Cagnacci & Sangiovesa

Cagnacci & Sangiovesa

Sull'ultimo numero di Ariminum, Alessandro Giovanardi cuoce come salsicciotti i protagonisti della operazione Cagnacci in trattoria. Quella di Manlio Maggioli a Santarcangelo.

E’ uscito il numero estivo di Ariminum, ora diretto da Alessandro Giovanardi. In copertina c’è un bel Cagnacci, all’interno c’è un dotto intervento su “Eros mistico ed estasi in Guido Cagnacci”, “il capolavoro giovanile per la chiesa di San Giovanni Battista”, vergato da Giovanardi. Ma c’è anche un editoriale che odora di piada e Sangiovese e che fin dal titolo (“Cagnacci in trattoria”) promette bene, una leccornìa. Ve lo proponiamo qui di seguito.

«Sentore d’arrosti»: così mi si racconta che Longhi descrivesse la pittura di Caravaggio. Con un’acquisizione da abile collezionista, Manlio Maggioli si è recentemente aggiudicato quattro tele di Guido Cagnacci, destinando i dipinti a una sala della Sangiovesa, il noto ristorante di proprietà dell’imprenditore nel cuore di Santarcangelo, borgo dove nacque nel 1601 il pittore. L’acquisto è stato presentato con inusitato clamore: la stampa, osannante all’«atto di mecenatismo», annunciava la lectio magistralis (sic) di Vittorio Sgarbi. I presenti sostanzialmente ricordano, oltre alle consuete irriferibili lepidezze da postribolo, due concetti: Cagnacci è un precorritore di Fellini perché entrambi hanno il pallino delle donne procaci, i Cagnacci di Maggioli sono molto meno belli di quelli Sgarbi. Poche idee ma sbagliate. Fellini probabilmente non conosceva Cagnacci e senza dubbio l’eros mistico del pittore non ha nulla a che vedere con quello onirico di Federico, che viene chiamato in causa sempre un po’ a caso, per raccogliere gli applausi e il consenso di chi non ha capito né Cagnacci, né Fellini. Le donne del regista, perturbanti e mostruose, sono figure di una sacralità primordiale; le stupende eroine e sante di Cagnacci, hanno a che vedere, invece, con la Bellezza di Dio (proprio così): il Seicento non è bigotto, non teme il nudo e l’avvenenza del corpo femminile per rappresentare alte verità religiose. In secondo luogo, checché ne dica il “magister”, i dipinti di Maggioli sono davvero invidiabili e importanti; a partire dalle due Maddalene penitenti. Una è il bozzetto di quella morbida e sognante di Urbania, l’altra appare estenuata nell’estasi. I due volti maschili, invece, un ragazzo cieco e un anziano san Bernardino, sono ispirati a un unico modello, più volte impiegato dal pittore, per accostare gli sventurati ai modelli di santità.
Destinati alla fruizione intima e alla preghiera di qualche privato, Cagnacci morto a Vienna nel 1663, pittore della corte imperiale, mai avrebbe pensato, dipingendoli, che sarebbero finiti in trattoria. Mi piace sognare che, dopo aver provato a sufficienza il «sentore d’arrosti», e di ragù, piade e salsicce, potessero un giorno essere destinate a quel piccolo gioiello che è il MUSAS di Santarcangelo, dove attualmente non c’è un solo dipinto di Guido e dove godrebbero dei parametri conservativi ideali, attirando l’attenzione di visitatori recatisi lì proprio per il nostro Velasquez, come lo chiamava Arcangeli, e non per le tagliatelle: gesto d’amore senza secondi fini. Alessandro Giovanardi

Come si ricorderà, il 15 maggio scorso Manlio Maggioli ha donato a se stesso i dipinti di cui parla Giovanardi, col ben noto intervento di Vittorio Sgarbi, di Massimo Pulini e dello stesso Maggioli. E’ stata anche una “vetrinetta” non male per la ricandidata sindaco Pd (poi confermata), invitata per l’occasione a prendere la parola in mezzo alle Maddalene penitenti ad una decina di giorni dalle elezioni. Ma al MUSAS, punge l’esperto d’arte Giovanardi, Guido non è di casa. E probabilmente la sindaca lo sa bene, così come sa altrettanto bene che l’arrivo di Amazon in quel di Santarcangelo non è stata proprio una scelta di sinistra a favore del mondo del lavoro e delle piccole attività commerciali locali. E invece lì sì (al Museo Storico Archeologico della città di Santarcangelo) che Cagnacci avrebbe potuto alloggiare con tutti i confort, per la gioia di un pubblico vasto e per una fruibilità non solo in orario di pranzo e cena, come avviene invece nella location fra sughi, tagliatelle, salumi, piada e Sangiovese. Questo sì che sarebbe stato un gesto d’amore disinteressato, ripunge Giovanardi.

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