Arriva l’endorsement di Nicola Sanese per Matteo Montevecchi e un chiaro messaggio: “alternanza alla guida della Regione”

Arriva l’endorsement di Nicola Sanese per Matteo Montevecchi e un chiaro messaggio: “alternanza alla guida della Regione”

A Rimini il suo nome è legato alla nascita del Meeting, alla creazione di Promozione alberghiera e ad altro. E' stato parlamentare e segretario generale della regione Lombardia. Nicola Sanese questa mattina ha partecipato a Rimini ad un incontro pubblico a fianco del giovane candidato con la Lega, Matteo Montevecchi. Ha lanciato un appello alla "scelta di campo" il 26 gennaio. Contro il voto disgiunto. Perché è ora di cambiare dopo 50 anni "in cui governano sempre gli stessi". Per essere ancora più chiaro ha scomodato il "verduraio" di Havel. E ricordando la sua esperienza lombarda ha scandito: "Si può fare anche in Emilia Romagna".

Una “scelta di campo” a favore dei “temi di fondo che ci caratterizzano” e delle “persone in grado di concretizzarli”. Così Nicola Sanese, che è intervenuto questa mattina in un incontro pubblico a Rimini a sostegno di Matteo Montevecchi, 25 anni, candidato con la Lega alle elezioni del 26 gennaio.
Partiamo dal personaggio, ovvero dalla notizia. Non solo perché Sanese non è un presenzialista, anzi da anni se ne sta appartato ed è un tipo riservato, gran lavoratore ma lontano dai riflettori. E invece ha scelto di metterci la faccia. Ma anche perché dire Sanese a Rimini significa aprire orizzonti di storia, relazioni ed esperienze che hanno lasciato il segno.

Di lui si conoscono soprattutto la lunga esperienza di parlamentare Dc dal 1976 al 94, compreso il ruolo di sottosegretario alla presidenza del Consiglio, e poi di segretario generale della Regione Lombardia dal 1995 al 2013. Ma Sanese a Rimini è stato a capo dei servizi amministrativi nella società di gestione dell’aeroporto, ha dato vita e poi guidato Promozione Alberghiera, è fra i fondatori e a lungo organizzatore del Meeting di Cl. Una istituzione.

Sanese stamattina è partito da lontano ma ha concluso con una chiara scelta di campo e con parole chiare sul voto disgiunto: “diffidate, perché fa crollare tutto”. Bisogna “scegliere un campo che sia coerente con i contenuti che sono anche frutto della dottrina sociale della Chiesa” e “dentro il campo c’è la scelta delle persone, che sono fondamentali, perché sono le persone che amministrano e fanno le leggi”. Ha posto pure la questione dell’alternanza: “Sento dire che chi arriva per la prima volta al governo non è subito preparato a gestire. Però le democrazie sono fatte apposta perché pretendono l’alternanza. Il voto del 26 gennaio cade dopo 50 anni dalla istituzione della Regione, nei quali hanno sempre governato gli stessi. Un vulnus alla democrazia”.

E’ partito da lontano, si diceva, dagli anni in cui è stato ai vertici della struttura organizzativa della Regione Lombardia. Con una premessa: “Le Regioni sono importanti per tante ragioni ma soprattutto per una, perché fanno le leggi, decidono per tutti i cittadini come vengono regolamentate le materia di competenza, che sono tante e alcune decisive, a partire dalla sanità”.
Del periodo trascorso al Pirellone Sanese ha ricordato i tanti progetti ai quali ha lavorato (ma soprattutto sanità e scuola), che hanno ruotato attorno a pochi e chiari punti fermi: “Il cittadino come persona al centro di tutte le politiche” e per cerchi concentrici parlare di persona “secondo tutte le sue esigenze” significa allargare l’attenzione a “famiglia, impresa, associazionismo, scuola e così via”. I partiti “non devono decidere da soli ma mettersi in ascolto di tutti i soggetti primari presenti nella società civile”. Ed ha aggiunto: “Alla larga dallo statalismo, che può assumere anche la forma del ‘regionalismo’, cioè dal voler gestire tutto in maniera accentrata, e no alla burocratizzazione, il funzionario pubblico deve essere al servizio dei cittadini e non viceversa, così come no all’assistenzialismo”. Con lo sguardo rivolto a Matteo Montevecchi, Sanese ha voluto sottolineare che tutto questo non è stata solo la sua “pratica” amministrativa in Regione Lombardia, ma anche una possibilità per quella che un tempo veniva definita la roccaforte rossa: “Questi principi si possono applicare, non è vero che sia impossibile”.

