Carla Franchini (M5S): “Se Cagnoni è stato così bravo, lasciatelo lavorare”

Carla Franchini (M5S): “Se Cagnoni è stato così bravo, lasciatelo lavorare”

Con l'arma dell'ironia e con quella della competenza, che le deriva, quest'ultima, dall'essere esperta in pubblica amministrazione, finanze e diritto

Con l’arma dell’ironia e con quella della competenza, che le deriva, quest’ultima, dall’essere esperta in pubblica amministrazione, finanze e diritto tributario, con numerose collaborazioni con ministeri ed enti locali, Carla Franchini, consigliere comunale dei grillini, nel pomeriggio di oggi ha dato vita ad una toreada con infilzata finale che è stato piacevole ed istruttivo ascoltare.
A tema in consiglio comunale c’erano le delibere sull’avvio del percorso di privatizzazione del sistema fieristico e congressuale, già passate anche al voto della Provincia, e la consigliera del movimento 5 stelle ha affrontato il compito con creatività.
Poco prima l’assessore Brasini si era dilungato nella illustrazione dell’argomento, lanciandosi in una difesa ad oltranza dei risultati conseguiti da Lorenzo Cagnoni e affrescando un quadro di contesto che ha calcato ulteriormente la mano sul motivetto “quanto siamo stati bravi a Rimini”.
Ha detto che quasi tutti i sistemi fieristici e congressuali sono attualmente in mano pubblica, tranne Padova e Torino, che hanno maggioranze private, ma nonostante questo si trovano in “una situazione di crisi molto maggiore della nostra”. Ha poi aggiunto che “Trieste, Palermo, Pesaro e Messina hanno già chiuso i battenti, e la Fiera di Bari è molto vicina ad una privatizzazione di tipo coatto a causa della insostenibilità del debito”. Un disastro, insomma. Rimini Fiera, invece, è riuscita a ripagarsi quasi interamente l’investimento fatto (pari a 280 milioni di euro), pur avendo beneficiato solo di 40 milioni di euro di denaro pubblico. A differenza di Milano e Roma, ad esempio. Non solo. Rimini Fiera ha portato sul territorio una ricaduta in termini economici importantissima ed ha riverberato i propri benefici su tutta la filiera della ricettività alberghiera, che oggi è totalmente diversa (migliorata) rispetto a dieci anni fa.
Con queste premesse, però, l’assessore Brasini chiede che si privatizzi questo polo così ben funzionante, guidato da un presidente funzionantissimo. E chiede anche che d’ora in poi si attuino scrupolosamente maggiori controlli sulle tre società delle quali vengono modificati gli statuti per andare, appunto, verso la privatizzazione: Società del Palazzo dei Congressi, Rimini Congressi e Rimini Fiera. Una sorta di guinzaglio per assicurarsi che non scantonino. I controlli consistono nell’obbligo, da parte delle tre partecipate, di inviare ai soci il bilancio previsionale, di produrre una relazione semestrale sull’attuazione delle previsioni, e un controllo consuntivo con l’approvazione del bilancio.
E qui è arrivata la stoccata di Carla Franchini, che ha infilato diverse banderillas. Prima di tutto, una al primo cittadino: “Su decisioni di questa importanza è inaccettabile che non ci sia la presenza del sindaco in aula. Perché non stiamo parlando di pochi spiccioli ma di mutui che vanno oltre i 100 milioni di euro”. Sindaco che poi, verso il finale della discussione, si è materializzato ed ha anche preso la parola.
Poi Franchini ha brevemente ripercorso la storia del Palas (vera pecora nera del famoso polo fieristico-congressuale) dal 2005 ad oggi, e quindi la seconda banderillas conficcata: “Il comune non deve vendere piadine, vale a dire non deve fare impresa, non deve fare business, mentre se andiamo ad aprire il consolidato di Rimini Fiera spa, troviamo anche società che sostanzialmente vendono piadina. Rimini Fiera fa impresa con denaro pubblico e a mio parere agendo in regime di violazione della concorrenza, anche perché rischia con denaro nostro”.
