All’asta la casa del cardinale Gozio de’ Battagli in via Garibaldi

All’asta la casa del cardinale Gozio de’ Battagli in via Garibaldi

L'immobile con le insegne araldiche del prelato nato a Rimini nella contrada di S. Agnese, da tempo è ridotto maluccio e abitato dai piccioni. Anche se in parte è tutelato dalla Soprintendenza. Che ne sarà ora dello storico edificio?

Mentre scriviamo, il tribunale di Rimini mette all’asta un pezzo di storia della nostra città. La casa che fu del cardinale Gozio de’ Battagli, subisce l’onta dell’incanto. L’arido computo del valore commerciale dell’immobile non ci spetta. Ci preme invece sapere che sorte avrà la casa natale dell’illustre concittadino. Qualcuno avrà coraggio e disponibilità economiche tali da resuscitarla?
Di questi tempi, ne dubitiamo. Forse la cingeranno di cosmetiche transenne. Del resto, via Garibaldi è abituata a vivere provvedimenti del genere. Basta percorrerla. E guardarsi intorno.
La storia di questa casa (una delle poche rimaste del XIV secolo), al civico 86 di via Garibaldi, non può prescindere da quella del celebre, antico proprietario. Il cardinale Gozio de’ Battagli. Ripercorriamo brevemente la vita di entrambi.

Gozio, proviene da nobile e agiato lignaggio riminese. “Dicesi che fosse di memoria tanto tenace da non dimenticar mai le cose lette anche una volta sola; ma ebbe pur lode per istraordinaria scienza”, riporta il bibliografo romano Gaetano Moroni (1803-1883). La citazione viene dal “Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni”.
Agli appassionati della materia segnaliamo che Mondadori pubblica gratuitamente il dizionario in formato eBook.
Il Moroni puntualizza con cronachistica precisione le tappe della carriera ecclesiastica del religioso. Noi, per brevità, ci limitiamo a riferire quelle più significative: è professore di Diritto a Coimbra; diventa Patriarca Latino di Costantinopoli; ottiene diversi arcidiaconati; quindi riceve la legazione del Papa per il Regno di Sicilia, dove scomunica il re Pietro di Aragona; infine viene eletto cardinale da Benedetto XII, il Papa francese (Saverdun, 1285 – Avignone, 1342). Da quello che riportano anche le cronache dell’epoca, il nostro eminente concittadino trascorre una vita intensa e piuttosto frenetica, gratificata tuttavia da numerosi e meritati riconoscimenti. Partecipa al conclave che eleggerà Papa Clemente VI. E’ il 1342.
Il cardinalato del de’ Battagli dura dieci anni. Muore in Avignone nel 1348. Dietro precisa richiesta testamentaria, dopo qualche tempo le spoglie tornano a Rimini. Le seppelliscono in S.Agnese. La piccola chiesa, anteriore all’anno mille da cui all’epoca prende nome il rione, confina con la casa del prelato.
Nei secoli, terremoti e guerre colpiscono pesantemente i due edifici, tanto che della struttura originaria della chiesa rimane solamente la torre campanaria. Anche l’abitazione del cardinale, nel tempo, pur subendo alcune modifiche, resiste fino ai giorni nostri.

E qui arrivano i dolori veri. Ne diremo tra poche righe; non prima di segnalare che sul fronte dell’antica dimora compaiono due stemmi che si riferiscono allo status cardinalizio del de’ Battagli. Diversi esperti concordano sul periodo di collocazione delle insegne, avvenuto in epoca posteriore alla morte del religioso, forse a scopo celebrativo. Ne datano la posa intorno al tardo ‘400 se non addirittura al ‘500. Per chi volesse approfondire il tema, rimandiamo a un interessante dibattito tra appassionati e studiosi all’interno del sito “Istituto Araldico Genealogico Italiano”. Ci siamo giovati della loro competenza. Vogliamo ringraziarli.
I due stemmi lapidei recano la sigla “D.G.D.B. (Domini Gotii De Battaglis). Sono tra le poche insegne araldiche murate che ancora si trovino nella nostra città, come asserito dal professor Pier Giorgio Pasini nella pubblicazione del 1998 Medioevo fantastico e cortese (Editore Musei Comunali Rimini).

L’abitazione del cardinale è, comprensibilmente, elemento importante della storia di Rimini.
Come tale andava tutelato, protetto, conservato al meglio. Qualcuno ci accuserà di tirare in ballo troppo spesso il Governo cittadino. Non è così. Semplicemente, riteniamo che chi voglia amministrare una città abbia sempre responsabilità oggettive che derivano dal proporsi come guida politica.
Sia detto chiaramente: riteniamo indistintamente responsabili tutte le Amministrazioni della città, quindi, anche quelle precedenti. Per non parlare dei privati. I primi che dovevano custodire il bene ne hanno di fatto decretato la fine ingloriosa.

Abbiamo foto di casa de’ Battagli che risalgono a tredici anni fa. Nel 2004, dopo anni di incuria, è ridotta nelle condizioni visibili. Non ricordiamo esattamente se la disinfestazione (coatta) interna, sia avvenuta prima o dopo lo scatto della fotografia. Poco importa. Sta di fatto che in seguito alla casa viene eseguito un fatuo “maquillage”. Probabilmente, solo esterno. Con il trascorrere degli anni, causa inutilizzo e totale abbandono, diventa un sollazzo per pantegane e piccioni. Pochi giorni fa riusciamo in qualche modo a fare qualche foto al retro della casa. Le immagini, colte a fatica per questioni di logistica, non rendono appieno lo sconfortante spettacolo che aggredisce gli occhi e lo stomaco. Piccioni che escono da ogni pertugio frullando le ali, reti protettive ormai stracciate, un piccione morto, impigliato in una di esse, guano e sporcizia ovunque. Una desolazione.

Usciamo dalla casa, o meglio da ciò che ne rimane, con un vago senso di nausea. Non per lo sterco.
Ma pensando a come ignavia e irresponsabilità (equamente distribuite tra pubblico e privato) abbiano causato quello scempio. Non già per il valore estetico del tutto trascurabile, quanto per quello storico.
Quella casa era un Monumento. E tale doveva essere considerato. Anche se la proprietà è privata, a nessuno deve essere consentito oltraggiare un bene di pubblico interesse. Perdonerete l’impeto, il predicozzo è il solito: “siamo un paese che potrebbe vivere di Arte, Bellezza, Cultura, Genialità”. Lo sappiamo. Lo pensiamo e ce lo dicono di continuo, ma non si cambia mai. E alla prova dei fatti? All’asta!

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