Nella sanità: “Deve essere la persona a poter scegliere dove andarsi a curare, non interessa chi eroga il servizio sanitario, se il pubblico, il privato non profit o il privato profit, quel che conta è che rispetti le condizioni che il governo regionale fissa. Erogatori del servizio tutti sullo stesso piano, ma super controllati dalla Regione, e poi libertà di scelta ai cittadini. Si è visto che questo sistema funziona”. Invece nel programma elettorale del compagno Bonaccini, che ha cancellato il colore rosso e i simboli del suo partito in questa campagna elettorale, si parla di “un servizio sanitario a forte centralità pubblica”. Sanese ha lanciato un altro affondo: “Ho portato questi esempi per dire che è possibile anche in Emilia Romagna. Non sto sostenendo che la sanità emiliano-romagnola sia da terzo mondo, perché non è vero che lo sia, dico che qui è tutto orientato, è la politica che decide, anche i primari…”.

Quindi ha ripercorso il modello scolastico lombardo dei “voucher”, ovvero “libertà di scelta, cittadini tutti uguali, non è l’istituzione che decide ma la famiglia, che spende il voucher dove crede. Una impostazione parecchio diversa dal contributo al privato dato dalla Regione Emilia Romagna”.
Ma Sanese per essere ancora più chiaro ha rispolverato il “verduraio” di Havel, descritto nel Potere dei senza potere ed emblema dell’uomo che accetta la sfida di vivere nella verità: “Costretto dal regime ad esporre ogni giorno in vetrina il cartello con lo slogan “proletari di tutto il mondo unitevi”, ad un certo punto ha detto basta”. Chiaro il messaggio?
“Il tema è se si vuole un sistema che si organizza dal basso e che si sviluppa dal fulcro della persona, o che si cala dall’alto…, che a volte è anche organizzato bene ma secondo la logica del zitto e mangia”.

Non è tutto. Sanese ha invitato i presenti a riprendere in mano con calma e a leggere con attenzione due documenti. Primo, quello dei vescovi dell’Emilia Romagna, dal quale ha letto alcuni passaggi: “A orientare le funzioni amministrative regionali sono i principi della sussidiarietà, della differenziazione e della adeguatezza. Anche l’autonomia regionale non può dimenticare questi tre principi che valorizzano e “favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale”, cioè l’azione della famiglia…”. E poi quello sulla “tutela della vita dal suo concepimento alla morte naturale, nella salute e nella malattia, nella stanzialità e nella mobilità, non può che trovare le istituzioni regionali capaci di rinnovate scelte, non riconducibili alle sole esigenze/componenti economiche e storico-sociali”, per finire con “la ricchezza e fecondità della Dottrina Sociale della Chiesa”. Punti che si smarcano decisamente dal “bonaccinismo”.
Poi il documento sul “voto in Emilia Romagna” stilato dal movimento di Cl. Due passaggi diretti e per nulla ambigui. “Occorre accettare il rischio di scommettere sulla libertà delle persone e della società civile quando dimostra di essere capace di collaborare alla costruzione del bene comune, con iniziative, opere, proposte educative e di solidarietà”. E: “È ancora lontano in Emilia-Romagna un sistema davvero incentrato sul finanziamento della domanda (e non dell’offerta) di servizi, che scommetta sulla capacità di costruire e di scegliere del cittadino”.

Presente all’incontro – moderato da Luca De Sio – anche Domenico Samorani, ben noto per essere alla guida del reparto di chirurgia senologica di Santarcangelo. Il quale ha messo fra l’altro l’accento sul settore che ben conosce parlando di una situazione attuale contrassegnata da “un terreno fertile per chi vuole costruire un altro tipo di risposta sanitaria, dove la persona sia veramente al centro” e dell’importanza “che la risorsa umana presente in questa regione venga liberata da una burocrazia asfissiante, va smantellato il principio che l’ideologia o l’istituzione o la struttura, vale più delle persone”.

E’ toccato a Matteo Montevecchi concludere. “Quello che mi muove è la voglia di costruire, per la prima volta in Emilia Romagna c’è la possibilità di andare a concretizzare le proposte che ci animano”. Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche, un master in Comunicazione management e nuovi media, compirà 26 anni due giorni prima della tornata elettorale per la quale è candidato. La “politica come vocazione”, che ha definito uno strumento “con cui puoi fare del bene per le persone”, e “mosso dall’interesse per i valori per cui lotto: la difesa della vita, della famiglia e della libertà educativa”. Le “risorse pubbliche vanno spese bene e non per istituire il Nipt (Non invasive prenatal test) gratuito, che comunque è a carico di tutti i cittadini, e che favorisce una selezione eugenetica (sindrome di Down e altro). Devono essere utilizzate per incentivare le famiglie numerose, introdurre il quoziente familiare, copiare modelli virtuosi come quello del Friuli Venezia Giulia che ha concesso l’asilo nido gratuito dal secondo figlio”. E poi sicurezza e legalità, a partire da Rimini, “che primeggia in Italia nelle classifiche sulla criminalità”, “combattere il consumo di droga collaborando con San Patrignano sul versante della prevenzione”, “lotta all’abusivismo commerciale che distrugge il reddito delle nostre attività”. Capitolo turismo: “Potenziamento delle infrastrutture, rilancio dell’aeroporto, incentivi alla riqualificazione dell’offerta ricettiva”, alcune delle proposte lanciate.

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