La terza banderillas ha fatto traballare il toro. Cagnoni ha sempre deciso in autonomia, senza troppo curarsi di sindaci e consigli comunali, ma ha portato dei risultati… ed ora i soci pubblici decidono di andare a chiedere ad un advisor (che deve piacere a Unicredit) se si può privatizzare?” Carla Franchini l’ha definita “anomalia”. “Come mai Brasini sostiene che la Fiera ha lavorato bene e poi opta per la privatizzazione?” (parentesi: Brasini ha molto annacquato il vino della privatizzazione; ha detto che non è la soluzione di tutti i mali ed ha detto pure che non è una necessità dogmatica ma serve “per andare a vedere quanto può valere oggi il nostro sistema fieristico”. Che i morsi di Cagnoni siano serviti a qualcosa?). Come mai il sindaco Gnassi, che ha riconfermato Cagnoni, adesso non è più d’accordo con lui?, ha proseguito la consigliera grillina. “Come mai, visto che Cagnoni è un’autorità e visto che ha pagato quasi interamente i 280 milioni di euro che sono stati spesi per costruire la Fiera, vi preccupate tanto? Perché, se Cagnoni ritiene che non sia il caso di privatizzare adesso, se chiede al socio pubblico di andare avanti fino al 2015, il Comune di Rimini ha invece paura e vuole privatizzare?”.
Semplice, si è risposta: “Il socio pubblico ha paura perché il suo patrimonio è oggetto di pegno, perché il controllo del 52% delle azioni sulla Fiera è sotto pegno di Unicredit. Ma, caro socio – ha detto poi rivolgendosi a sindaco e assessore Brasini – forse tu sai cose che noi non sappiamo? Perché ti agiti tanto?” Ed ha concluso: “Lo avete seguito fino adesso, e adesso lo state a sentire, lasciatelo fare!”
Su quali basi? Su quelle contenute nel business plan 2014-16. Ed ha letto: “… le informazioni impiegate in questo documento sono state analizzate e discusse con il management della società (Rimini Fiera, ndr) ma non hanno costituito oggetto di autonoma verifica da parte dello studio (che ha elaborato il business plan ultimo così come i precedenti, ndr),… studio che non assume alcuna responsabilità o fornisce alcuna garanzia espressa o implicita sulla accuratezza, veridicità e completezza delle informazioni ricevute e utilizzate”. Prosit! Le banderillas sono finite. Anzi, ne ha piantate anche altre due.
“Ma voi li conoscete i costi del personale della Fiera e di Convention Bureau?”, ha domandato ai consiglieri della maggioranza, un po’ increduli. “In Convention Bureau abbiamo un soggetto che percepisce 670 mila euro annui, la media degli stipendi è di 55 mila euro, mentre in Rimini Fiera è di 52 mila. Volete chiedere al segretario generale quanto guadagna un dipendente del Comune?”.
Ultima banderillas. “Delle due l’una, ha terminato annunciando il voto contrario del M5S: o il socio pubblico ascolta il presidente Cagnoni, che comunque fino ad oggi i risultati li ha garantiti, ed ha patrimonializzato il sistema fieristico, oppure ne chiede le dimissioni e procede con la privatizzazione. Scegliete”.

Come si è espresso il consiglio comunale

La delibera sulle “modifiche degli statuti di Rimini congressi s.r.l., Rimini fiera spa, e Società del Palazzo dei congressi spa” è stata approvata col voto favorevole della maggioranza, quello contrario del M5S e Sel e l’astensione del Pdl, Noi per la Romagna e i consiglieri del gruppo misto Renzi e Giudici; la delibera relativa all’ “avvio del percorso di privatizzazione del settore fieristico-congressuale riminese” è stata votata per appello nominale: 18 i voti favorevoli, 7 quelli contrari (M5S, Sel Gruppo misto), 3 astensioni (Pdl).

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