“Basta con i diktat di Melloni: il suo attacco all’Università Cattolica e a CL nasconde un disegno politico”

“Basta con i diktat di Melloni: il suo attacco all’Università Cattolica e a CL nasconde un disegno politico”

Intervista esclusiva al sociologo Salvatore Abbruzzese

Lo storico Alberto Melloni in un articolo su Repubblica dà del “filofascista e antisemita” al fondatore dell’Università Cattolica padre Gemelli, ed accusa l’ateneo milanese di avere smesso di produrre cultura, dandone la colpa al papa san Giovanni Paolo II e a CL. “Spara sentenze senza fornire documenti”, questa la replica del professor Salvatore Abbruzzese, ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’università di Trento, che ha studiato lungamente il fenomeno del movimento ecclesiale fondato da Giussani. Nella nostra intervista, Abbruzzese si domanda quale sia “lo scontro politico in atto” e il disegno di Melloni sull’insegnamento delle scienze religiose in Italia.

Professor Abbruzzese, si può chiudere padre Gemelli nel cassetto del filofascismo e dell’antisemitismo, come se fosse tutto qui il fondatore della Cattolica?
Sicuramente no. E’ sconcertante come uno storico di professione riesca in tre righe ad emettere delle accuse così capitali, così gravi, così decisive – “medievalismo” che non so veramente cosa voglia dire, “filofascismo ed antisemitismo” che è ancora più grave – nei confronti di padre Gemelli. Non riesco a capire il metodo, il senso… Mi pare una verticale caduta di stile.

Secondo Melloni la Cattolica ha prodotto “un pregiato e ristretto nucleo” di professori che la pensano come lui, quindi sarebbero per definizione il meglio del bigoncio. Ma gli altri, dove li mettiamo?
Il problema è di metodo e di stile di tutto l’articolo… Fatto così, chiunque di noi potrebbe scrivere qualunque cosa contro chiunque. Voglio i nomi, voglio i riferimenti, è necessario dire di chi si sta parlando. Non si possono affibbiare etichette sparando ad alzo zero su persone senza nominarle, oppure nominandole ma senza spiegare per quale motivo, quali sono gli elementi specifici. C’è uno stile in tutto l’articolo che è immediatamente dirompente. Guardiamo anche i termini che vengono usati, anche dal punto di vista stilistico: “pregiato e ristretto nucleo”, “torme di…”, “decise che…”, “doveva iniziare l’egemonia di CL” da parte di Giovanni Paolo II: in che cosa è consistita questa egemonia di Comunione e Liberazione? Mi può dire Melloni per cortesia quali sono le persone di Azione Cattolica che sono state scalzate o non hanno avuto nessun ruolo in Università Cattolica? Bisognerebbe indicare dei documenti ben precisi. Io ho fatto indagine su CL su quello stesso periodo, per anni, ma non ho trovato affatto accuse di questo tipo. Se è al corrente di dati, li tiri fuori, altrimenti, così non si riesce a capire. Senza contare poi l’accusa di muscolarità. C’è un punto fondamentale in cui Melloni si tradisce fin dall’inizio.

Quale?
Ritorniamo su padre Gemelli, quando dice “su filofascismo ed antisemitismo, non si discute”: no, caro collega, su filofascismo ed antisemitismo si discute, eccome, e lei deve dare documenti e fonti. Non è vero che “non si discute”, non è affatto scontato. Questa riscrittura della storia d’Italia chiusa per sempre, a me dà un fastidio infinito. Stanno ricominciando a ricostruire la storia degli anni Settanta come se fosse già scontata e chiara: voglio documenti, voglio indicazioni, non si parla così, non si sparano sentenze in questa maniera. Si discute, eccome! Basta con questi diktat per cui “non si discute”, ogni tanto si spara qualche cosa e poi si dice anche che “non si discute”: ma vogliamo scherzare? Non ha assolutamente senso. Quando si dice, poi, su CL: “voleva portare un supplemento di muscolarità al posto delle mediazioni”, di cosa parla? Chi? e come? Io sono abituato che per ogni riga che scrivo debbo dare almeno tre indicatori, non mi posso permettere di fare delle battute, di dare giudizi pesanti senza fornire documenti concreti, senza indicare i dati. Questo è un pamphlet, questo è un sasso nello stagno, per cui purtroppo va interpretato in un’altra maniera.

