L’Associazione Riccione Teatro ha invitato un ricercatore dalla ‘Sapienza’ di Roma per scavare dentro gli archivi del Premio Riccione, in previsione dell’anniversario. Leggete qui il sequel. Incredibile.
Anno di grazia 1995: storia del Tom Cruise della letteratura italiana
Nel 1995 Alessandro Baricco ha 37 anni ed è già il Tom Cruise della letteratura italiana. Il 1995 è un anno importante per Baricco perché, come si dice, ‘comincia a raccogliere’. Il 1995, possiamo dirlo, per Baricco è l’Anno della Fama. Ha pubblicato tutti i testi più famosi: Castelli di rabbia, Oceano mare e perfino Novecento, che nel 1994 va in scena con Eugenio Allegri e la regia di Gabriele Vacis e che nel 1998 diventerà il – pallosissimo – La leggenda del pianista sull’oceano, il film di Giuseppe Tornatore con Tim Roth e musiche di Ennio Morricone. Nel 1995 Baricco, che ha appena fondato la Scuola Holden, è quello che su Rai 3 ha fatto Pickwick, che sta pensando a Totem – trasmissione assai riuscita di libri su Rai 2 – che sta scrivendo Seta e che ha in testa Davila Roa, testo teatrale del 1997, messo in scena nientepopodimenoche da Luca Ronconi, al Teatro di Roma, mai pubblicato, famoso perché – Baricco dixit – “è stato il più grande fiasco della mia vita di scrittore”. Luca Ronconi ha detto di aver conosciuto Baricco “quando ero direttore al Teatro Stabile di Torino”: colpito dalla lettura di Castelli di rabbia, “gli chiesi di sottopormi un testo per un’eventuale messa in scena”. Luca Ronconi e Alessandro Baricco, nel frattempo, in quel 1995, si incontrano a Riccione.
Trattano Italo Calvino come un cretino
Mentre i candidati alla poltrona di primo cittadino di Riccione lastricano la campagna elettorale di promesse più o meno realizzabili, un dato è limpido. Ai governi riccionesi – e probabilmente ai riccionesi tutti – della cultura importa quanto un piatto di stuzzicadenti. Lo testimoniano due fatti. Intanto, la costante desertificazione degli investimenti in cultura – si è passati dai 714mila euro di soldi reali nel 2014 ai 390mila del 2016, a fronte di una cifra monstre in “costi del personale” di 647.644 euro. Poi, una incuria generalizzata nella gestione culturale. Basti pensare che il Governo è caduto senza deliberare un euro per il normale funzionamento dell’Associazione Riccione Teatro, senza pensare che quest’anno sono i 70 anni del Premio Riccione – vinto, nel 1947, da Italo Calvino. Senza pensare che avrebbero dovuto pensarci due anni fa a impalcare, per lo meno, un comitato scientifico per il settantesimo del Premio di drammaturgia più longevo e riconosciuto d’Italia. Eppure, il lavoro, con spirito di volontariato e di civica decenza, va avanti. L’Associazione Riccione Teatro, infatti, ha invitato un ricercatore dalla ‘Sapienza’ di Roma per scavare dentro gli archivi del Premio Riccione, in previsione dell’anniversario. E qui viene il bello.
Le pagine bianche di Alessandro
Essendo uno, nessuno e centomila, faccio un flash mob nella Biblioteca civica. Saluto l’aitante studioso, questa specie di Alain Delon dell’archivistica. Sta lavorando dentro i faldoni del 1995. Quello è il primo anno in cui Franco Quadri, assoluto protagonista del teatro italiano degli ultimi trent’anni, è presidente di giuria. Oltre 300 copioni da leggere. Per ciascuno Quadri, con dedicata professionalità, annota un sunto, un profilo, un giudizio. Materia intellettuale sgargiante, che andrebbe elaborata da una Università assegnando un dottorato almeno. Nella giuria di quel Premio Riccione – vinto, per la cronaca, da Sonia Antinori, già attrice per Albertazzi poi drammaturga di fama, con Il sole dorme – figurano Giuseppe Bertolucci, Piera Degli Esposti, Enzo Moscato, Maria Grazia Gregori, Renzo Tian. Luca Ronconi è in giuria dal 1989, mentre per Baricco l’esperienza al Premio Riccione è la prima e l’unica. Dalle carte si capisce che Baricco ha altro da fare. La segretaria del Premio, Maroly Lettoli, gli invia una lettera caldeggiando la lettura di alcuni testi. Lui effettivamente, da buon soldato, obbedisce. Negli archivi c’è una cartella bianca del Comune di Riccione titolata “Giudizi Alessandro Baricco”. Soltanto che, come nella più triste e trita delle pièce di Beckett, sfogli, sfogli e non leggi nulla. Fogli bianchi. Straordinariamente lucidi. In trasparenza avviene, come una rana appena sotto il pelo del lago, l’inciso “AB”. Che è successo? Che i giudizi di Baricco, autografi, sono stati inviati via fax. E la scrittura, senza alcun tipo di conservazione, è deperita, assorbita dal foglio. Ormai illeggibile, perduta per sempre. Con ansia sfoglio il faldone con i giudizi di Luca Ronconi. Idem. Pressoché illeggibili. In questo caso, però, in controluce si legge qualcosa, almeno qualche cosa. La morale è presto riassunta.
a) Perché a nessuno dei capoccioni che si sono succeduti al governo di Riccione è venuto in mente di fare una telefonata a Baricco, non proprio uno sconosciuto, invitandolo a rimembrare i tempi andati e a costruire un futuro culturale più fausto?
b) Gli archivi, così importanti per una città priva di storia come Riccione, giacciono in uno stato di abbandono. Per carità, gli autografi di Baricco non sono gli affreschi di Michelangelo, però pare una vergogna l’indegna indifferenza con cui Riccione tutela i suoi tesori. Pensateci in campagna elettorale al posto di sbraitare.
COMMENTI