1933. In un bar cittadino, ore otto, è il tempo di caffè e brioche. Fuori diluvia e gli avventori guardano con stupore quella pioggia tanto forte da s
1933. In un bar cittadino, ore otto, è il tempo di caffè e brioche. Fuori diluvia e gli avventori guardano con stupore quella pioggia tanto forte da sembrare eterna.
“Hai visto che forza il podestà? Non dà più licenze edilizie, basta con tutte le costruzioni, abbasso il mattone, al muro gli speculatori!” esclama Rossi sfogliando il giornale locale.
“Secondo me vuole solo distinguersi dal podestà di prima che invece di mattoni ne ha concessi parecchi”, dice Bianchi intingendo, con incerta eleganza, la brioche nel caffè.
di Sempronio
“Fa bene, fa bene. Anche perché nessuno ha più i soldi per comprare case!”
“Mettiamoci d’accordo. Non si danno più permessi perché nessuno compra case o perché non si vuole occupare il territorio?”
“Tutte e due, mi pare evidente. Una cosa sostiene l’altra.”
“No, mio caro, si tratta di due cose molto diverse. Ragioniamo: se nessuno compra è perché non ci sono soldi, sono gli effetti della crisi americana. Le banche non danno prestiti, gli operai non lavorano, lavoreranno sempre di meno e compreranno sempre meno, non solo case ma anche scarpe, giacche, cibo, ecc.”
“Allora lo farà per non occupare il territorio”, ribatte Rossi stizzito.
“Cosa ci dà la misura dell’occupazione del suolo? Oggi è molto o poco occupato?”
“Tutti desiderano vivere nel verde…”, insiste Rossi.
“Tutti però desiderano avere una casa. L’occupazione del suolo dipende da quale città vogliamo. Oggi Rimini ha quarantamila abitanti, fra ottanta anni ne avrà forse 140mila e potrebbe crescere ancora perché è una città in cui si vive bene. Nessuno ha il diritto di dire: adesso basta, siamo già troppi, andate a vivere a Forlì!”.
“Si dice che ci siano molti appartamenti vuoti…”
“Certo, i muri sono un bene rifugio, come l’oro, una quota di sfitti è fisiologica; poi da noi c’è il turismo, in tre mesi prendono l’affitto di un anno”. Bianchi raccoglie avidamente col cucchiaino la schiuma rimasta in fondo alla tazza del caffè, poi aggiunge: “Insomma, vorrei sapere dal podestà se vuole una città piccola, immobile, chiusa nei suoi pochi privilegi o una città che attrae, accoglie, diventa cosmopolita e, perciò, è anche disposta a crescere”.
“Ma le grandi città non sono belle…”
“Non è vero. Dipende sempre da come le costruisci, se ci fai i parchi o gli impianti per lo sport dei giovani balilla, le città funzionano. Invece il podestà confessa la propria debolezza: non so governare lo sviluppo, perciò fermo tutto!”
Rossi sente di avere finito gli argomenti, ha finito anche il suo cappuccino. Perciò taglia corto: “Sa cosa le dico? mi va bene che non si costruisca più, così cresce il valore dei miei venti appartamenti ”. Apre l’ombrello e si tuffa nel diluvio.
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