E cioè?
Cioè Melloni sta attaccando l’Università Cattolica, con la leadership di oggi. Qual è il disegno politico che c’è dietro, non lo so, ma è chiaro che una battuta ad alzo zero così, dicendo che oggi la Cattolica non produce più nulla, è un attacco all’Università Cattolica di oggi, e quindi all’attuale rettore, al rettore precedente, e io sarei contento che i miei colleghi della Cattolica rispondessero. E’ chiaro che si sta attaccando l’Università Cattolica di oggi, quando si dice “oggi la Cattolica non ha, non fa”, “non produce più niente”: è uno schiaffo dato alla Cattolica di Milano che dovrebbe reagire. Melloni – che sicuramente non è né uno sciocco né uno sprovveduto ma sa perfettamente cosa fa, quando e come – ha deciso di attaccare la Cattolica. Qual è il disegno che c’è dietro, per cortesia? Qual è lo scontro che sta avvenendo a livello nazionale? Questa è la domanda che ci si pone, perché Melloni non è uno sciocco né un piccolo apprendista stregone, ma una persona di grandissima esperienza, e le parole le pesa. Il giornale la Repubblica, in un’uscita di questo livello… è sicuramente un attacco diretto alla Cattolica: che cosa c’è dietro? Anche perché gli elementi concreti qui non ci sono. Lanciare delle accuse ad alzo zero senza documenti, vuol dire che sotto c’è qualcos’altro. Questa è la mia analisi, non riesco a trovarne nessun’altra che possa reggere. I colleghi della Cattolica, ci spiegassero qual è il conflitto sul quale si sono imbrigliati con Alberto Melloni, perché sicuramente qui sotto c’è un conflitto, altrimenti non si spiega un attacco di questo tipo da parte di uno storico di professione.

Melloni parte dalla segnalazione di un libro, ma sembra che in realtà questo gli serva per un attacco, una sorta di esecuzione capitale…
Aprire libri di storia che producono solamente una lista di sentenze, per me è assolutamente inutile, è tempo perso. Io sono alla ricerca di dati ed informazioni, non di sentenze. Dare del filofascista e dell’antisemita, guarda caso sempre le stesse storie, contro l’uno e contro l’altro, beh … Siamo arrivati al nulla: questa è la vera testimonianza della crisi. Sono i modi di esprimersi di questo tipo, l’immagine più speculare di un Paese che non produce nulla. L’articolo è una serie di accuse a vuoto. Bisogna cercare di capire qual è lo scontro politico che c’è dietro: cosa sta facendo Melloni in questo momento, dal punto di vista strategico, dell’insegnamento delle scienze religiose in Italia, e in che misura questo suo disegno si scontra con l’Università Cattolica: questa è una cosa che dovremmo cercare di scoprire, questo è il problema che c’è sotto. Il resto sono corbellerie da salotto, per non dire da bar.

A Bologna gli applausi di Carron a Melloni
Il 30 novembre scorso all’Auditorium Europa di Bologna si è tenuta la presentazione del libro (Dov’è Dio? La fede cristiana al tempo della grande incertezza) intervista di Andrea Tornielli a Carron. A dialogare col leader di Cl c’erano l’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi e Alberto Melloni.

Gli applausi più convinti alle parole uscite dalla bocca di Alberto Melloni sono stati quelli di Carron. L’unico riferimento degno di nota fatto dal professore della scuola dossettiana bolognese è stato a proposito di Claudio Chieffo, valorizzato all’apparenza, ma ai più anziani presenti in sala l’assist di Melloni è suonato come uno sberleffo: «il più grande teologo di CL è stato Claudio Chieffo», ha detto. Melloni ha ricevuto applausi per frasi del tipo “la vita cristiana non rende il chirurgo che va in corsia più felice degli altri chirurghi”. O per attacchi demolitori verso le nazioni di tradizione cristiana: “l’Italia si trova in una condizione geospirituale molto particolare: c’è un vento xenofobo, autoritario, fascista, antisemita che soffia nelle terre cattoliche in maniera poderosa: Polonia, Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca, Slovenia, Ungheria, Austria, Lombardia e Veneto, noi siamo sotto il Po e siamo a posto”. Come se non spalancare le porte davanti alla immigrazione incondizionata e sregolata fosse tout court xenofobia.

