le lenzuolate liberalizzatrici che vuoi, quando i mercati toccano la solidità dei potentati pubblici locali allora scatta un riflesso pavloviano.
E’ il mito della vecchia politica industriale che si incarna nel “fare sistema”, regionale naturalmente.
Un’infrastruttura pubblica decotta come era il nostro Fellini, che può sopravvivere solo se qualche privato di ingegno e di buona volontà ci crede, per questa cultura politica rappresenta un triplo pericolo: la perdita di un centro di potere, la concorrenza che potrebbe fare agli altri carrozzoni pubblici ed un pessimo esempio, perché la concorrenza come si sa è contagiosa.
Crederò al sistema regionale degli aeroporti soltanto quando tre gruppi privati alla guida degli scali di Rimini, Bologna e Parma e che rischiano esclusivamente i loro denari, troveranno le rispettive convenienze economiche in un progetto industriale di integrazione.
Altrimenti stiamo guardando il solito film, la politica, secondo i suoi momentanei equilibri e le sue convenienze di consenso, decide di fatti che dovrebbero avere quale unica misura le possibilità reali di successo economico delle imprese in questione.
Alla fine, anche dietro alle migliori intenzioni è fatale decidano altre unità di misura, voti e poltrone.

Trappola: è quella che rischia di scattare a danno del Sindaco/Presidente Andrea Gnassi.
Se malauguratamente ci fosse il rinvio a giudizio può, come ha fatto fino ad ora, buttarla in politica e dire che ha agito esclusivamente mosso dagli interessi della sua comunità e quindi rimanere al suo posto (c’è senz’altro del vero in questa impostazione anche se dovrebbe, a questo punto, riconoscere la legittimità di un giudizio sulla vicenda Aeradria riportato ad una sfera squisitamente politica).
Il problema però non è questo perché il Consiglio Comunale sarebbe inevitabilmente chiamato ad esaminare la possibilità di costituirsi parte civile contro gli imputati e quindi anche contro di lui.
Un meccanismo infernale perché in caso affermativo scatterebbe il conflitto di interessi, l’incompatibilità e la decadenza senza bisogno della legge Severino.
E’ un film già visto, con le opposizioni che più o meno legittimamente intimoriscono i consiglieri di maggioranza, adombrando l’omissione di atti d’ufficio in caso di voto contrario.
La questione è delicatissima perché è evidente che il Comune di Rimini dal fallimento di Aeradria ha subito un danno ed ha un obiettivo interesse ad essere presente in giudizio.
Troverebbe Andrea Gnassi i voti sufficienti per respingere la richiesta? Potrebbe riuscire a limitare la costituzione di parte civile esclusivamente agli amministratori di Aeradria? E come reagirebbero coloro che dovessero subire la costituzione di parte civile qualora il sindaco ne fosse invece esentato?
Sarebbero rapporti di amicizia e di stima decennali che se ne vanno nella spazzatura, con tutto ciò che questo comporta dal punto di vista umano, politico e giudiziario.
Sono forche caudine che non augurerei al mio peggior nemico. Posso solo sperare che Andrea non venga rinviato a giudizio e che non debba subire questo supplizio.

Sergio Gambini

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