L’incontro si era aperto con una nota stonata (per i minimamente informati), pronunciata dal moderatore Franco Bernardi: “Il luogo in cui siamo non è stato scelto a caso, infatti in questa sala 30 anni e due mesi fa si incontrarono don Dossetti e don Giussani su invito del card. Biffi che affidò loro due relazioni: per la vita della città a don Dossetti e perché l’uomo viva a don Giussani”.
Perché stonata? Perché è vero che Giacomo Biffi si prodigò non poco per dare la parola ai due (“le loro voci erano tra le più risonanti nella cristianità di quei decenni… ambedue mi erano vicini e mi erano cari”, scriverà in Memorie e digressioni di un italiano cardinale, Cantagalli, 2007), che il 1° ottobre 1987 intervennero al Congresso Eucaristico diocesano, e ancor prima – nell’estate dello stesso anno – li fece incontrare e dialogare per la prima volta (accadde a Monte Sole, nella comunità monastica di don Dossetti), ma il cardinale di Bologna in seguito farà a pezzi Dossetti.

Biffi scriverà nel 2008 a Suor Emanuela Ghini (si veda Lettere a una carmelitana scalza, Itaca, 2017) sottolineando la “drammaticità” di aver dovuto affrontare “il caso ecclesiale di don Dossetti”, dopo avere dato l’approvazione canonica alla sua comunità, eretta infatti da Biffi nel 1986 in “Associazione diocesana pubblica di fedeli”. Non rinunciò però ad esercitare un magistero di correzione, con chiarezza: “… è stato angosciante l’avvedermi che la sua visione teologica (e particolarmente la sua ecclesiologia) non mi pareva conforme alla Rivelazione ed era ideologicamente condizionata. E mi sono reso conto che toccava a me, prima del mio rendiconto davanti al Signore (quando confido che cadremo tutti “in grembo a un’immensa pietà”), l’ingrato compito di un chiarimento che potesse almeno per il futuro limitare i gravi inconvenienti di una prospettiva non oggettivamente illuminata, anche se soggettivamente generosa” (Lettere a una carmelitana scalza).

Nelle Memorie e digressioni di un italiano cardinale, Biffi chiarì il suo pensiero su Dossetti, criticando la sua lettura “unidirezionale” degli eccidi nazi-fascisti: “col 1944 (e nemmeno col 25 aprile 1945) non si è finito di uccidere nella nostra terra. Particolarmente nelle province di Bologna, Modena e Reggio le stragi sono continuate, ad opera solitamente di uomini che si ispiravano al mito politico del comunismo e vagheggiavano l’instaurazione, anche in Italia, di una società conforme al modello sovietico. Come mai non se ne fa parola in questa accurata rassegna delle violenze (compiuta da Dossetti nella introduzione a “Le querce di Monte Sole”, di mons. Luciano Gherardi, uscito nel 1986, ndr) e degli eccidi?”.

Così come sottolineò la “deplorevole negligenza” contenuta nella visione della pubblica convivenza secondo Dossetti, cioè il suo mettere “in rilievo solo tre fattori determinanti: lo Stato, il partito, il singolo. Ciò che appariva del tutto assente dall’analisi di Dossetti era la “società”: la società con i suoi raggruppamenti spontanei e le sue libere aggregazioni, che logicamente e spesso anche storicamente precedono non solo i partiti ma lo Stato stesso, come è il caso per esempio della famiglia. In una parola non c’era traccia del principio di sussidiarietà”.
“Questa assenza di un punto qualificante della dottrina sociale cattolica è uno dei limiti più vistosi del dossettismo politico e dei movimenti che poi vi si sono ispirati e si ispirano”. Concetti che l’educazione impartita da Cl nel corso dei decenni ha fatto propri. Salvo poi scomparire nell’ultima fase, quella a direzione carroniana.

Scriverà Biffi che Dossetti “è stato teologicamente un autodidatta”, un “asceta esemplare” ma “è stato anche un teologo sul serio, ricco di verità e affidabile? Ci sono forti motivi per dubitarne”. Melloni è la mente della Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII di Bologna, nata da Dossetti, quella scuola bolognese famosa per la lettura del Concilio Vaticano II come rottura con la tradizione, una palestra di pensiero del cattolicesimo progressista abbondantemente foraggiata dalle istituzioni pubbliche regionali e non solo.

L’articolo del Corriere Bologna pubblicato lo scorso luglio

Cl per ora tace davanti alla aperta denigrazione del movimento.
ilsussidiario.net della Fondazione per la Sussidiarietà presieduta da Giorgio Vittadini, infila doppi guanti di velluto nel commentare l’uscita di Melloni. Mentre nella base del movimento circolano prese di posizione spontanee di ex studenti della Cattolica che smontano la ricostruzione di Melloni e invocano una risposta ufficiale dai vertici del movimento. (c.m.)

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